Le zone di produzione – i migliori Terroir della quercus suber.
Gli enologi conoscono i grandi terroir del vino. Zone vocate da secoli per la viticoltura. Ove si producono i migliori vini del mondo.
Langhe, Franciacorta, Collio Goriziano, Colline Senesi, ma anche Haut Medoc, Chote de Nuit, Steelembosch, per citarne alcuni.
E per la quercia da sughero vale lo stesso discorso?
In parte si.
Ma quali sono le condizioni pedoclimatiche per una buona coltivazione delle sugherete?
Perché una zona diventi importante per il reperimento della materia prima?
Ecco le condizioni climatiche ideali: piovosità media 600-800 mm, temperatura media annua fra 10 e 15 °C., altitudine 500-700 mt /slm.
Suoli: anche poveri, a base di graniti, porfidi, scisti di diverso tipo e basalti. Anche sabbiosi.
Il terreno non deve trattenere acqua come nel caso dei terreni argillosi che non sono adatti alla quercia.
Sentiamo la testimonianza di Fabio Mureddu, titolare del Sughericio Mureddu con sede a Nervino (Mi)
Personalmente, per esperienza con acquisti nei vari territori della penisola Iberica, osservo che sugherete migliori sotto il profilo organolettico e per caratteristiche di neutralità, sono ubicate nella zona centro sud e sud della Spagna. Più propriamente nella Selva tra Siviglia e Cordoba e al sud nella circoscrizione di Huelva.
Buoni sugheri esistono anche in alcune zone del Portogallo ma noi acquistiamo direttamente sulle piante mentre in Portogallo si acquista sughero già decorticato in cataste perdendo controllo e impatto diretto col materiale che può essere soggetto a miscele di provenienze diverse.
-Condizioni pedoclimatiche sono quelle classiche dei terreni magri e talvolta, nelle plaghe a 10/20 km dal mare, anche sabbiosi.
-Le condizioni del terreno sono molto importanti per la sanità del sughero. Un territorio spoglio e ben manutentato dai proprietari sarà esente da attacchi di parassiti che si sviluppano con erbe alte a ridosso dei tronchi mantenendo un ambiente con tassi di umidità elevata. Si tenga presente che il sughero viene decorticato dopo 9-11 anni.
La pulizia delle foreste, più di qualsiasi altro fattore, incide sulla qualità organolettica del sughero. Le condizioni climatiche possono incidere sull’accrescimento(es. più piogge, più spessore) e sul comportamento elastico (es. siccità) e maggior presenza di anno di accrescimento cosidetto “ secco”.
Nulla cambia per la qualità dell’albero e quindi del sughero perché è genetica. Una buona quercia darà sempre un sughero di alta qualità fisica.
-Negli ultimi trenta anni si sono messe a dimora in Sardegna, in Spagna e Portogallo nuovi alberi per circa un quinto dell’attuale produzione.
Tra circa dieci anni la produzione potrà aumentare del 15/20% perché dalle querce si
estrarrà il cosiddetto sughero gentile che viene utilizzato per tappi e rondelle per spumanti.
Anni fa, in un’intervista, Carlo Alberto Relvas, compianto titolare della Relvas Sugheri, indicò la zona dell’Algarve-Sud-Portogallo come miglior produttrice di sughero.
E’ anche tra le più care.
Un’altra regione tenuta in gran considerazione è quella di Allentejo, sempre in Portogallo. Mentre la montagna di Caldeiran in Algarve è considerato da molti enologi portoghesi tra i migliori crus. Grazie alla natura del terreno ricco di scito.
Sono circa 50.000 ettari ad un’altezza compresa tra 400 e 800 metri.
Anche nel nord della Sardegna, nella regione della Gallura, come ho potuto constatare personalmente per oltre trent’anni a Fontanafredda, si produce ottimo sughero.
Peccato che la quantità disponibile sia veramente bassa, intorno al 5% del fabbisogno mondiale.
