Torniamo ad occuparci del Barbaresco, uno dei vini di maggior prestigio dell’Enotria Tellus. È prodotto in un piccolo territorio dell’Albese in provincia di Cuneo.
Un vino che non ha una storia antica, la prima citazione è del 1799.
Per festeggiare la vittoria dell’esercito austriaco su quello francese nella piana di Genola (Cn), il generale De Melas, ordina al comune di Barbaresco di procurare una carrà (recipiente in legno di ca. 600 lt) di vino nebbiolo.
Grazie all’importante opera Domino Cavazza, direttore delle Regia Scuola Enologica di Alba, questo vino inizia a diffondersi a fine ottocento.
Nel 1934 nasce in Alba il Consorzio per la Tutela del vino Barolo e Barbaresco e nel 1958 rinasce la cooperativa “Produttori del Barbaresco”.
Nel 1973 prende il via un’altra cooperativa la “Pertinace” nel comune di Treiso. Nel 1966 il Barbaresco diventa DOC e nel 1980 ottiene, tra i primi vini in Italia, la DOCG.
I comuni interessati sono Barbaresco, Alba (fraz. San Rocco Seno d’Elvio), Neive e Treiso. La superficie totale vitata è di 763 ettari.
Si tratta di un terroir ad altissima vocazione viticola. Il sottosuolo appartiene sul piano geologico al periodo miocenico – terziario, orizzonte del tortoniano ed è caratterizzato da marne grigie ricche di argilla, calcare e microelementi. Spesso sono presenti anche strati di sabbie.
Il fiume Tanaro lambisce i confini del terroir del Barbaresco, mentre all’interno sono presenti le cosiddette “Rocche”, ovvero profonde spaccature longitudinali del terreno. Famose sono le” Rocche dei sette fratelli” nel comune di Treiso.
Analizzando, oggi, il mondo del Barbaresco nei poliedrici aspetti emerge subito forte crescita delle bottiglie prodotte:
- 1967 bottiglie 1.265.694
- 1997 bottiglie 2.736.000
- 2006 bottiglie 4.190.767
- 2018 bottiglie 4 .912.000
Grazie alla crescita degli impianti vitati, ma sulla scelta delle zone in cui alcuni vigneti sono stati messi a dimora, ci sarebbe da discutere.
In merito alla qualità del vino tutti gli intervistati evidenziano una buona crescita. Sotto quest’aspetto la definizione nel 2007 delle Menzioni Geografiche Aggiuntive (MGA) ha avuto un impatto molto positivo.
Sul piano organolettico, superato per fortuna in quasi tutti i mercati la tendenza verso vini superstrutturati e con invadenti sentori legnosi, il Barbaresco si impone per finezza ed eleganza e soprattutto per una precisa impronta territoriale.
I problemi più importanti sono la promozione e l’immagine. Occorre sicuramente sviluppare nuovi progetti e strategie, sia a livello nazionale, che internazionale, cercando migliori sinergie tra i produttori. In tal senso l’Enoteca Regionale del Barbaresco e il Consorzio Tutela Vini Albesi possono avere un ruolo propositivo e triante.
Il Barbaresco messo a fuoco in tutte le attuali problematiche da sette protagonisti eccellenti.
Gianni Testa
Direttore Cantina cooperativa produttori del Barbaresco
La cantina Produttori del Barbaresco è una cooperativa fondata nel lontano 1958, con idee da subito molto chiare, determinate e lungimiranti: produrre e qualificare il vino Barbaresco, ottenuto dall’unica uva vinificata in cantina, il Nebbiolo.
Ancora oggi si seguono le dritte dei soci fondatori e si prediligono gli intendimenti.
Certo, nei primi 30 anni dalla DOC del 1966, le difficoltà sono state parecchie, sia produttive che commerciali, nell’impostare un’offerta sul mercato con un monoprodotto che a volte la gente non apprezzava per la sua reale e intrinseca qualità. Erano di moda i vini opulenti, suadenti, tipo mangia e bevi magari conciati con sentori legnosi eccessivi.
