L’impiego del lievito in vinificazione è correlato alla qualità dell’uva, ogni pratica per raggiungere – per quanto possibile –tale obiettivo e’ indispensabile.
La cernita in vigneto e possibilmente in cantina è fondamentale.
Occorre eliminare con pazienza il marcio e il marcio- acido e il secco che pesano pochissimo e non gradano, ma sicuramente danneggiano il mosto.
Se l’uva è raccolta in cassette –come quelle destinate allo spumante Alta Langa – il cui regolamento prevede la pressatura dell’uva intera – è auspicabile un’ulteriore cernita su tapis roulant prima della pressatura.
Ma è un’ operazione molto costosa e si effettua raramente.
La pulizia e l’igiene sono fondamentali, a partire dai cassoni utilizzati per la vendemmia, oppure l’igienizzazione degli impianti, in particolare per i primi giorni.
Dopo lo scarico dell’uva è opportuno lavare accuratamente i cassoni degli automezzi, oppure pulire le cassette con acqua addizionata di metabisolfito o altri adeguati detergenti.
Occorre curare ovviamente il risciacquo.
Riguardo alla pulizia dei mosti in questi anni si sono scontrate posizioni differenti.
Sono perplesso riguardo alla eccessiva limpidezza dei mosti.
Se limpidi c’è meno competizione tra lieviti selezionati e microflora spontanea e i profumi rimangono più intensi ed eleganti, quindi i mosti vanno senza dubbio chiarificati in modo adeguato, anche se non filtrati. E’indispensabile inoltre pulire bene il mosto per abbattere ossidasi e altre sostanze nocive presenti tra cui residui di antiparassitari.
Ma i solidi sospesi sono utili per il lievito e per tanti motivi.
Si deve ricorre ad un compromesso.
Un dato indicativo-(utilizzato con successo a Fontanafredda in molte vinificazioni di chardonnay e pinot ) potrebbe essere 40-50 n.t.u.
Sotto tale limiti si perde un po’ di tipicità del prodotto con il rischio di standardizzare eccessivamente la produzione dei vini bianchi.
Per il pied de couve è bene calcolare almeno 2-3 milioni di cellule per cc di mosto, i classici 15- 20 gr per hl di lievito secco.
Le condizioni ideali del mezzo di fermentazione sono PH non oltre 3.20, mentre la temperatura di fermentazione sarà stabilizzata sui 18-20 gradi per profumi ottimali garanti di una certa tipicità.
Pericolosi gli stress termici dovuti a repentini o eccessivi raffreddamenti.
Ma necessario prevenire la sofferenza dei lieviti facendo in modo che possano sempre costituire e mantenere una parete cellulare spessa.
Torniamo alla fermentazione: 150 200 mg/l di APA è da considerare un valore minimo ai fini pratici. Oggi si da più importanza al contenuto in aminoacidi (almeno 1 grammo per litro). Per l’aggiunta di N, suggerisco aggiungerne metà a 2-3 giorni dall’inizio della fermentazione, la restante parte a metà fermentazione e oltre. L’aggiunta di nutrenti a dosi elevate nei primi giorni di fermentazione può creare problemi ai lieviti che completeranno la fermentazione per eccessiva prevalenza dominanza dei ceppi iniziali.
Uso poco i prodotti complessi: 25- 30 gr. x q.le di solfato / fosfato ammonico e 50 mgr x q.le di tiamina danno un apporto di 60-80 APA.
E’ quasi sempre sufficiente.
Solo in annate piovose, botritizzate, comunque particolari, si può aumentare del 20 –30 per cento.
Faccio presente che l’uso errato di sali di N porta a rischi di formazione di carbammato di etile.
Si tratta di un composto prodotto dal lievito a causa della reazione tra alcol etilico ed urea.
Quest’ultima deriva dalla degradazione dell’arginina ( composto azotato naturale dell’uva) ed è un composto intermedio, ovvero viene consumata in gran parte dal lievito.
Considerato la tossicità ( cancerogeno ) dell’etil carbammato alcune legislazioni fissano limiti: USA = 15 ppt per vini normali e 60 ppt per vini speciali, ma preciso che in genere i valori sono molto piu’ bassi.
Eccesso di concimazioni azotate nel vigneto, forti aggiunte di sali ammoniacali a metà fermentazione ( quando il lievito ha già formato urea e quindi non la metabolizzerebbe più, a causa nuove aggiunte di azoto ) possono portare ad alti valori di carbammato, peggio in caso di aggiunte dirette di urea al mosto.
Scienziati propongono l’uso di lieviti selezionati a bassa produzione carbammato, altri ipotizzano usi lieviti transgenici.
Il vero problema sono i limiti legali, qualora la FDA americana diminuisse sensibilmente i valori, allora il tecnico in cantina dovrà fare alcune scelte riguarda la conduzione della fermentazione.
Vediamo ora quali accorgimenti adottare nella fase finale della fermentazione.
Il travaso dei bianchi a fine fermentazione con un residuo zuccherino di circa 5-10 gr/lt può essere una buona tecnica, in quanto riduce il problema complesso e non ancora ben chiarito della “inibizione da substrato”, allontanando i lieviti attivi da una parte delle cellule morte e dei cataboliti che possono rallentarne l’attività fermentativa.
La feccia fine formatasi nel vino potrà essere gestita in vario modo, un sollevamento periodico detto “batonage “, è senz’altro auspicabile, soprattutto in annate buone.
Il vino sia arricchirà soprattutto in polisaccaridi e colloidi, inoltre acquisirà maggiori profumi.
In genere si sollevano le fecce due volte alla settimana per il primo mese se il vino è conservato in barriques, in seguito una volta alla settimana per 5-6 mesi.