Enorme è stato nel passato il patrimonio viticolo del nostro paese. In Italia, a metà ottocento, si contavano nei vigneti oltre 4000 vitigni, oggi ne sono rimasti soltanto 450 ca.
Grazie ai commerci marittimi, furono portate, sul nostro territorio, sin dal VIII sec. A.C., molte varietà di vite di diversa provenienza. In gran parte si sono estinte.
Eppure la tutela della biodiversità è un problema di rilevanza internazionale, con forti risvolti culturali, sociali ed economici: quante specie di animali o vegetali sono andate purtroppo perse per sempre?
Da questo numero, su Gazzetta d’Alba, iniziamo una serie di articoli alla riscoperta di antichi vitigni. Nomi magari sconosciuti che restano, soltanto, nella memoria orale di anziani viticoltori, oppure negli elenchi di qualche collezione ampelografica.
Prendiamo in esame vitigni di cui si ha notizia certa e sono in atto iniziative correlate anche alla loro salvaguardia e quando è possibile alla loro futura valorizzazione.
Si tratta in definitiva di confrontarci con le immense valenze offerte dalla biodiversità.
Liseriet
Il primo a parlarmene fu il prof. Roberto Macaluso, mio insegnante di viticoltura alla scuola Enologica di Alba:
All’inizio anni ‘80 ne avevo trovato alcune viti a Gorzegno, in valle Bormida.
In seguito quando inizia ad interessarmi della vicenda correlata all’inquinamento dell’Acna e del Re Sol ben ricordo anziani viticoltori che lo citavano sempre nei loro tristi ricordi.
Un’uva autoctona che noi chiamiamo Liseriet bianco, vinificata soprattutto per uso famigliare.
Marco GattiC’era molto Liseriet, un’uva piccola e sempre con buona acidità.
Paolo Crema
Come è noto la viticoltura della val Bormida era di ottimo livello, ma fu messa in ginocchio dagli scarichi nel Bormida della fabbrica di Cengio. Di fatto scomparvero tutti o quasi i vigneti, del Liseriet rimasero poche viti qua e là.
Detta uva chiamata anche Preverial era coltivata in alcune valli alpine, Maira e Susa, nel Pinerolose e valle Bormida. Chi scrive ne trovò anni fa alcune viti, in stato di palese abbandono, a Lottulo poco dopo Dronero. Ma era presente anche in molti paesi europei nel periodo prefilloserico.
I caratteri della vite e dell’uva
Foglie medie, grappolo medio cilindrico, acino a sfera non molto grande, fiorisce e matura precocemente verso i primi giorni di settembre.
Adatto a luoghi freddi; buona produzione d’uva.
Spesso usata come uva da tavola.
Il vino
Il vino ottenuto ha ottima acidità tartarica e profumi mediamente intensi con note fruttate.
Questa caratteristica, ovvero conservare sempre una buona acidità fissa, fu presa in considerazione da alcuni enologi negli anni ‘80.
In alcuni casi nel Moscato d’Asti si notava carenza di acidità, in particolare in alcune annate e in alcune zone.
L’enol. Torrengo, direttore del Consorzio Tutela Asti, ne discusse con altri colleghi.
Si pensò di utilizzare il mosto di Liseriet, aggiungendolo al moscato in piccola percentuale e in funzione acidificante.
Rimase soltanto un’idea: occorreva, questioni tecniche a parte, modificare il disciplinare di produzione.
Oggi
Oggi il Liseriet ritorna in qualche discussione o margine di qualche convegno tecnico.
Se nei programmi di rinascita della valle Bormida, oggi finalmente pulita, una nuova viticoltura troverà gli spazi che merita chissà se tra Castino e Gorzegno il Liseriet non torni ad occupare quei meravigliosi terrazzamenti che ha occupati per oltre due millenni.