Tracciabilità della filiera
Come può una cantina essere garantita sull’origine dei tappi appena arrivati?
Foreste della Sardegna, del Portogallo o del Nord Africa?
Purtroppo non esistono le doc-docg sul sughero, forse non ci saranno mai.
Vediamo allora che regole seguire e quale documentazione può essere richiesta al fornitore.
Occorre in sostanza poter risalire alla tracciabilità ascendente e discendente riguardo alla partita consegnata.
Per tanti motivi: per capire eventuali difettosità, per potere valutare eventuali azioni legali, verso il sugherificio. Anche solo per cambiare in meglio il fornitore.
Prima regola: è meglio rivolgersi ad un fornitore che conosca, gestisca e controlli tutta la filiera del sughero.
Preciso che i grandi gruppi che producono tappi non sono proprietari diretti di foreste, salvo la multinazionale Amorim nel sud del Portogallo.
Ma altri grandi gruppi acquistano direttamente in foresta e, quindi, controllano la materia all’origine. In seguito gestiscono direttamente tutta la filiera sino alla spedizione in cantina.
Diverso il caso di sugherifici che “Acquistano timbrano e mandano via”, ovvero acquistano tappi semilavorati nelle zone di origine.
Si limitano ad effettuare le ultime fasi del processo di produzione (scelta, trattamenti di superficie, imballaggio e spedizione).
In caso di contenzioso è difficile risalire alla filiera, spesso formata da 3 o più soggetti. Quindi risalire alle cause della difettosità può essere molto complesso.
Perlomeno resta sempre un margine di incertezza.
Preciso che – diversamente dal passato – i sugherifici sono ormai sensibili al problema.
Molti, infatti, aderisco al Forest Steward Council (o brevemente F.S.C).
Si tratta di una O.G.N. internazionale senza scopo di lucro che ha come missione la “catena di custodia” delle foreste in tutto il mondo. Infatti, nel suo statuto fa riferimento alla loro sostenibilità ambientale e al loro sfruttamento. Ovviamente la tracciabilità è certa.
Il tutto riferito ai vari prodotti: sughero, legno, cellulosa e altro.
I contaminanti del sughero
Molte sostanze possono essere causa di contaminazione per il sughero.
Di diversa natura origine (biologica e chimica).
Si va dall’inquinamento ambientale in foresta o durante lo stoccaggio delle plance.
Ma attenzione va posta anche ai prodotti sempre più sofisticati usati nel processo di lavorazione.
Per terminare con possibili inquinanti usati nei trattamenti di superficie finale.
Non dimenticando eventuali inquinamenti in fase di stoccaggio.
Iniziamo dalla foresta.
Il sottobosco è importantissimo.
Ottimi quelli di segale o di leguminose.
Se non si cura bene il sottobosco si rischiamo varie contaminazioni a causa dell’eccesso di vegetazione e della conseguente alta umidità.
A parte l’Armillaria Mellea, si possono avere inquinamenti biologici di varia natura: insetti, vermi, altri invertebrati e ovviamente muffe e batteri.
Contaminazioni possono derivare dall’ambiente stesso della foresta: piogge acide, trattamenti antiparassitari-che andrebbero comunque evitati-aria inquinata prodotta da eventuali scarichi di complessi industriali nelle vicinanze della foresta.
Anche il pascolo degli animali può dare qualche problema. Sono accettate in genere 10 mucche per ettaro. Invece con i maiali non c’è pericolo.
La conservazione della decortica prima del lavaggio è importante.
Contatto con il terreno, eccessi di umidità, condizioni climatiche avverse possono generare contaminazioni microbiche alla plancia grezza.
Ma in questi ultimi anni il processo di conservazione è migliorato sensibilmente.
Lo stesso dicasi per l‘importante operazione di lavaggio delle plance di sughero grezzo.
Ormai si usa acqua corrente o in continuo ricambio-con rischi veramente ridotti di contaminazione microbica.
