La prima operazione in una cantina.
Sottovalutata, in molte occasioni, nel passato.
Eppure riguarda la materia prima, pertanto condiziona notevolmente la qualità del mosto e del futuro vino.
Oggi, esistono impianti moderni che effettuano razionali operazioni di diraspatura -pigiatura.
Vengono anche chiamati sgranellatrici.
Le vecchie, gloriose pigiatrici “ Garolla” con la struttura in legno e il gigantesco buratto in ferro smaltato, con la pompa a pistone Suva rumorosissima, sembrano pezzi di archeologia.
enoica.
Quali caratteristiche dovrebbe avere un impianto per una razionale pigiatura?
Soprattutto per uve difficili ovvero con l’acino molto attaccato al raspo, pertanto difficile da staccare, oppure con la buccia non molto spessa e fragile..
In Piemonte il nebbiolo rappresenta un caso da manuale, da almeno un secolo è considerata un’uva difficile, parte degli acini resta attaccata ai raspi.
Inoltre è prioritario il rispetto dell’uva, gli acini vanno schiacciati, la buccia e soprattutto i vinaccioli debbono restare possibilmente integri .
I raspi debbono uscire asciutti, ma soprattutto interi, è fondamentale che non finiscano a pezzettini nel mosto.
Queste priorità vanno garantite per tutte le prestazioni, anche per alte produzioni, ovvero 300-400 quintali ora.
Vediamo nello specifico:
1- Cilindro: oggi si tende ad allungarlo –anche 2 mt – e uniformare i fori con diametri più piccoli circa 2,5 cm mentre nel passato erano differenziati –più larghi 4 cm all’inizio e 1,5 cm alla fine.
Sono da evitare assolutamente cadute di raspi nel mosto.
Con cilindro lungo scende la buccia e si allontanano i raspi anche a bassa velocità, in tal modo si rispetta l’uva e non si rompono i raspi.
2-battitore: deve staccare bene le bucce, di norma, con apposita manovella,si regola la velocità : 130 giri- minuto per le barbere e 200 giri per i nebbioli .
Le palette, ieri opportunatamente sagomate ad elica , tendono a essere leggermente a L per facilitare espulsione.Sono costruite in acciaio.
Le palette girano a circa 1,5 cm dal buratto.
Nelle vecchie pigiatrici il battitore girava a due velocità avendo in realtà due alberi distinti , oggi la velocità è unica .
Idealmente dovrebbe essere possibile effettuare il cambio del battitore in funzione del tipo di uva, ad esempio il dolcetto è di facile pigiatura .
Se si accede facilmente e si libera velocemente dalla struttura mediante estrazione , se c’è spazio di manovra all’esterno , in meno di un ‘ora si completano le operazioni .
Occorre ovviamente programmare l’arrivo delle uve o la gestione automezzi in scarico sul piazzale .
Ma è un discorso spesso solo teorico . Chi ha vissuto il momento caotico della vendemmia sa benissimo che è difficilissimo , inoltre lo stesso vitigno si pigia in modo diverso : uva sana , ammalata , grandinata ..ect .
3-I rulli che rompono gli acini sono di norma quattro , saranno in gomma per rispetto dell’ uva e per minor trauma se presenza corpi solidi , esempio pinze per uva .
diametro cm 20 -lunghezza cm 80
La distanza a battitura chiusa sarà non superiore a 1 cm e dovranno essere regolabili.
La velocità sarà sui 1000 giri minuto
4-Il pompaggio dell’uva ammostata dovrà essere effettuato con pompe adatte che rispettino le parti solide , ideali le Rhoto a peristalsi.
Con sonde e dispositivi per attacco automatico onde evitare inutili- spesso dannose -insufflazioni d’aria.
5-Allontanamento raspi: quasi del tutto eliminate le rumorosissime ventole , oltretutto costose in fatto energetico , oggi si ricorre in genere a trasportatori a nastro che li portano direttamente in cassoni raccolta oppure coclea con adattatore .
L’inclinazione non sarà superiore al 45 per cento .
6-Accessibilità : è opportuno che la pigiatrice sia interrata .
