La qualità del vino, in senso generale, è un concetto del tutto astratto e dinamico. Ma un suo parametro invece e ben sicuro e radicato nel tempo. ”Il vino di qualità deve essere stabile e limpidissimo”. Per stabilità intendiamo quella sul piano fisico chimico e biologico”. Si tratta del problema numero uno per tutti gli enologi. Infatti, il vino alla nascita è torbido. Oggi in vero fa tendenza scrivere in etichetta “ non filtrato, non chiarificato “. Il consumatore accetta, talora aggiungo, un leggero deposito nei rossi. A mio avviso è sempre valida la famosa frase di Emile Peynaud, detta molti anni fa. “Un vino stabile non solo è limpido ma evolve meglio nel tempo”.
La chiarificazione dei vini è senz’altro una delle principali pratiche enologiche più note e conosciute da tempo.
Vecchi libri di enologia, già nel secoloXVIII, accennavano all’uso di bianco d’uova per migliorare il sapore del vino, pratica già conosciuta, pare, dai Romani.
Oggi detta pratica enologica assume valenze diverse.
In cantina si utilizza per due motivi fondamentali:
– Stabilizzare il vino sotto molti aspetti (proteine, colore, colloidi, metalli).
– Miglioramento sul piano organolettico.
I materiali
Vediamo ora i materiali usati per la chiarificazione dei vini.
Alcuni sono in uso da molti anni, per altri l’applicazione è recente.
La legislazione su questo settore specifico è in continua evoluzione e attenta alle esigenze e salute del consumatore.
La regolamentazione sull’uso dei chiarificanti fa capo al regolamento base ue 822/87.
E’ correlata al Codex (Codice Enologico Internazionale), approvato dai governi degli stati aderenti all’Oiv, regolamenta le varie pratiche enologiche e al Codex Alimentarius, strumento nato nel 1962 per opera di due organismi internazionali dell’Onu, la Fao e l’Oms.
Gelatina animale
Uno dei chiarificanti più usati da anni. Si presenta in commercio in fogli o lamine sottili con vari nomi commerciali (platino, oro, argento) secondo la purezza.
Per l’uso si fa rigonfiare in acqua fredda, successivamente si scioglie in acqua tiepida- max 40 gradi – e si aggiunge “a filo “ nel vino in rimontaggio e comunque dopo gli altri chiarificanti. Esiste anche gelatina liquida stabilizzata con anidride solforosa, in concentrazioni tra il 15-30%.
Il potere detannizzante della gelatina è in funzione del suo stato di idrolisi.
Dosaggi: da 5a 15 gr per hl.
Occorre che sia trasparente e priva di odori.
Si misura in bloom il suo potere gelificante, varia da 0 a 800. Ma, oggi, ci sono nuovi parametri di valutazione.
In particolare il grado di idrolisi: idrolizzata, mediamente idrolizzata, molto idrolizzata.
Una gelatina poco idrolizzata e possiede per una buona azione chiarificante.
Avrà un grado bloom elevato. Va bene su vini vecchi.
Viceversa una molto idrolizzata avrà buon potere detannizzante, grazie ad buona interazione con i tannini.
Sarà usata, pertanto, per vini giovani e con buona astringenza. Il suo valore bloom sarà vicino allo zero.
Albumina
Tra i migliori chiarificanti essendo dotata di un buon potere detannizzante. Adatta per vini DOC-DOCGdi alto profilo. Si presenta polverulenta e si reidratata in acqua, con aggiunta di un pizzico di carbonato di sodio prima dell’uso.
Dosaggi limitati ( 2-4 gr x hl ) e forte rispetto dei caratteri del vino sono i pregi principali.
Deve essere di eccellente qualità vista la materia prima da cui è ottenuta.
In alternativa si potrebbero usare bianchi di uova montati a neve con un pizzico di cloruro di sodio.
“Uno-due bianchi per hl”, cosi’ raccontavano vecchi cantinieri.
Bentonite
Il Chiarificante e stabilizzante dei vini bianchi e rossi, prende il nome della località ove fu scoperta – Fort Benton-Wyoming-USA. E’ un minerale montmorrillonitico a base di argilla ad elevata superficie sferica.