Il Barbaresco, era ed è, il pianeta dell’eleganza, della finezza, della schiettezza olfattiva e gustativa con quella struttura tannica che solo con il tempo la critica ha apprezzato come aspetto qualificante e distintivo del vino, ovviamente se in armonia con le restanti sensazioni organolettiche.
Negli anni ’90 la cantina coltivava e produceva circa il 20% del Barbaresco in generale. Dei 480 ha. del comprensorio DOCG, 90 erano nostri. Dal 1998, si è verificata un’esplosione degli impianti a Nebbiolo atto a Barbaresco (forse esagerata), anche in zone e versanti non proprio vocati.
Oggi si contano circa 763 ha. a Nebbiolo per Barbaresco e la Produttori con i suoi 110 ha ne controlla meno del 15%. A noi però va bene cosi, negli ultimi anni sono solo 5 i soci nuovi accettati in cantina; quelli che danno ampie garanzie morali e produttive, in linea con gli scopi sociali, volti alla ricerca della massima qualità e rettitudine operativa.
Molto importante per il flusso turistico è stato il riconoscimento Unesco “Colline di Qualità”, che la zona ha ricevuto nel 2014. Non deve essere visto come punto di arrivo, bensì uno stimolo per sempre meglio difendere, qualificare e rispettare questo paesaggio, sia dal punto di vista architettonico che geo-colturale.
Sostanziali passi in avanti sono stati fatti per l’abbandono del diserbo chimico nei vigneti, per incentivare una lotta agronomica integrata ed ecocompatibile, per sensibilizzare i viticoltori verso una tutela dell’idrogeologia della zona con ricadute d’immagine importanti sul consumatore, giustamente sempre più attento a queste situazioni.
Oggi la Produttori (come d’altronde l’intera zona), vive un momento di giustificata euforia, le uve Nebbiolo sono ben remunerate, le vendite vanno a gonfie vele, da anni si fanno investimenti in strutture, attrezzature e materiali, utili all’azienda per stare sempre meglio al passo con i tempi.
Un monito per le generazioni future, di concerto con le istituzioni del settore, sarà quello di gestire bene e in modo oculato questa situazione, ora rosea e fiorente. Uno dei soci fondatori della cantina mi ricordava qualche tempo fa “è più arduo gestire i momenti di vacche grasse che non di magra “…
Uno dei problemi che si intravedono in un prossimo futuro, in mancanza di pianificazione, è la cosiddetta “nebbiolizzazione” della zona a scapito della biodiversità colturale, che invece è sempre stata un fiore all’occhiello e un carattere distintivo non solo per l’area del Barbaresco, ma della Langa intera.
Rino Sottimano Rino
Azienda Agricola Sottimano – Barbaresco
Oggi il Barbaresco, proiettato verso un futuro sempre migliore deve affrontare vari problemi. In parte comuni ai grandi vini, altri correlati al suo terroir d’origine. In sintesi le valutazioni della nostra cantina.
In cantina le pigiature sono sempre più mirate alle caratteristiche morfologiche dell’uva nebbiolo per il massimo rispetto delle sue parti solide. Le macerazioni sono sempre più lunghe, anche oltre il mese, grazie alla tecnica sempre più diffusa del “cappello sommerso”. L’affinamento ormai è orientato verso il legno piccolo neutro e grande per non alterare le caratteristiche organolettiche specifiche di questo vino.
Nella nostra cantina non effettuiamo la filtrazione e la chiarifica preimbottigliamento.
Riguardo alla promozione noi valorizziamo il nostro Barbaresco sul mercato estero mediante tasting e affiancamenti con i nostri importatori nelle principali aree economiche mondiali. Preferiamo promuovere i nostri prodotti in manifestazioni organizzate insieme ad altri produttori, o clienti ed importatori, in Italia ed all’estero. Sul piano del marketing rimangono stabili o in crescita i mercati “tradizionali” per noi quindi Usa, Canada, Europa, Giappone. Segnali più che positivi da mercati relativamente nuovi come Asia e Sud America, sicuramente con un margine di crescita nei prossimi 10 anni.
