Completiamo il nostro percorso sulla degustazione con le tematiche sull’abbinamento cibo –vino per concludere con alcune curiosità. L’abitudine di scegliere il vino a tavola in funzione delle diverse portate è abbastanza recente. Il grande cuoco A. Escoffier, nella sua monumentale “ Cusine “ non ne accenna, solo dai primi anni del 900 si parla timidamente di abbinamenti diversi. E’ un tema che va affrontato, con molta attenzione e professionalità, per due motivi:
1 —cresce la tendenza a bere vino fuori dalla tavola, in tanti momenti e in tante situazioni : vino aperitivo, vino da meditazione, vino a metà pomeriggio, le strategie di comunicazione di importanti cantine spingono in tal senso.
2 — Le classiche regole sulla scelta del vino sulla tavola obiettivamente sono un po’ stanche, molti chef, molti gourmet, provano,sperimentano nuovi e arditi abbinamenti, solo dieci anni fa impensabili; si può affermare che la scelta del cibo e del vino in accompagnamento segue, in ultima analisi, le mode e le tendenze, in definitiva è anche un indicatore dell’ evoluzione della società civile. Ma si dovrebbe restare entro certi limiti , invece sta succedendo di tutto : diventa difficile capire come la carne..qualunque tipo si sposi con il Moscato passito di Pantelleria, eppure è stato proposto. Oppure che un cliente giapponese, in un ristorante di alto livello, chieda un Sassicaia e termini un pranzo con un cappuccino. Boh ??Affari suoi preciso subito, il cliente era soddisfatto e ha pagato il conto. Allora restano tanti dubbi e crescono le considerazioni : a tavola l’abbinamento con il vino è un problema complesso, con varie sfaccettature, spesso è anche un problema di tendenza e aggiungo di portafoglio.
Resta comunque valida la classica regola : cibo e vino, entrambi, senza esclusione esaltino i loro caratteri sensoriali o forse per avere” al massimo sensazioni ed emozioni a tavola”.
Esistono vari metodi per valutare sul piano tecnici la possibilità di un valido accostamento, sia esso di similitudine sia di contrasto. In genere tutti si rifanno al metodo di Pietro Mercatini che analizza il cibo e il vino in tutte le loro componenti. Per ogni sensazione es. succulenta, grasso, speziato, tonicità, acidità viene attribuito un punteggio che viene riportato su foglio millimetrato e genera in seguito due figure geometriche. Una per il cibo es. lepre e una per il vino es. Barolo. Se le figure sovrapposte coincidono negli spigoli l’abbinamento è possibile, si tratta del caso da noi proposto. Se invece avessimo portato in tavola con la nostra lepre un Cortese alto Monferrato cambiava la figura, non coincidevano gli spigoli e l’abbinamento era errato. Ma in genere la scheda Mercatini,oppure le piu’ semplici Sicheri, Piccinardi, Bossi sono impostate su valutazioni non semplici e preciso subito che l’enologo deve uscire di scena. Soltanto lo chef conosce tutto del cibo.
Da anni il tema in oggetto viene semplificato mediante lunghi elenchi di piatti e vini, cito un piccolo testo-capolavoro: “Matrimoni d’amore “di Veronelli, nonostante gli anni è sempre valido.
Ma nasce un altro problema: chi mai puo’ disporre di tante tipologie di vino da poter abbinare ad un ‘altrettanta moltitudine di piatti ? Nessuno, forse neppure un normale ristorante, figuriamoci un appassionato. Molti esperti in materia dicono che è pura utopia pensare ad un a teoria scientifica in tema. Occorre buon senso e qualche accorgimento, per il resto temperature di servizio del vino e abbinamenti in tavola spesso sono compromessi. Allora scegliamo i migliori:
Antipasti : è troppo vasta la definizione, occorre valutare la loro composizione.
Se a base di verdure, pesci = vino bianco secco giovane e leggero – spumanti classici secchi.
Se a base di salumi, carne = vino rosso di medio corpo.
Primi: per paste asciutte e risotti bisogna analizzarne il condimento.
Penne burro e salvia = vino bianco secco media struttura, anche evoluto.
Spaghetti al pomodoro = vino rosso non strutturato e non evoluto.
Zuppe e minestre : a secondo del contenuto.
Se con verdura = vino bianco secco.