E’, dal 1940, una delle più importanti evoluzioni in enologia.
Elimina proteine e ossidasi e in minima parte fenoli e metalli, pertanto il vino è più protetto da casses ed ossidazioni.
Il prodotto in origine si presenta in stato polverulento, occorre valutare la sua purezza ( metalli in specie), essendo ottenuta da roccia sedimentaria di lave vulcaniche.
Ecco le bentoniti in commercio:
Sodiche: alto rigonfiamento e molto attive.
Calciche: neutralizzate: buon rigonfiamento e poco attive.
Attivate: rigonfiamento e azione chiarificante in funzione del tasso di attivazione.
La bentonite va sempre fatta rigonfiare in acqua in misura di uno a dieci e si usa dopo 12 ore.
L’indice di rigonfiamento è importante = oltre 50 per cento.
Dosaggi: da 50 a 100 gr per hl.
Il deposito feccioso si forma rapidamente e abbastanza compatto, si filtra discretamente.
Alcuni test (al tannino e bento- test) indicano il giusto dosaggio di bentonite nei vini, ma a mio avviso sono molto indicativi.
Da circa 6anni è disponibile un nuovo test chiamato Protocheck, che sfrutta i caratteri elettropositivi delle proteine. Vedi finestra
La bentonite si è sempre usata in sinergia con carbone deodorante (max 3-5 gr –hl), in quanto, soprattutto nel passato, aggiungo, dava al vino un leggero gusto terroso.
Preciso che da anni il deodorante è vietato.
La bentonite decolora leggermente, i vini sia bianchi che rossi ed elimina in minima parte residui pesticidi. È certamente valida contro i surcollaggi.
Da molti anni è disponibile una preparazione particolare di bentonite: la gelbentonite, ottenuta purificando la bentonite commerciale.
Le dosi sono inferiori: 10-20 gr per hl.
Caseinato di potassio
Da oltre cinquant’anni è un chiarificante usato con successo per stabilizzare i vini bianchi.
Elimina i polifenoli, in particolare le catechine per cui ha un forte potere deossidante e protettivo sul vino.
Si usa in combinazione con bentonite.
Dosaggi: da 30 a 60 gr x hl.
Occorre scioglierlo in acqua, lasciarlo riposare per alcune ore e disperderlo nel vino in modo ottimale, cosa non facile per la sua immediata reazione.
Alcuni tecnici usano bentonite e caseinato nella fermentazione dei mosti bianchi a scopo di prevenire ossidazioni.
Il deposito feccioso ottenuto con il caseinato, come in genere tutti i depositi ottenuti con chiarificanti, vanno separati dal vino dopo 4-5 giorni dal trattamento.
Sol silice
E’ utilizzato da circa trenta anni per le chiarificazioni dei mosti.
In genere è in soluzione acquosa trasparente, è rapido nell’azione e non da problemi di impiego.
In genere il suo deposito è ben compatto.
Essendo a carica elettrica negativa va sempre associato a gelatina in combinazione 1: 8 oppure 1: 10.
Da 50 a 100 gr per hl.
Va sciolto in acqua.
Albumina di sangue –Sangue in polvere
I chiarificanti più noti alle cronache negli anni giudiziarie negli sessanta.
Oggi non sono più usati in quanto vietati.
Pare fossero i chiarificanti migliori per il vino.
Ittiocolla o colle di pesce
Ottenute dalle vesciche natatorie dei pesci, una volta erano solo storioni. E’ detta gelatina di pesce.
Le migliori erano le colle russe tra cui la famosa Salianky, ancora ricordata con rispetto da anziani enologi. Dosaggi: pochi gr x hl.
Polivinilpolipirrolidone e Polivinilpirrolidone
A base di polveri viniliche polimerizzate, è utilizzato per stabilizzare i vini bianchi riguardo ai polifenoli.
Abbatte in particolare leucoantociani e catechine. Corregge quindi colore e, in minima parte astringenza.
E in parte eventuale gusto amaro.
Dosaggi: 5-15 gr –hl.
