L’esame visivo
Degustare un vino significa soprattutto analizzarlo sul piano sensoriale , occorre coinvolgere in modo ottimal e i cinque sensi , in particolare la vista , olfatto e gusto.
L’ esame visivo è importante per due motivi :è la prima impressione che si riceve dal vino e inevitabilmente condiziona le altre. Inoltre ci dà un ‘idea dell’ evoluzione e della salute del vino stesso . Il meccanismo fisiologico relativo alla recezione visiva è molto semplice .L’occhio umano percepisce l’immagine che attraverso la retina viene trasferita la nervo ottico e quindi al cervello che legge forme e colori …………… Come si deve guardare il vino? Si usa un bicchiere sottile di cristallo o vetro, utilizzando possibilmente la luce naturale. Alzare il bicchiere all’altezza dell’occhio verso la fonte luminosa. Per valutare meglio il colore , in ambienti chiusi si può interporre un foglio bianco. Il vino anche solo velato o feccioso modifica l’intensità del colore. Di fatto è si vede meno colorato. La luce artificiale altera in parte il colore del vino , neon in particolare . Precisiamo che non si deve effettuare l’esame visivo in locali con colori alle pareti troppo intensi .
Alla vista valuteremo quattro fattori :
Limpidezza: qualsiasi vino in bottiglia deve essere limpidissimo o brillante , segno di salute e di buona tecnica di cantina. E fondamentale . Un oggetto- es. una biro -traguardato tramite il bicchiere pieno deve essere visibile. Ecco le varie gradazioni per indicare la limpidezza : Brillante- limpidissimo – limpido – velato -torbido –feccioso.
La viscosità: indica il grado di “densità” di un liquido . Nel vino dipenda da alcool , glicerina ,colloidi ,estratto ect . Dal modo di roteare del vino valuteremo la viscosità compresi i famosi “archetti “ che si formano per evaporazione dell’alcol dal sottilissimo strato di vino che avvolge il vetro. (effetto Marangoni) L’effervescenza: si valuta solo per vini frizzanti e spumanti . Se presente in vini tranquilli è indice spesso di difetto o alterazione.
Il colore: Le sostanze che contribuiscono a determinare il calore di un vino -antociani e tannini- sono di natura fenolica.
Presenti da un minimo di poche decine di mg. per litro nei vini bianchi, sino a 2-3 gr./l. nei vini rossi, giocano un ruolo essenziale non solo sulle caratteristiche visive, ma anche su quelle olfattive e gustative. L’acidità totale ed il pH possono influenzare sia la tonalità che la intensità e la stabilità del colore di un vino. Questo spiega la vivacità del colore dei vini giovani con spiccata acidità e la tonalità più spenta, ricca di riflessi tendenti al giallo o al bruno di certi vini prodotti in regioni calde, dove normalmente il corredo acido è in difetto.
La tonalità e l’intensità , ovvero la natura de colore non sono facilmente definibili e sono il tema di maggiori discussioni tra enologi nei vari panel d’assaggio. Si può ricorrere volendo ad uno spettrofotometro ove un occhio elettronica misura in millimicron i parametri del colore, altrimenti si è costretti a fare riferimento a minerali o vegetali noti es. rubino , ciliegia, paglia. Si ! ma quale ciliegia : duracine? graffioni? Cambia tutto , altre definizioni sono quasi comiche , es. spesso si parla di rosso porpora, ma che tessuto usano per tessere la porpora i sarti dei cardinali ? E’ tutto relativo e tutto soggettivo . Comunque dovendo definire il colore useremo questa graduatorie : Vino Rosso : violaceo -rubino violaceo rubino –rubino granato – granato granato aranciato – granato mattonato –mattonato – brodo castagna . Vini bianchi : -bianco carta –verdolino paglierino verdolino -paglierino – dorato –bronzo rame- -cipolla rossa ……….. Precisiamo infine che al tendenza dei consumatori a diversità del passato è per vini di alta cromaticità del colore : paglierino carico per i bianchi e rosso violaceo per i rossi .Ma qualche volta si esagera: Sinceramente non ho mai capito come possa no essere rosso -violaceo Barolo e Barbaresco.