Durante il vero e proprio processo di produzione dei tappi altre contaminazioni sono possibili. Infatti, la materia prima viene a contatto con molti additivi di natura diversa. Nei tappi che acquistiamo se ne possono riscontrare molti: lubrificanti, collanti, inchiostri, sanificanti, pellicolanti e altro.
In particolare, per i tappi tecnici, l’uso del poliuretano in quanto collante è da anni sotto osservazione causa utilizzo di additivi che potrebbero essere dannosi.
Scrivevo molti anni fa su Vigne e Vini: Il poliuretano è sempre più usato, sia per incollare il truciolato, sia per attaccare le rondelle. Anche la prima rondella, quella che andrà a contatto con il vino.
Infatti, non tutte le aziende usano caseinato in qualità di collante.
Il poliuretano può essere usato a caldo e a freddo.
E’ammesso legalmente anche a contatto con il vino, ma alcune aziende francesi nei capitolati per i tappi agglomerati impongono caseinato per la prima rondella .
Nel processo di lavorazione del poliuretano si possono formare T.D.I. oppure T.D.A., composti della famiglia dei toluene.
Da alcuni autori sono considerati sospetti cancerogeni e il Giappone presta una certa attenzione.
Sono inoltre pericolosi alcuni additivi utilizzati nella lavorazione del poliuretano: ftalati, solventi e benzene.
Ma anche il caseinato o altre colle utilizzate nei sugherifici possono creare contaminazioni con cessioni di gusti al vino.
In Piemonte, per alcuni anni, ci sono stati piccoli problemi con un tappo agglomerato per spumanti.
Si percepivano limitate cessioni da parte del sughero di sapori riconducibili alla colla. Ora il problema pare superato.
Ma le contaminazioni più rilevanti derivano dai trattamenti finali sul sughero, detti “di superficie”.
Perossidi, acido citrico, alcol etilico, acido peracetico possono essere usati per il lavaggio finale dei sugheri a scopo sanitizzante. Con pro e contro: l’acido citrico può dare problemi se utilizzato alla presenza di certi microorganismi, ma può essere richiesto espressamente in alternativa al lavaggio con perossidi. L’acido peracetico – oggi pochissimo usato – può lasciare nei tappi residui molto pericolosi, causa di gravi danni al vino, come ossidazioni incipienti.
Il perossido di idrogeno, se non eliminato, ossida, anche a dosi minimali, il vino in bottiglia.
Il controllo finale dei residui di sostanze ossidanti, di fatto, è indispensabile.
Gli oli siliconici usati come lubrificanti del sughero sono praticamente neutri, ma spesso si usano additivi per migliorarli (es. solventi). Occorre richiedere al sugherificio le schede tecniche di sicurezza, in quanto i lubrificanti sono sostanze che vanno a contatto diretto con il vino, quindi con un alimento.
Per i trattamenti di superficie dei tappi naturali, spesso si usano anche i cosiddetti pellicolanti.
Chiamati anche rivestenti, oppure eguaglianti.
Sono formati da “polimeri di caucciù sintetici” e “pigmenti compatibili per il contatto alimentare”.
In genere stirene o acrilati.
Sono causa di molti contenziosi giuridici anche recenti.
Per quale motivo? Possono nel tempo creare difficoltà di estrazione del tappo dal collo bottiglia.
Chi scrive ha trovato valori in forza di estrazione di oltre 100 kg. (vedi finestra)
Un’assurdità! Le cause? Una possibile interazione, tra lubrificanti a base siliconica non reticolati e pellicolanti in soluzione acquosa, sviluppa nel tempo proprietà adesive.
Il nuovo manuale tecnico per il corretto utilizzo dei tappi.
Il nuovo “Manuale Tecnico per il Corretto Utilizzo dei Tappi” è stato edito recentemente dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza-facoltà di enologia ed agraria, che nel 1996 e nel 2011 aveva già dato alle stampe il “Disciplinare sul Sughero”.