Si usa su mosti o vini puliti con poche sospensioni e microrganismi.
Gelatine di origine vegetale
Circa 10 anni fa iniziò la sperimentazione in enologia delle gelatine di origine animale.
Da oltre 5 anni sono in commercio e il loro utilizzo è legale.
L’ attenzione per le gelatine vegetali, fu legato inizialmente ai rischi- seppur ipotetici -i inquinamenti microbiologi derivanti da “mucca pazza”. Oggi comunque la gelatina animale non viene piu’ ottenuta da animali bovini.
Gli effetti sul vino ricordano le gelatine animali.
Con queste differenze: le gelatine vegetali precipitano una quantità minore di tannini rispetto a quelli animali, inoltre agiscono in maniera selettiva incidendo in misura maggiore sui tannini mediamente polimerizzati che pare hanno il massimo grado di astringenza, essendo reattivi con la saliva.
Per questo motivo i vini trattati sono piu’ morbidi.
Inoltre producono minori quantità di feccia. Sono abbinabili alle bentonite.
Spesso nei panel sono preferiti ai vini trattati con gelatine animali.
Dosaggi Dosi: 5 – 30 g/Hl
Tra le proteine vegetali si possono trovare in commercio quelle ottenute da semi di pisello da utilizzati in dose 20 gr x hl e quelle ottenute da glutine di frumento – dosaggio 10 gr x hl. (2)
Precisiamo che il glutine è nella lista delle sostanze allergeniche (vedi finestra)
Controllo di qualità e modalità d’uso riguardo ai chiarificanti
L’enologo dovrà seguire alcune avvertenze riguardo al processo di chiarifica.
Occorre razionalità nelle varie fasi del processo per garantire risultati ottimali sui vini trattati.
Per prima cosa occorre che i prodotti ausiliari utilizzarti per chiarificazione siano controllati.
In genere ciò rientra nelle cantine certificate nelle varie procedure del controllo qualità
Si tratta di prodotti che, non dimentichiamo, vanno a contatto con il vino.
Se non esiste, in cantina, laboratorio merceologi specifico i controlli si limiteranno -di norma- all’integrità dei contenitori e ad una semplice analisi visiva – olfattiva del prodotto che non dovrà presentare colori o odori estranei.
Esistono Codex Oenologique e Codex Alimentarius ma prevedono controlli complessi gestibili solo da un laboratorio specializzato.
Per fortuna per i coadiuvanti e additivi – e in generale per i prodotti chimici – un testo molto utile – ben conosciuto nelle cantine sin dagli ani ‘60- è il classico Paronetto cui rimando i colleghi per gli approfondimenti. (1)
Accenniamo solo ad alcuni controlli di cui abbiamo diretta esperienza.
Per le Gelatine animali è opportuno chiedere che non provengano da allevamenti bovini per l’ipotetico rischio mucca pazza.
Aggiungiamo per completezza che alcuni importatori chiedono che tutti i prodotti di origine animale e vegetale utilizzati in cantina, non provengano da organismi non geneticamente modificati.
Per bentonite: controllare eventualmente presenza eccessiva di minerali( Fe-Cu-Zn).
Per caseinato e albumine d’uova occorre attenzione alla assoluta purezza del materiale.
Spesso odori o colori deviati sono indice di processo produttivo non ortodosso
L’inquinamento al vino di microrganismi diventa un pericolo reale.
I prodotti andranno conservati in apposito magazzino, ben separati tra loro e con l’etichetta ben in evidenza.
Vanno sempre tenuti bel chiusi.
Importante ala data di scadenza in particolare per caseinati e albumine.
Evitare quindi scorte eccessive.
Temperatura e umidità del locale sono parametri importanti.
L’accesso al locale sarà regolamentato.
La prima fase del processo di chiarifica riguarda la diluizione-preparazione del prodotto.
sono state descritte.
L’immissione nel vino sarà effettuata con appositi dosatori o in mancanza facendo scendere un filo di soluzione di chiarificante diluito a filo con il vino in rimontaggio.
Un razionale mescolamento è importante e in certi casi trascurato dai cantinieri.