Se con pomodoro o carni = rosso giovane non troppo strutturato e non tannico
Cucina di mare: Pesci = vini bianchi secchi dai più semplici ai più strutturati ed evoluti a secondo della consistenza e importanza della preparazione. Pesce azzurro =Gavi, Arneis,Vermetino, Inzolia.
Orata –branzino in frittura = Collio Goriziano, Fiano di Avellino.
Ma spesso con il pesce va bene il rosso, giustamente si guarda alle salse e ai fondi.
Branzino al Barolo era un classico di un noto ristorante torinese.
Con le gustose triglie alla livornese un bel Sangiovese va alla grande.
Con crostacei e molluschi se crudi meglio un bianco secco o abboccato tendente aromatico, se lessati quasi d’obbligo spumanti classici e o Champagne, in frittura vino bianco secco evoluto e barricato.
Con le ostriche scegliamo il Muscadet de Sevre e Maine.
Carni : quante volte un bianco strutturato, magari uno Chardonnay di Langa o Monferrato, domina il secondo piatto a base di carni bianche. Ma in genere la carne è il matrimonio perfetto con il grande rosso strutturato evoluto.
Per manzo, vitello vanno benissimo Barbera, Nebbiolo del Roero, con il maiale abbineremo vini rossi morbidi e non troppo evoluti es. Pelaverga, Merlot, Rossese, per carni più impegnative dai classici arrosti alla selvaggina di pelo o piuma dominano Barolo e Barbaresco.
Formaggi : è un grande pasticcio ! Quante opinioni contrastanti, discussioni inutili, luoghi comuni, tutti hanno torto e ragione.
Proviamoci : freschi = vino bianco secco giovane e leggero, ma se c’è tendenza la latte es. ricotte non va bene il vino, ci limiteremo all’acqua.
Stagionati : vino bianco secco medio corpo, rossi leggeri e poco tannici.
Se aumenta il grado di stagionatura es. parmigiano di 24 mesi si cresce nel vino rosso.
Ma per formaggi a pasta molle è bene optare sempre per un vino bianco assolutamente non barricato. Con i formaggi erborinati e piccanti si scelgono vini passiti dolci es. Sauternes, Caluso, Ramandolo per il classico abbinamento di contrasto. Il lettore sarà confuso, mi viene in mente la famosa e nota frase del generale C.. De Gaule “ Come si fa a governare un paese con 400 tipi di formaggio? “
Povero chef che prova ad abbinarli! Un enologo francese, molto preparato, disse :” con il formaggio ……… vai col bianco e non sbagli”
Dolci: Finalmente abbinamenti facili essendo tutti di similitudine.
A base di farina es. Crostate, pan di spagna = Moscato d’Asti
A base di crema es. bignè, bavaresi = Asti
Vediamo ora alcuni cibi particolari :
Lumache, rane = ideali sono i novelli
Pizza = è in funzione della copertura, per cui bianchi e rossi leggeri
Bagna caoda = barbera giovane, in po’ briosa
Funghi = se crudi vini bianchi secchie giovani, se fritti un giovane nebbiolo d’Alba.
Uova = bianchi morbidi, anche evoluti.
Panettone o simili = Solo Asti …o spumante dolce aromatico simile, mai Champagne o spumante secco.. ed è tassativo …. anche alla sera del 31 dicembre…..
Alcune problematiche in tema abbinamento cibo – vino.
1 – Spesso non è facile accostare vini superconcentrati, ricchi di corpo, colore, alcol, infatti ci sono pochi caratteri da esaltare in certi Dolcetto di Dogliani o in supertuscan particolari. L’eccesso di biotecnologie utilizzate in cantina crea solo dei problemi a tavola. Inoltre si tratta in genere di vini molto barricati in cui il boisè –sempre ammesso che possa piacere – domina e sovrasta il piatto. Ricordo anni fa al Moderno di Carru’: giusta compagnia, in tavola stupendi, fumanti, bolliti del bue grasso, la cui succulenta e fragranza di sapori avevano nulla –proprio nulla- a che fare con il banale legnoso di un vino che oltretutto non abbiamo terminato.
2 Si stanno diffondendo due tendenze:Valutare l’aspetto cromatico e scegliere il vino di conseguenza: piatto bianco = vino bianco, piatto rosso = vino rosso. Inoltre si cercano abbinamenti territoriali tra cibo e vino, magari rispettando tradizioni locali. L’esempio sopra riportato della bagna caoda è un perfetto esempio. Spesso sono esemplificazioni, occorre sempre valutare tutto in senso critico.