Rappresenta un’interessante opportunità per tutte le cantine, se non altro per la completezza dei temi trattati e per l’autorevolezza degli autori. Realizzato con il contributo dei migliori sugherifici italiani, ha potuto contare su un comitato tecnico scientifico di alto profilo, coordinato dalla professoressa Valeria Mazzoleni.
Tratta del sughero a 360 gradi, non limitandosi agli aspetti correlati alla sua qualità, bensì considerando tutte le problematiche che investono la cantina, in merito ad un razionale utilizzo dei tappi.
Numerose le problematiche affrontate: ricevimento, immagazzinamento e conservazione del sughero.
Si esamina anche il processo di tappatura con il connubio poliedrico e spesso difficile tra collo bottiglia, macchine operatrici e tappo.
Ma il manuale tratta anche del dopotappatura: come è immagazzinata la bottiglia in cantina? Quali i migliori sistemi di trasporto, di immagazzinamento e scaffalatura nei punti vendita?
Dalla lettura emergono problematiche magari non nuove, ma che spesso non sono tenute in dovuto conto dalla cantina. Esempio: le verifiche preliminari sul tappatore, oppure i controlli sul suo funzionamento. Di forte interesse alcune difettosità correlate a nuove ricerche sperimentali. Il manuale riporta molte concause e spesso la materia prima c’entra poco.
In molti casi occorre valutare bene i locali della cantina e i metodi di immagazzinamento.
Il testo termina con molti riferimenti bibliografici. Il manuale è scaricabile da Internet sul sito dell’Unione Italiana Vini.
Il tappo in vetro
Si chiama ”Vino Lok “ ed è prodotto in Germania dal gruppo Alcoa, leader mondiale nelle chiusure per beverage.
Utilizza il materiale migliore per contatto con il vino. Il vetro.
Si toglie con una semplice pressione o avvitamento, è igienico al massimo, nessuna cessione o levatappi.
Utilizza una piccola guarnizione di plastica (polivinilcloruro) e una fascetta in alluminio.
Costa come un normale tappo in sughero di prima scelta.
In vero all’inizio del fine sec. scorso c‘era qualche problema.
I tappatori andavano modificati nella testata. Le bottiglie dovevano avere un’imboccatura perfettamente cilindrica, (max tolleranza + – 0,3 mm) e con bocca più larga =18,2 mm.
Non era facile trovarle.
Ma passando dalla fase sperimentale ad utilizzi industriali veri e propri i problemi si sono superati. Oggi anche la bottiglia Albeisa (provincia di Cuneo) viene fornita con la bocca adatta alla chiusura in vetro.
Il problema piu’importante riguardo a questa chiusura resta “ il ridotto” in quanto non passa assolutamente ossigeno.
Se il vino per vari motivi tende a questa difettosità, l’utilizzo del tappo in vetro può rappresentare un problema.
Recentemente presso le cantine Giacomo Brezza di Barolo si è conclusa un’importante sperimentazione con questo tappo.
Da anni questo noto produttore utilizza il vetro come chiusura.
Molto interessante il confronto tra bottiglie di Langhe Freisa, Dolcetto Alba e Barolo tappate, sia con sughero e con vetro, e conservate in posizione verticale ed orizzontale per 12 mesi. Preciso che tutti i parametri di cantina erano identici, cambiava solo la natura del tappo utilizzato.
Un assaggio professionale con duo trio test, alla presenza degli enologi Brezza e Ballario, oltre a chi scrive, ha evidenziato una miglior qualità su piano sensoriale dei vini tappati con chiusura in vetro. In particolare in fatto di profumi e di stato evolutivo.
Ha sorpreso positivamente l’assenza totale di “ridotto”.
Ovviamente si tratta di una serie di prove su una sola cantina.
Andranno ripetute e occorreranno altre conferme.
Ma i risultati, parziali fin che si vuole, sono molto interessanti.
Finestra
Il tappo proprio non vuole venir via
I possibili rimedi
Il sommelier incavolatissimo, il ristoratore lancia improperi.
“Mai più” è quello meno pesante.