Se si formano blocchi di floculi si vanificano l’azione del chiarificante stesso.
Il rimontaggio arieggia un po’il vino facilitando il passaggio ferro ferroso a ferro ferrico con vantaggi per la flocculazione.
Ph elevato del vino, bassa temperatura, presenza di metalli favoriscono la flocculazione.
Ma occorre subito precisare che se la successiva sedimentazione è ostacolata dal freddo.
L’anidride solforosa è negativa per presenza di ferro ferroso.
La composizione del vino comunque incide in modo sostanziale sulla floculazione e successiva sedimentazione. La presenza di sostanza colloidali è ovviamente negativa.
La quantità di fondi di chiarifica o fecce – è variabile in funzione della forma e capacità del recipiente.
Anziani enologi ricordano le vasche in cemento molto basse e lunghe per la chiarifica – pulizia del mosti
La quantità dipende anche dalla composizione vino, colloidi in primis e dalla temperatura
Ne abbiamo già parlato.
Il fondi di chiarifica è bene siano compatti il piu’ possibile e vanno separati non oltre otto giorni dall’inizio del trattamento.
In specie se si sono utilizzati gelatine animali, albumine e caseinati.
Dopo di una chiarifica è opportuno valutare il risultato mediante ricorso all’NTU per valutare il livello di limpidezza, seguirà l’analisi dell’indice Folin per verificare i risultati della detannizzazione; meglio effettuare il frazionamento polifenoli valutando gli indici di astringenza e se magari verificare il valore finale dei singoli metalli, in particolare ferro e rame.
Ma da esperienze ripetute sul Barolo, vino ottenuto dal vitigno nebbiolo, noto per la sua carica fenolica, preciso che abbattere proantocianidine – leggi tannini e antociani con la chiarifica è molto difficile.
I polifenoli calano di alcune centinaia di mr x lt, ma l’astringenza è ben altra cosa.
Aumentare il dosaggio è quasi inutile e spesso duo – trio test con diversi dosaggi di chiarificanti lasciano perplessi.
I migliori risultati comunque li ho ottenuti con l’albunina d’uovo, in dosaggi massimi di 4 grammi per hl.
Anche gli antociani calano poco con la chiarifica, con l’eccezione della bentonite. Sui rossi però la sconsiglio decisamente, salvo casi particolari.
Note
1 Lamberto e Lanfranco Baronetto, “Ausiliari chimici e biologici in enologia”, un testo monumentale su cui si sono formate generazioni di enologi – Ediz Intec 1986.
Citiamo anche l’ottimo AAVV “Ausiliari di trattamento ed elaborazione” ed One. 2003.
2 Per le proteine vegetali è stato consultato e utilizzato un accurato lavoro di ricerca, condotto nella pimavera del 2010, da un gruppo di studenti delle classi VI dell’IISS Umberto 1 di Alba.
Erano coordinati dall’insegnante di enologia dott. Carlo Arnulfo.
L’autore ringrazia per la cortese collaborazione.
Allergeni: Un problema
Alcuni prodotti utilizzati come chiarificanti sono interessati alla normativa sugli allergeni
Infatti, la direttiva 6/07 Com. Europea pubblicata su Gazzetta UE 316 del 28 / 11/07 impone di scrivere sulle etichette delle bottiglie di vino la dicitura in merito a possibili contenuti in allergeni alimentari di varia provenienza. A tutela della salute dei consumatori.
Tutta l’industria alimentare utilizza molti additivi: conservanti, coloranti, antiossidanti, stabilizzanti, ammorbidenti, addensanti, aromatizzanti e complessanti. Con varie finalità: in particolare per migliorare il gusto, il profumo, l‘aspetto e la conservazione nel tempo dei cibi. Ma dette sostanze aggiunte, pur regolarmente ammesse dalle singole legislazioni, come pure gli alimenti stessi, possono essere causa di manifestazioni a carico sia dell’organismo. Sono generalmente definiti con il termine di “reazioni avverse agli alimenti” e comprendono le “ allergie” e le “intolleranze alimentari “. Sono interessati dal problema delle allergie circa il 2-3% degli adulti e ben l’6-8% dei bambini. I disturbi: dermatiti con arrossamenti eczemi, gonfiori, irritazione, problemi alla respirazione e gastrointestinali con nausea, vomito, dolori addominali e diarrea.
