Nella prima parte abbiamo parlato delle origini del Barolo passando attraverso i primi tentativi, le iniziative fallite fino ad arrivare a Camillo Benso di Cavour ed il fido enologo Louis Oudard. Se hai apprezzato l’inizio, ecco la seconda parte.
Critiche del Fantini
Una valutazione delle innovazioni apportate da Staglieno si trova nell’opera citata del Fantini.
Riportiamo testualmente: “La vinificazione secondo il nuovo metodo Gervais prese piede nell’albese dopo il 1840 “ ……«.Il sistema Gervais volgarizzato dal Generale enologo mirava a regolare la fermentazione fatta prima senza alcun criterio regolatore ». Soprattutto nelle cantine di un certo livello nacquero i “vini alla Staglieno”.
Pare che qualcosa nelle indicazioni date da Staglieno non funzionasse; infatti scrive il Fantini che queste innovazioni furono presto abbandonate: « Molti vollero seguire le nuove teorie, ma l’esperienza fatta li consigliò di tornare all’antico ».
In sostanza non si attuò più la “fermentazione in tini chiusi, ma si constatò che “il Barolo fatto nei tini aperti sviluppa maggiormente e più prontamente il suo bouquet”.
La tenuta di Cavour
La tenuta nobiliare del Conte di Cavour a Grinzane era molto vasta, circa 200 ettari, oltre la metà del territorio comunale.
Fu assunto l’enologo francese Oudart, in quanto lavorava, in quel periodo, per varie famiglie di nobili e soprattutto svolgeva attività commerciale, con sede a Genova.
Non portò grandi innovazioni in enologia in vero: igiene, travasi ripetuti e conservazione del nebbiolo di legno furono le sue priorità.
Fu il primo forse ad usare bottiglie di vetro pesante, che acquistava in Francia.
Le innovazioni più importanti riguardarono il vigneto e furono di alto profilo: nuovi concimi, propagazione della vite con metodi piu’razionali e soprattutto messa a dimora di vitigni diversi dal brachet ai Pinot dello Champagne.nota 3
Le famiglie di Bra
Accenniamo ora al ruolo degli imprenditori di Bra, la capitale del Barolo nel secolo XIX.
Sono attive molte cantine: Matteo Cav. Fissore e figlio: sorta nel 1859 in via Vittorio Emanuele II 66, poi Manissero, Boglione, Bonardi, Ternavasio.
Di fatto Bra, nell’ottocento, fu il centro principale della produzione del Barolo, nella piccola città Piemontese.
Vari i motivi: innanzitutto la posizione, luogo privilegiato di transito e di trasporto verso le altre città del Piemonte, in particolare verso Torino; inoltre Casa Savoia, che ebbe un ruolo importante perla nascita del vino Barolo, in quanto possedeva terreni e cantine nelle vicinanze (Santa Vittoria, Verduno e Pollenzo).
Lo sviluppo dell’imprenditoria vitivinicola in Bra fu rapida, il volume d’affari crebbe rapidamente, le cantine, essendo situate nel centro storico, ben si integravano, anzi erano elemento essenziale del tessuto economico e sociale della città stessa.
“I vignaioli portavano l’uva a Bra con i propri carriaggi, tornavano una settimana dopo a Bra per pigiare l’uva con i piedi, dopo 25 giorni ritornavano a Bra per la svinatura con mastelli e brente, la primavera successiva andavano ancora una volta a Bra per il primo travaso, finalmente era pagata loro l’uva”.
Così un patriarca di Langa, Bartolo Mascarello, anni fa, ricordò le operazioni di vendemmia intorno a metà ottocento.
Non c’erano assolutamente sbocchi commerciali per i pochi carichi di uva nebbiolo in vendita, la sola eccezione erano le cantine di Bra; Calissano e Mirafiore non erano ancora nati.
La grotta dei Russi
Ma la fama di Bra, capitale del Barolo nell’ottocento, resta correlata anche alla cosiddetta “grotta del Russi”, un’imponente seria di gallerie fatte scavare sotto la cantina a scopo promozionale. Siamo nei primi decenni del sec XIX.
Ho potuto visitare la grotta nel 1992, grazie alla cortesia di Matteo Ascheri, contitolare dell’unica cantina di Barolo rimasta in Bra; sicuramente è stata una delle più belle realizzazioni in campo enologico.
Progettata dall’architetto Onofrio di Torino, sull’esempio francese -gallerie nello Champagne era costituita da un grande salone circolare largo oltre 20 metri, sorretto da sedici bellissime colonne, da qui a raggiera partivano quattro gallerie, alte sei metri, terminanti in rotonde dal diametro di otto metri.
La grotta poteva immagazzinare circa 400.000 bottiglie in appositi fori scavati nelle pareti.
Appositi candelabri e lumi illuminavano la grotta per un percorso promozionale unico per l’epoca e per gli importanti visitatori, citiamo solamente lo zar Nicola II e il re Vittorio Emanuele III. nota 5
Il famoso trasporto
Ora veniamo all’episodio piu’importante per la nascita storica del Barolo.
Riguarda la marchesa Giulia Falletti di Barolo.
Tutto parte, secondo una leggenda, da un famoso trasporto di Barolo a Torino.
…. Tirati dai buoi entrano in Torino diretti a Palazzo Reale… su ogni carro stava una di quelle botti lunghe e piatte (della capacità di litri 591, 683 ndr) dette “carrà . Erano più di trecento.