Un problema importante e delicato riguarda la manodopera: è innegabile che oramai la quasi totalità delle operazioni manuali in vigna è effettuata da lavoratori stagionali esteri, perlopiù est Europa o extracomunitari. È una situazione comune alle grandi regioni viticole mondiali, dalla Borgogna alla Napa Valley.
La sfida per il futuro è renderli sempre più parte della nostra terra e delle nostre aziende, in un discorso oramai globale di interazione non solo razziale ma anche e soprattutto culturale, partendo, come facciamo noi e le altre aziende, da una situazione contrattuale stabile e duratura, per arrivare all’obbiettivo di farli sentire parte non solo della nostra lunga tradizione e storia, ma anche di ogni famiglia e azienda.
Vorrei spendere due parole sulla città di Alba e sulle Langhe: Alba ha i pregi e difetti di ogni grande capitale enoturistica nel mondo, viene sempre vista come una cosa a sé stante (o a volte semplicemente distante) quando si promuovono i singoli territori nelle zone di Barolo e Barbaresco, e non parte di essi.
Rimane la capitale indiscussa delle Langhe, un po’ come succede a Beaune in Borgogna dove vale lo stesso discorso. Credo che l’enorme afflusso di turisti da tutto il mondo non abbia bisogno di commenti; le Langhe sono oramai tra le 3-4 tappe imprescindibili nel mondo enoturistico, la speranza è che questo successo non faccia danni a livello di qualità nell’offerta e nei servizi.
Riguardo al blocco dei vigneti mi lascia perplesso la decisione del Consorzio di bloccare gli impianti del Barbaresco per tre anni; forse era meglio adottare altri interventi di effetto più rapido. Esempio ridurre la resa per ettaro come previsto dal disciplinare di produzione del Barbaresco. Si avrebbe, oltre la riduzione delle scorte di sfuso, un miglioramento generale sul piano qualitativo.
Cesare Barbero
Direttore Cooperativa “Pertinace” di Treiso
Il Barbaresco è sicuramente il vino più importante per i nostri associati. Ecco una panoramica delle principali tendenze attuali e future.
In vigna: le lavorazioni sono rimaste legate a quelle che si facevano 50 anni fa (tipo di potatura e conduzione della vite durante tutto il suo stato vegetativo) ma ovviamente oggi si compiono con macchinari più efficienti e moderni e che ne alleviano molte delle fatiche. Sono sicuramente cambiate nel tempo invece le molecole dei trattamenti in vigneti e, soprattutto ultimamente, l’approccio da parte di tutti è sicuramente più vicino all’ambiente ed alla salubrità dell’uomo.
Il paesaggio: per una zona come le Langhe è fondamentale. Siamo tutti (i produttori intendo) consapevoli che buona parte del nostro mercato deriva anche dal turismo e quindi cerchiamo di porre attenzione nel preservare questo paesaggio così unico ed eccezionale. Viene giustamente sfruttato in maniera positiva per offrire ai clienti ed agli avventori delle nostre zone gite, passeggiate in vigna, degustazioni in cantine sempre più belle e più curate. Tanto è stato fatto, però molto è ancora da fare.
La promozione: ogni cantina si attiva per conquistare o consolidare quote di mercato. Tutti puntano ai grandi punteggi e all’eco che si genera grazie a questi che può creare una domanda di prodotto. Chi più e chi meno tra i vari produttori, ci si è avvicinati al mondo dei social, ma spesso ancora in maniera molto maldestra e artigianale. Per molti di noi questo aspetto è ancora da migliorare.