Lo spostamento dell’uva in alto è fonte di possibili lacerazioni e rotture raspi .
Ma il locale che ospita la pigiatrice deve essere ampio onde poter permettere ispezioni e riparazioni .
Inoltre un pozzetto a tenuta stagna raccoglierà mosto in caso di rotture o fermata energia .
7-sanitizzazione .è importantissima . giornalmente si provvederà a lavare con soda
per eliminare lieviti e microrganismi patogeni.
Verificare il risciacquo per possibile presenza residui anche a norma HACCP
Opportuni anche lavaggi con metabisolfito e acido citrico
8-accessori specole per controllo fluido, pressostati di sicurezza,valvole per scarico totale.
Attenzione al gruppo distribuzione-smistamento mosto nei tini
SARà ARTICOLATO CON DOPPIE TUBAZIONI e valvole pneumatiche a sfera di diametro adeguato .
Il tutto centralizzato nei comandi in un pannello .
LA VASCA SCARICO UVA..
La capacità sarà in funzione delle esigenze cantina ma spesso per una gestione razionale delle varie partite di uva e degli automezzi in arrivo spesso è meglio avere due vasche uva magari di dimensioni più ridotte .
Velocità albero coclea : garantirà il trasporto dell’uva anche con carichi elevati e rispetterà la materia prima . opportuno sia doppia
Albero rompiponte : accessorio fondamentale se l’albero coclea è unico per evitare fermate e interventi manuali , sull’uva in movimento ; l’avviamento sarà manuale a discrezione dell’ operatore.
Materiali . acciaio inox in tutte le componenti
Sicurezze : fotocellule in funzione appena si mette in moto l’albero coclea.
L’attivazione sarà automatica ,in fase di scarico automezzi saranno disattivare in automatico . Inoltre è opportuno dotare la vasca raccolta di valvole a comando idraulico che impediscano al mosto di andare alla pigiatrice inattiva.
Anche in caso di uva con molto mosto es. ammalate è opportuno che la valvola si apra solo parzialmente o a intermittenza , onde evitare spargimenti di mosto indesiderati
Altezza : sponda anteriore più bassa possibile compatibile con le sponde automezzi in ribaltamento.
La sponda posteriore sarà alta onde evitare fughe di mosto in fase di caduta, opportune barriere orizzontali .
LA PIGIATURA A PIEDI
Narra una leggenda dell’antica Grecia che il primo vino comparso sulla terra venne bevuto di nascosto da una schiava . In un’anfora era stata dimenticata dell’uva , con il tempo andò a male e fermentò , si formò praticamente del vino , che rese euforica la schiava per molti giorni .
Presto l’uva venne schiacciata , con le mani e poi con i piedi .
Nacque così millenni fa , la pigiatura manuale : un rito antichissimo , ripetuto sino a qualche anno fa a Barolo, nelle cantine “Pira “ ove si pigiavano i nebbioli con i piedi .
Racconta Bartolo Mascarello , noto produttore di Barolo
“Nelle nostre cantine negli anni quaranta riempivamo la tina con l’uva intera raccolta nei garosh
Sino a mezzo metro dalla cima , il classico avambraccio del cantiniere
Il primo giorno schiacciavi un po’ di uva “ mostre” dicevamo , in tal modo l’uva galleggiava nel mosto .
Iniziava la fermentazione dl mosto, ma solo dopo 4 – .5 giorno si pigiava l’uva intera.
A casa nostra si faceva così:
Venivano 3 uomini di Barolo , arrivavano alla sera e lavoravano gratis.
Solo un piatto di tajarin e un pintone di Barolo. Molto graditi .
I tre uomini salivano sull’uva , si muoveva un bastone che chiudeva un foro sul fondo inferiore della tina.
In tal modo usciva il mosto che finiva in un mastello e poi con una pompa a mano si trasferiva in una botte.
Si pigiava l’uva intera pestandola con i piedi.
Dopo un’ ora si divideva idealmente la tina in due , si prendeva l’uva da una parte e la si buttava in alto, dell’altra parte
Si pigiava stando in alto.
Terminata l’operazione si prendeva l’uva rimasta in cima e la si buttava al fondo, si pigiava stando in fondo.