L’esame olfattivo
“Cosa sarebbe un mondo senza profumi “. La frase è quanto mai eloquente per indicare l’importanza di questa valutazione . Diceva Gerlain il noto profumiere: “Una donna in una stanza al buio. Silenzio assoluto. Percepirai sempre la sensualità e il profumo” . Oggi in vero l’uomo “civilizzato” percepisce molto meno del suo antenato di “Cro magnon” : stress , tensioni , paura inquinamento, rumori, vita di metropoli e altro limitano molto la percezione sensoriale in genere e olfattiva in particolare. Il meccanismo di riconoscimento dei profumi è abbastanza complesso ed è stato evidenziato in modo esauriente sono solo alcuni anni fa, anche se studi importanti a riguardo vennero completati dal dott. Amerine della scuola di Davis -California . Occorre distinguere tre fasi riguardo la ricerca dei profumi : la sensazione, la percezione e infine la descrizione.
In pratica avviene cosi : Le sostanze volatili responsabili del profumo vengono inspirate tramite il naso . Risalgono le fosse nasali e vengono a contatto con l’epitelio , piccola ghiandola situata vicino agli occhi e costituita interamente da tessuto molle spugnoso e assorbente. Dall’epitelio dipartono i nervi olfattivi che hanno il compito di trasportare le sensazioni odorose al cervello . Precisamente nella parte centrale dell’encefalo detta ipotalamo. Qui avviene la percezione e il successivo riconoscimento , ovvero profumo di spezie o fruttato , oppure di chiodi di garofano o di amarena . Affinché il profumo venga identificato e quindi descritto in modo adeguato è necessario che l’ipotalamo possieda una adeguata memoria olfattiva .Solamente in queste condizioni quando riceve lo stimolo riconosce subito il profumo . La memoria olfattiva in genere è presente in tutte le persone perché fa parte del vissuto sensoriale che si crea nel corso dell’esistenza – in particolare nei primi anni di vita- in relazione alle opportunità e possibilità di contatto e di conoscenza dei vari profumi .
Anne Noble la famosa ricercatrice dell’univeristà di Davis , creatrice della famosa rosa dei profumi diffusa nelle scuole e nelle cantine di tutto il mondo , non perdeva mai ogni occasione –anche una semplice gita in montagna –per acquisire nuovi profumi . un allenamento continuo in pratica.
Come si odora il vino: Ci sono molti modi per odorare un vino, ottenendo risultarti anche diversi. Incidono la vicinanza del naso alla superficie del liquido, il modo di agitare il vino, la temperatura, la forma del bicchiere, il livello di riempimento. Il vino contiene sostanze odorose che si volatilizzano (vapori idro -alcolici) e riempiono la superficie libera, del bicchiere mescolandosi con l ‘aria Se il vino viene agitato e l’imboccatura del bicchiere è stretta, la concentrazione dei vapori odorosi è superiore. Occorre ovviamente che nel bicchiere ci sia la giusta quantità di vino, vale la solita regola due quinti del bicchiere circa. In tre differenti modi si può odorare il vino:
a) annusare il vino senza agitarlo, l’odore percepito è di lieve intensità
b) annusare il vino dopo averlo agitato, onde aumentare l’evaporazione delle sostanze odorose (si dice “in senso antiorario”); ripetendo l’operazione non cambia i l risultato
3 nei casi dubbi o con vini difficili, si può agitare violentemente, quasi a rompere il vino con scosse irregolari. È l’ideale per i vini difettosi.
Alcuni assaggiatori sentono pure i profumi a bicchiere vuoto (soprattut¬to i grandi vini da conservazione).
Si inspira per 3/4 secondi, per 2/3 volte. Occorre percepire subito le impressioni, insistere serve poco, infatti abituandosi agli odori si perde in percezione (adattamento sensoriale).
In qualsiasi profumo percepiamo quattro valenze : intensità , finezza, franchezza, persistenza.
Per intensità intendiamo la quantità di profumo che deve essere ampia e immediatamente percepibile , per finezza intendiamo la qualità del profumo ovvero la sua eleganza e suadenza.