Ormai la frittata è fatta e la cantina rischia grosso.
La causa: il tappo che proprio non viene via.
Meglio è venuto via dopo aver piegato due levatappi o ferito il sommellier, dopo che qualcuno ha pensato: “Avessi ameno la sciabola del generale ussaro!”.
E’ un fenomeno non è frequente per fortuna, ma stando ai contenziosi giuridici e alle cause portate in tribunale, non è poi rarissimo.
Chi scrive ne conosce direttamente tre e per sentito dire almeno trenta. In tutto il mondo.
La forza di estrazione necessaria misurata con un dinamometro era oltre 60 kg, con punte superiori ai 100 kg.
Sulle cause ho gia scritto molto e rimando il lettore a Vigne Vini N 5 / 2010.
Occorre prevenire la difettosità.
Non è difficile. Rimando alla rivista citata.
Se invece la difettosità è presente nel prodotto in commercio o in vendita?
Occorre rimediare, indicando una possibile soluzione alla cantina danneggiata.
Descrivo ora due possibili rimedi.
Si tratta di procedure già sperimentate.
Ho sentito l’esperienza di alcuni colleghi:
1 – Battere il tappo.
Si fanno passare le bottiglie tappate sulla linea di imbottigliamento. Il punzone del tappatore regolato adeguatamente batte contro il tappo.
L’urto crea il distacco del tappo dalla parete del vetro.
In realtà si stacca la pellicola di collante acrilico formatosi tra vetro e sughero.
A questo punto la forza di estrazione ritorna normale e il tappo viene via facilmente.
E’un sistema di facile uso.
I punti deboli possono essere:
Difficoltà di regolazione del punzone. Ovviamente il tappo deve solo staccarsi. Non scendere giù nel collo della bottiglia.
Difficoltà nella verifica dei risultati. Si può procedere valutando la forza di estrazione di tappi su bottiglie prese a campione dopo aver subito il trattamento.
Un enologo francese, in un contenzioso, ha accennato al fatto che il tappo scollato dal vetro non possiede piu’ il ritorno elastico originale. Con rischi di passaggio di ossigeno.
E’ chiaro che la procedura sopradescrittà, prima si effettua meglio è.
Sui rischi di passaggio di ossigeno mi limito a segnalare che occorre anche valutare il vino dentro la bottiglia.
E’ ben protetto? E’ giovane o vecchio? Quante catechine e acetaldeidi sono presenti?
–
Sostituire il tappo
Proposto recentemente in un grande contenzioso in Spagna.
Occorre con tutte le precauzioni del caso togliere il tappo e sostituirlo con uno nuovo.
Per toglierlo è bene batterlo. Vedi sopra
Quindi con stappatori automatici si toglie, subito si inserisce quello nuovo.
Obiezioni e precauzioni.
Qualche tecnico dice che il vino si danneggerebbe comunque.
Altri rispondono che è pratica usuale con le grandi annate del Brunello e del Chianti.
Chi scrive molti anni fa ha cambiato tappi a vecchie bottiglie di Barolo. Risultati buoni.
Occorre proteggere il vino adeguatamente.
Gas inerti nella camicia d’aria, aggiunta eventuale di antiossidanti con piccole dosatrici a rotazione, ovviamente tappatori con prevacuazione.
Nel contenzioso citato si pensò di sistemare la linea di lavorazione in un apposito ambiente chiuso, sterile e soprattutto privo di ossigeno. Tutte le operazioni erano automatizzate e comandate da personale posto all’esterno.
Idea di non facile realizzazione e comunque costosa. Ma il contenzioso era molto alto.
Anche in questo caso è importante conoscere il vino che si sta trattando. Sopporta un minimo apporto di ossigeno?
Nel caso che la bottiglia non è ancora confezionata, si può anche valutare, dopo avere inserito il tappo nuovo, un eventuale declassamento del vino. Sui danni economici si deve trovare accordo con il sugherificio.
Ma per vini doc-docg il declassamento è pratica possibile, ma complessa.