I futuri mercati: salvo pazzie di dazi (l’amministrazione Trump non dà certezze) gli USA restano il principale mercato. Quello nazionale è ondivago e forse ancora troppo locale per quello che riguarda un vino come il Barbaresco. Il traino di questo vino è forse ancora legato alla grande distribuzione che ne assorbe un buon numero di bottiglie. Bisogna aumentare la comunicazione e magari iniziare azioni di scouting su alcuni mercati emergenti.
Manodopera – extracomunitari: sono ormai fondamentali e parte della nostra quotidianità. Solo una politica miope si rifiuta di vedere quanto sono preziosi per la conduzione dei nostri vigneti e per il futuro della nostra zona.
Blocco dei vigneti: non sono per il blocco totale ma nel proseguire una politica di apertura controllata. La denominazione Barbaresco ha ancora troppo poche bottiglie.
Andrea Ferrero
Direttore Consorzio Vini Tipici Albesi
In questi ultimi anni la qualità del Barbaresco è migliorata sensibilmente. Grazie anche ai controlli della finestra è cresciuto il mercato con dinamiche del tutto positive. I produttori e le due cooperative hanno svolto un ruolo molto importante.
Nel Barbaresco è presente una filiera virtuosa, ovvero l’azienda produce uva, la vinifica, imbottiglio il vino e va sul mercato. È un sistema che dovrebbe essere esteso a tutta l’Enotria Telluss; aggiungo che nella zona del Barbaresco, ma anche in tutto l’Albese c’è una forte presa di coscienza riguardo alla tutela ambientale e alla biodiversità.
Di fatto ormai l’80% delle aziende effettua in lotta integrata. Vari produttori aderiscono ai protocolli “Grenn“ della Coldiretti. “Vino naturale uguale vino di qualità” è un parametro ormai acquisito e adottato. Riguardo alla promozione del Barbaresco nel 2020 partirà una campagna promozionale finanziata dai produttori associati al Consorzio e non. Potrebbero anche arrivare fondi europei.
In febbraio negli Stati Uniti d’America 170 produttori di Barolo e Barbaresco saranno a New York ove presenteranno i loro vini. È prevista la presenza di boyer ed esperti in comunicazione. In degustazione guidata ci saranno le ultime annate: 2017 per il Barbaresco e 2016 per il Barolo. Ci saranno anche spazi per i singoli produttori che potranno promuove la loro azienda. È prevista anche un’area per le MGA. L’iniziativa verrà replicata in Cina nel 2021 e a San Francisco nel 2022.
Marisa Fogliati
Direttore Enoteca regionale del Barbaresco
Il Barbaresco è una zona privilegiata, le vendite del Barbaresco sono sempre in continua crescita e anche i visitatori sono tanti e distribuiti tutto l’anno. La maggior parte di provenienza estera, indicativamente il 60 % degli ingressi. Chi viene in Enoteca in genere è già documento sul territorio e sulle sue valenze. Vuole assaggiare o acquistare vino, aggiungo che molti chiedono notizie sui ristoranti dei dintorni.
Per quanto riguarda le criticità la mancanza di un fronte unito e compatto nella promozione si sente (in questo caso l’Enoteca fa da collettore) e bisogna puntare un po’ di più sul “green” visto che siamo un distretto pronto ad accogliere una eventuale certificazione globale.
Le vendite del Barbaresco sono sempre in crescita, il riconoscimento Unesco per questo territorio è stato un fattore trainante.
Concludo evidenziando che da un po’ di tempo c’è un certo interesse per le Mga, anche se il prezzo talora è superiore alla tipologia normale. Molti visitatori escono dall’Enoteca con una buona scorta di bottiglie con sull’etichetta i celebri crus della zona DOCG del Barbaresco.
Guido Rivella
Azienda Agricola Rivella Silvia – Barbaresco
Ecco le più importanti innovazioni in tema “Barbaresco – contorni e dintorni”.