Era il Barolo che la marchesa Giulia Faletti Colbert inviava in omaggio al Re di Piemonte e Sardegna Carlo Alberto di Savoianota 4
In realtà si voleva spedire un fusto per tutti i giorni dell’anno, ma siccome la nobildonna era molto devota, furono esclusi i giorni quaresimali, per questo partirono dal castello di Barolo circa 325 carri con fusti da 6 ettolitri.
Pochi giorni dopo varcarono, transitando per via Nizza il portone della reggia sabauda a Torino. Altri autori dicono che fu spedito un carro per ognuna delle cascine di proprietà della Marchesa.
Questo famoso episodio è stato citato, da circa un secolo, da tutti gli autori che si sono interessati alla storia del Barolo.
La citazione originale, basata su una consolidata e verificata tradizione orale, sui trova in A. Strucchi: “I migliori vini d’Italia” – Milano 1908. Ma se si cerca documentazione storica a sostegno non si trova nulla.
Inoltre qualche domanda poi viene a galla
Da dove provenivano 1900 hl circa di Barolo? In che anno preciso avvenne (tra il 1830 e il 1840?).
Dove hanno trovato i buoi per tirare 325 carri, ognuno con un fusto da 6 hl ca?
Teniamo presente che stante la viabilità di allora occorreva superare alcune dure salite tra Barolo e Torino.
Infine, nella città sabauda il vino in questione, un notevole volume per quei tempi – come detto circa 1900 hl -, dove è stato sistemato? Proviamo a rispondere per quanto possibile.
Preciso che i documenti di archivio che riguardano i potentisimus Fallettorum si trovano in gran parte a palazzo Barolo a Torino.
Non risulta sono studiati in modo sistematico, salvo visure parziali di alcuni storici.
Il vino sicuramente proveniva dalle cantine delle agenzie di Serralunga e di Barolo.
Precisiamo che almeno a partire dal secolo XIX, i marchesi Falletti di Barolo vinificavano in proprio le uve provenienti dai loro vasti vigneti.
“Dove erano in Serralunga d’Alba e Barolo le cantine della marchesa Falletti?
A Serralunga nelle cantine della cosiddetta“agenzia di Serralunga”.
L’ubicazione delle Cantine e la vinificazione
Un documento d’archivio ne riporta ben sei: cantina palazzo, cantina terrazzo, cantina castello, cantina piazza, cantina alloggio agente e cantina bosco “Areto”. Responsabile, a metà Ottocento, era il signor Cagna.
Nell’ edificio, attualmente, sede delle cantine Gemma, alcune vasche in cemento armato sono ancora in uso, anche se ristrutturate internamente.
Per le uve prodotte nei vigneti di Barolo, un inventario del 1864 relativo ai castelli della Volta, Barolo e cascine adiacenti cita in ” crotte grandi, piccole e crottini”, oltre 100 vasi vinari tra cui trenta tine e 56 bottali.
Abbiamo preso visione, grazie alla cortese disponibilità dell’enologo Giuseppe Rinaldi, di importanti documenti. Una pianta del castello di Barolo risalente a “prima dei restauri” (1866-1870, ndr) riporta “scala di discesa al tiraggio e alle cantine sottostanti.”. e anche “.tiraggio e grande cantina” (attuale sala esposizione dell’Enoteca Regionale, ndr), perciò si vinificava sia nel castello di Barolo, sia in quello della Volta.
In quest’ultimo pare siano avvenute a metà ottocento anche produzioni di vini tipo Champagne seguite da un enologo francese. In seguito si vinificavano i Nebbioli anche alla cascina “del pilone”, sede delle antiche cantine dell’Opera Pia Barolo, oggi cantine Marchesi di Barolo. L’edificio si può fare risalire al secolo XVIII: di fatto, era “ l’Agenzia di Barolo” della Marchesa.
Esiste una bella fotografia (inizio secolo XX) di quest’edificio, nel testo citato del can. Massè; nella didascalia è chiamato giustamente «Agenzia.». Un importante documento rintracciato all’archivio “Cantine Marchesi di Barolo” riporta testualmente: «Progetto di sistemazione della strada alla nuova tinaia di Barolo».
La planimetria è datata Torino 6 dicembre 1885, geom. Ruella Alessio. Significa che esisteva una vecchia tinaia alla cascina Pilone, ove la marchesa Falletti vinificava i nebbioli di Barolo.
Nell’ottocento, il Barolo nuovo prodotto nelle agenzie di Barolo e Serralunga d’Alba era trasferito a Torino nelle cantine di “Palazzo Barolo “ per essere conservato in botti di rovere o castagno.
“ Era una cantina ben attrezzata. C’erano 44 botti con diverse capacità “ dalla grande botte di ben hl 299,50 a un piccolo fusto di 250 litri.”. “Tra i clienti delle cantine in Palazzo Barolo a Torino citiamo il principe di Carignano, il duca di Genova, nobili torinesi, anche ordini religiosi, ristoranti, trattorie e privati. Si spediva fuori Torino: Milano, Ivrea. In alcuni documenti compare Costantinopoli” nota 6
Note – bibliografia – Fonti archivistiche
3 Lorenzo Fantini – Monografia sulla viticoltura ed enologia in provincia di Cuneo-1885. Ristampa anastatica -1973 – cura dei Cavalieri dell’Ordine dei Vini e del Tartufo di Alba.
4 D. Massè – ”Il paese di Barolo” – 1932 – Riproduz. anastatica per opera delle cantine Marchesi di
Barolo- 1992.
5 I Barolo di Bra – dattiloscritto inedito – 2005.
6 Lorenzo Tablino – Fontanafredda:125 anni tra vigneti e cantine – 1 volume – 2004 – ed. Fontanafredda.
Crediti Foto: Aurelio Candido, Franco Celant, Mondo del Gusto