Pertanto tutte le cantine, in caso di utilizzo di utilizzo nel processo produttivo di ingredienti che appartengono all’elenco delle sostanze allergeniche o siano da tali sostanze derivati, dovrà inderogabilmentemenzionarli in etichetta con il nome della sostanza.
I chiarificanti compresi nella lista degli allergeni sono: la caseina, l’albumina, il glutine di frumento.
Per il settore vinicolo i vini addizionati di albumina, lisozima, caseina, anidride solforosa e loro derivati sono interessati alla norma in oggetto.
Attualmente ci troviamo in una situazione di deroga per i chiarificanti e di obbligo di dichiarazione per l’anidride solforosa.
La nuova normativa entrerà in vigore probabilmente il 31/12/2010, ma si parla già di un rinvio di un anno.
Precisiamo che questi prodotti sono tutti chiarificanti, destinati a floculare nel vino e ad essere
eliminati in seguito ad un travaso e/o una filtrazione. Sono in corso varie ricerche per verificare l’assenza di attività allergizzanti residue dopo il trattamento di chiarifica dei vini.
Un test per la stabilità proteica
Elettroneutralizzazione della carica positiva delle proteine (Protocheck)
Non è facile stabilite l’esatta dose di bentonite.
Vi sono vari metodi che utilizzano anche principi di reazione diversi, purtroppo i risultati forniti dai diversi test risultano difficilmente confrontabili tra loro e rendono difficoltosa la prova.
Per questi motivi è stato realizzato un nuovo test che riduce in modo significativo le problematiche dei metodi tradizionali. Il test è stato realizzato soprattutto per la valutazione dei vini, tuttavia è stata verificata l’applicabilità anche su altre bevande a ph acido.
Le ricerche su questo test sono state effettuate all’università degli studi di Udine( Dipartimento di scienze alimentari – prof. Celotti).
E’ coperto da brevetto.
Notevoli i vantaggi.
E’ standardizzabile in quanto il reagente anionico è una soluzione titolata.
E’ rapido (il tempo di reazione è brevissimo e dopo 1 minuto il valore è stabile).
E’ specifico (si sfrutta l’elettropositività delle proteine).
Le interferenze sono limitate (tannini, polisaccaridi, torbidità non interferiscono sulla reazione).
Si utilizza direttamente in cantina (è sufficiente un piccolo torbidimetro ed una provetta con il reattivo).
Non serve filtrare il campione (il valore è una misura differenziale di torbidità tra il campione tal quale e lo stesso dopo il test).
Detto test ha dato risultati positivi e in genere è indicata una quantità minore di bentonite rispetto ai test tradizionali.
Rende possibile intervenenti rapidi sui processi di produzione, in particolare nelle pratiche di stabilizzazione e filtrazione.
Vorrei sapere che cosa rimane nel vino dopo tutti questi trattamenti di tipo industriale
Grazie R
R.Ferrata
RESTANO LE COSE BELLE E QUELLE BRUTTE IL PROCESSO DI CHIARIFICAZIONE LE PORTO VIA
ESEMPIO SOSTANZE AMARE, SOLIDI SOSPESI , POLIFENOLI ASTRINGENTI
“TRATTAMENTI DI TIPO INDUSTRIALE” ????? NON CAPISCO
TUTTI GLI ADDITIVI AMMESSI PER IL VINO SONO NATURALI
sono molto soddisfatto dele preziose informazioni descritte con maestria.io personalmente sono convinto che un vino deve stupire chi lo produce,ma perche questo avvenga c’è bisogno di tecniche appropriate,preziosissime come queste, sugerite dall’enologo ,non sempre il vino del rude contadino è il migliore se non addirittura il più sano,se penso a come lo faceva mio nonno ,mi vengono dei forti dubbi.con la scusa che il vino bolliva si faceva di tutto e di più a discapito dell’igiene de ella sicurazza alimentare.