In vigna, da anni, si effettuano le cimature, determinanti per tenere sotto controllo la vegetazione. Si abbandonano gradualmente i diserbanti, grazie anche a nuove soluzioni che consentono la pulizia sottofila tramite macchine specifiche.
In cantina le uve nebbiolo sane, asciutte, concentrate per l’ottenimento della qualità necessitano più che mai di controlli sulle fermentazioni alcolica e lattica, nonché sul rischio brett che si affaccia ogni qualvolta i lieviti ed i batteri sono in difficoltà.
Il paesaggio del Barbaresco, come quello della bassa Langa con il loro mare di vigneti ammaliano i turisti. La tutela Unesco è un ottimo volano. Aumentano i visitatori e con essi l’immagine e l’economia del territorio.
D’altronde il turismo enologico, ottimo veicolo praticato anche dai giovani, è una garanzia per il futuro. Importanti sono le presenze degli stranieri che lo praticano sempre più come forma di vacanza alternativa.
La tutela idrogeologica sarà correlata all’abbandono del rintocchino e alla pratica dell’inerbimento.
Aggiungo che la manodopera con extracomunitari sarà sempre più determinante. In un futuro non lontane senza il loro apporto sarà difficile produrre uva anche in Langa. In merito al prezzo delle uve se il vino “tira” palese che ci sia una crescita. Ottimo preciso è il lavoro svolto da alcune cantine cooperative che premiano i soci pagando prezzi alti per uve di qualità tenendo così il profilo alto.
Enrico Nada
Cantina Nada Giuseppe -Treiso
Il Barbaresco è parte della nostra storia, quello classico, austero, longevo. Quello tradizionale, che non stupisce per i tannini e sentori legnosi, ma per il frutto e l’eleganza dato dalle botti grandi, con un bouquet che in seguito ad invecchiamento in bottiglia esprime fiori -rosa e viola- essenze balsamiche e marcate speziature che rendono il Barbaresco estremamente complesso e raffinato.
La nostra produzione è venduta principalmente sul mercato degli Stati Uniti, Canada ed Europa, oltre ad un crescente mercato piemontese, lombardo e veneto.
Siamo passati al biologico nel 2017, ottenendo la certificazione che ci consentirà di avere sul mercato il nostro primo “Barbaresco Bio” a gennaio 2020. È stata una scelta ponderata, volta a limitare il nostro impatto ambientale e spinta da una crescente domanda del mercato estero che vede ormai alcuni Paesi richiedere esclusivamente prodotti bio. Abbiamo quindi abbandonato la chimica di sintesi ed il diserbo, favorendo il contenimento meccanico e manuale delle infestanti: l’unico vero “problema” del bio.
La nostra zona è fortunata dal punto di vista microclimatico e rame e zolfo sono sempre estremamente efficaci a difendere la pianta.
In cantina non abbiamo mai fatto uso d’altro se non della minima dose di solfiti, per il resto la vinificazione è svolta senza alcuna solfitazione, nonostante la macerazione sia sempre estremamente lunga, oltre i 50-60 giorni.
Mentre il mercato del vino imbottigliato è stabile e crescente, non si può dire lo stesso del prezzo delle uve, che per chi a differenza nostra deve venderne o acquistarne, non può fare programmi a lungo termine.
Il vero tessuto produttivo del Barbaresco sono le piccole azienda a livello famigliare o poco oltre, che di generazione in generazione hanno contribuito alla crescita della zona e del Barbaresco, ottenendo sempre maggiore prestigio.
Il mio pensiero sul futuro di questo vino è estremamente positivo, la zona è fortunatamente molto piccola e gli impianti risultano ora bloccati per i prossimi tre anni.
A mio giudizio sarà sempre più importante la promozione del territorio e spero che gli enti di tutela supportino il marketing del Barbaresco con iniziative di livello internazionale, sui mercati già avviati, più che sui mercati asiatici dove – vietato generalizzare – spesso la cucina e la cultura del vino è totalmente lontana dalla nostra piccola produzione.