Così per 2-3 volte
Ogni volta le bucce si schiacciavano bene per più colore .
Alla fine se si lavorava bene restavano nella tina le parti solide dell’uva ovviamente bagnate.
Due uomini salivano sulla tina. Si sedevano su un apposito attrezzo in legno.
Il terzo buttava su la vinaccia che finiva in un setaccio a maglie larghe, passavano bucce e vinaccioli , ma non i raspi che si mettevano in una cesta.
A questo punto il mosto spillato dal tino e messo provvisoriamente in botte tornava al tino.
Iniziava la fermentazione “tumultuosa”.
I vantaggi della pigiatura manuale ? POESIA, null’altro .
Si deve evidenziare il fatto che si rispettavano le parti solide del grappolo , ma la presenza dei raspi nel mosto, seppur integri, vanificava il tutto, era quindi un gravissimo limite.
Ma sulla diraspatura i pareri, ancora ad inizio secolo, erano molto controversi.
Un classico testo di enologia, l’Ottavi riporta posizione contrarie (Odart e Machal)
e favorevoli (Carpenè e Guyot).
Con i raspi si ha meno gradazione alcolica , minore colore , mentre lo spazio occupato è maggiore circa 5 % .
Per contro i lieviti si trovano avvantaggiati e la pressatura delle vinacce è più facile . Oggi in alcune cantine( Collio Goriziano , Borgogna , Piemonte ) l’uva pinot nero vinificata in rosso non si diraspa oppure si ricorre ad una parziale diraspatura al fine di donare più struttura e corpo al futuro vino.
In molte vendemmie a Fontanafredda abbiamo – proprio sul pinot nero- operato in tal senso con buoni risultati.
Aggiungiamo che con la pigiatura manuale, quindi parziale , con acini ancora interi, si ottenevano profumi più complessi e più fini.
Così vuole una consolidata tradizione orale della bassa Langa , cosi ribadiscono con fermezza anziani enologi.
LO SCARICO DELL’UVA E’ANCHE UN PROBLEMA DI SICUREZZA
Le complesse operazioni di scarico e movimento dell’uva presenta alcuni pericoli non sempre valutati con la giusta attenzione cantine.
Vediamo lo scenario , ben presente agli addetti : un piazzale intasato con numerosi automezzi in movimento , la proverbiale fretta dei contadini , masse metalliche e ingranaggi in movimento , gas di scarico e polveri rappresentano un problema oggettivo .
Alcune regole : è opportuno evitare banali incidenti di investimento e-o schiacciamento degli operatori regolamentando l’afflusso dei automezzi carichi d’uva , opportune regole scritte anche in merito alle precedenze e ai movimenti pre-scarico sono indispensabili .
Gli automezzi attendano al peso, inutile creare confusione accanto alla stazione di pigiatura.
Il posizionamento in retromarcia e lo sganciamento delle sponde del cassone porta uva va fatto con certi attenzioni, c’è il rischio di cadute nella coclea o dalla scala, oppure di essere colpiti da sponde dei cassoni in movimento .
Occorre prima scaricare e poi attaccare la coclea, in tal caso la caduta eventuale è ammorbidita dalla stesa uva.
Sono pericolosi interventi sulla coclea per sbloccare eventuali intasamenti di uva, mai sporgersi o altro.
Apposite fotocellule bloccheranno la coclea .
La coclea sarà sempre protetta da sbarre o catene ben dimensionate –
Ovviamente non si dovrà salire sulla coclea.
In grossi enopoli con molto affollamento e spazi semichiusi i gas di scarico possono essere pericolosi, appositi tubi collegati agli scappamenti convoglieranno i gas all’esterno.
Anche le polveri –dovuto all’uso di additivi per l’uva es. il metabisolfito di potassio –possono diventare irritanti per occhi e via respiratorie , evitare per quanto possibile spargimenti sull’uva.
Infine l’utilizzo delle sonde automatiche nelle stazioni rifrattometriche va fatto da personale preparato. E’ pericoloso per le mani pulire la sonda metallica .
Purtroppo incidenti gravi sono stati segnalati.