Il mercato del vino è sempre ricco di sorprese, in particolare non è facile valutare, con un buon margine di esattezza, quali saranno le tendenze dei consumatori in un prossimo futuro.
Oggi i vini alcolici, supercolorati, ricchissimi di glicerina ed estratto, palestrati, come li ha definiti un noto giornalista, nessuno li propone, resteranno in magazzino.
Sulle carte dei vini di molti ristoranti stellati sono ricomparsi i “vini Orange”: in vero il temine “arancione” fa più chic di rosato, ma si tratta della medesima cosa.
Detti vini nascono grazie ad una particolare tecnica di cantina, ovvero una vinificazione con una breve macerazione a freddo del mosto a contatto con le bucce. In genere bastano due – tre giorni per estrarre parte degli antociani che conferiranno non solo il “colore Orange”, ma anche aromi e sapori più complessi, compresa una minima componente tannica, che ricorda lontanamente il tè, o il sidro di mele.
La regione Piemonte è tradizionalmente “Terra dei grandi rossi”, ma da alcuni anni, grazie alla crescita dei bianchi, anche i rosati hanno cominciato la loro lenta ascesa sui mercati internazionali.
Esiste un vino piemontese, rosato per natura: il Grignolino. Il vino anarchico per eccellenza, “Il più rosso dei vini bianchi ed il più bianco dei vini rossi” come lo ha definito Veronelli.
Altri enologi preferiscono definire il suo colore rosso chiaro, non rosato. Ma è noto che definire il colore di un vino è sempre argomento di vivaci discussioni tra gli enologi e gli assaggiatori.
La terminologia non aiuta di certo: rosa pallido, ambrato, rosso cerasuolo, buccia di cipolla, chiaretto, aranciato per citarne alcuni.
I vari disciplinari doc-docg di Langa – Roero – Monferrato ormai comprendono molti vini rosati, ottenuti da diversi vitigni. Citiamo i più importanti: pinot nero, dolcetto e brachetto in purezza; barbera, pinot nero, nebbiolo, pelaverga anche in melange.
In tema “Rosati” abbiamo raccolto la testimonianza dell’enol. Stefano Pesci, direttore della Cantina Sociale Terre del Barolo di Castiglione Falletto.
Con la vendemmia 2019 abbiamo prodotto il nostro primo rosato che proviene interamente da uve nebbiolo all’interno della doc Langhe.
Le uve provenivano da nostri associati con vigneti a Montelupo Albese, Diano, Grinzane Cavour e Monforte d’Alba.La raccolta avviene anticipatamente rispetto ai canoni classici del nebbiolo vinificato in rosso. La vinificazione comprende una pressatura soffice dell’uva intera a ciclo lungo, al fine di estrarre gli antociani necessari. Noi cerchiamo un rosato non carico di colore, diciamo tonalità a “buccia di cipolla”. seguendo le tendenze del marketing e di quanto desiderato attualmente dai consumatori. Per questo motivo non effettuiamo la cosiddetta” macerazione prefermentativa a freddo”, anche per non correre il rischio di estrarre tannini dalle parti solide dell’uva, di cui il nebbiolo è ricco e che nel rosato sarebbero sgraditi.
La fermentazione dura fra i dieci e i 12 giorni a circa 18°, segue un leggero ”Batonage” – sollevamento delle fecce fini – ndr e la conservazione in serbatoi inox. A marzo-aprile va in bottiglia.
Sul piano commerciale il nostro rosato è presente in Italia, nel canale Horeca, ma abbiamo oggi molte interessanti richieste dai monopoli esteri, in particolare dal Canada e dal Nord Europa.
Il servizio
I rosati vanni serviti ad una temperatura di 8°-10°, usando i classici bicchieri Iso piccoli o grandi.
Ideali come aperitivi, sono ottimi con carni bianche, crudités di pesce, risotti ai formaggi, crostacei, mitili e molluschi.
Personalmente abbino un rosato di Langa con una pizza quattro stagioni.
Importante è consumarli giovani, diciamo entro l’anno successivo alla vendemmia, al massimo due. Sotto questo aspetto vanno considerati vini bianchi. Esistono eccezioni, ovvio, ma sono correlate non alla tipologia del prodotto, ma a moderne tecniche innovative di cantina.