3 – Cadono molti divieti tra tavola e vino: restano – a mio avviso- off limits verdure crude, specie carciofi, insalata, finocchi ovvero verdure ricche di ferro che si lega subito ai tannini , formaggi freschissimi con tendenza marcata al gusto latte, alcuni frutti, agrumi in particolare e soprattutto le preparazioni con aceto e quindi le numerose marinate.
Berremo acqua. Con la frutta come detto occorre molta cautela, ma con fragole, ciliegie, piccoli frutti di bosco uno spumante rosso, oppure un moscato rosa vanno abbastanza bene.
Cautela..molta con dolci e macedonie in cui prevale il liquore. Con il gelato alla crema, nella calda estate, ho provato l’Asti. Ok dico soltanto, provate anche voi. Il cioccolato ? Non acquistate il Pinot de Charente o Banlyus, in Italia si producono anche dei passiti da uve nere che vanno benissimo e se acquistate un Passito di Brachetto di valle Bagnario di Strevi non sbagliate.
4–Per terminare un accenno alle varie cucine etniche , ormai sono una realtà in società sempre piu globalizzate. I sapori sono molto articolati, confusi, sovrapposti e non sempre definibili. Sul concetto di piccante si sprecano i commenti: semplice esaltatore di gusti e aromi oppure un vero e proprio sapore. Da anni le varie associazioni di categoria accettano il quinto sapore elementare, ovvero “umami”. Cosa e’ realmente? I cuochi giapponesi che l’hanno diffuso, dicono sapore complesso e misto, tipo agrodolce, come molte ricette della vecchia Europa; altri lo fanno risalire semplicemente al gluammato sodico che da sapore ai dadi industriali per uso culinario. Oggi si tende a definire “ umami” è semplicemente un cibo molto, molto saporito in cui due piu due non fa quattro, bensì cinque. Che vino sceglieremo allora? Sinceramente non mi sento di consigliare, ognuno scelga cosa vuole, basta che sia contento. Aggiungo che spesso con certe cucine etniche una buona birra non va poi cosi male.
Finestra : Quarant’anni con i piatti e i vini dell’albese
Frammenti di memoria di Bruno Boggione –ex ristoratore, premiato con la stella Michelin
Nel lontano 1963 con mio fratello rilevai il Gallo d’oro, un ristorante storico di Alba.
Venivo da Monforte d’Alba, paese vinicolo per eccellenza, ma allora a tavola non c’era ancora la cultura del vino, ricordo le prime bottiglie di Dolcetto di Cavallotto di Castiglion Falletto e i primi insegnamenti di Cesare Cerrato, grande sommelier del caffe Roma di piazza Savona in Alba. Situazione opposta quando decisi di aprire il ristorante Vicoletto, sempre in Alba nella centrale via Bertero. Il cliente, estero in particolare aveva chiaramente in mente cosa bere e sceglieva prima il vino – quasi sempre Barolo e Barbaresco – e dopo il piatto. Il cliente italiano si lasciva invece consigliare di più, vini piemontesi in genere, ma con un buon contorno di Friuli, Toscana e altre regioni. In tema di abbinamenti ognuno ha le sue opinioni. A me il Barolo vecchio piace con il cioccolato fondente e con il classico “ bonet” non berrei moscato,ma un rosso magari Nebbiolo d’Alba sempre vecchio. In genere assecondavo i clienti, anche quando bevevano solo bianco o rosso per tutto il pasto. Ma con i dessert ho sempre offerto una coppa di Moscato. Ho moltissimi ricordi : una coppia di trentenni che ordina un Monfortino del 90, un gruppo di americani che prima di sedersi e ordinare chiede se ho del Sassicaia, due appassionati che bevono solo Barolo , ma lasciano sul tavolo tre bottiglie vuote. Non mi piacciono le cose troppo complicate, ricordo questa discussione: in tavola un coniglio con i peperoni con un Barolo delle Ginestre di Monforte. Un cliente inizia a dire ..si ma …pero’ ….i peperoni sono un po’ aciduli…forse il vino non è…. Un ‘altro tronca subito elegantemente : c’è ne fosse di questo Barolo. Non riesco a seguire quei bevitori che trovano troppi profumi nel vino Per me il profumo del vino è vinoso ….. senza difetti ovvio ,ma vinoso . Quel lessico fatto di sottobosco e pelliccia sinceramente non lo capisco, tanto meno sento i profumi che dicono. Per nulla”.