Per franchezza definiamo la pulizia assoluta del profumo , l’assenza di qualsiasi deviazione verso altri odori o
aromi diversi es . ridotto , svanito , ossidato , feccioso , agliaceo, volatile ( vedi finestra difetti profumo )
Definiamo infine persistenza l’effettiva durata del profumo che non deve assolutamente essere evanescente e sparire presto dal bicchiere .Quali sono le sostanze responsabili del profumo: Sono oltre 600 le sostanze volatili che contribuiscono alla formazione dell ‘aroma di un vino. Alcuni di questi composti aromatici presenti nei vini sono percepibili a concentrazioni bassissime, a livello di parti per milione (ppm), o addirittura di ppt, ossia millesimi di microgrammo per litro. Per una questione di praticità la complessa struttura aromatica di un vino è stata suddivisa, basandosi sulla loro origine, in tre gruppi di composti:
1) aromi varietali o primari che prendono origine dall’uva e che sono legati alla varietà della vite.
2) aromi fermentativi derivati dal metabolismo di lieviti e batteri nel corso delle fermentazioni alcolica e lenta.
3) aromi postfermentativi o da invecchiamento che derivano dalla evoluzione e dalla trasformazione degli aromi varietali e fermentativi durante le fasi di maturazione e di invecchiamento.
Passiamo ora alla pratica: Come riusciamo a percepire il profumo nel nostro vino. Agitiamo il bicchiere, annusiamo, abbiamo delle sensazioni ma non riusciamo a valutare molto , tutto ci sfugge oppure la definizione è troppo vaga. Inutile insistere , rischiamo ancora più confusione . Inoltre con l’arieggiamento e con il passare dei secondi i profumi si modificano . Ci vengono in aiuto gli studi della scuola di Beaune –Borgogna con i prof Leglise e Seagrist. E’ opportuno dapprima cercare di individuare le nove famiglie di appartenenza dei profumi del vino Esempio: fruttato – fiorale- erbaceo – legnoso – chimico- balsamico- animale –speziale-etereo. Poi si cerca di individuare i descrittori , ovvero limone , menta , vaniglia . Ma è difficile , occorre riferirsi a qualcosa di noto e conosciuto nel nostro vissuto olfattivo . All’inizio è fondamentale una guida, un collega con maggiore esperienza. Elenchiamo ora i descrittori percepiti dagli enologi con cui ho assaggiato i vini nel corso della mia attività professionale .
Nei vini bianchi : la banana – molti enologi la chiamano “bananone” -, oppure mela verde – limone acerbo , miele- arancio- tiglio. Nei vini rossi : le classiche note fruttate ovvero prugna, amarena, ribes, lampone.
La botte esalta le note terziarie : speziale, etereo , animale . In un confronto tra diverse annate di Barolo ( 1971-1990 ), di sicurissima provenienza ( vigneti Fontanafredda ) e conservato per 2-3 anni solo in grandi botti, un panel ha riscontrato i seguenti descrittori : rosa , nocciola , menta, , catrame , cuoio, canfora .
Negli spumanti a fermentazione in bottiglia : lievito di birra , pane raffermo , funghi secchi ,crosta di parmigiano. Nei Cabernet si percepisce facilmente il peperone verde , nei Sauvignon la classica foglia di pomodoro.
Per finire rileviamo che purtroppo siamo in presenza di autentiche esagerazioni giornalistiche, sul vino sono ormai tutti esperti, con il risultato che sulle pagine di giornali- anche a grande tiratura- sovente compaiono autentiche gaffes, a riguardo, soprattutto, dei profumi del vino. Il vero assaggiatore non inventa nulla , piuttosto cerca di percepire con l’aiuto di un assaggiatore esperto il profumo nascosto o non riconosciuto , è anche utile allenarsi con delle essenze che riproducono le sensazioni olfattive dei profumi che percepiremo nel vino. Purtroppo quelle in commercio sono di natura sintetica e spesso corrispondono solo approssimativamente all’etichetta.
Il gusto
ll gusto è l’ultimo senso che prendiamo in considerazione. E’ importante in quanto rappresenta l’ultima valutazione che facciano al vino e quindi condiziona il giudizio finale . L’organo del gusto e’ la lingua. E’ un muscolo mobile situato nella bocca e contiene gli organi recettivi del gusto stimolati dalle varie sostanze. Si tratta delle papille gustative, che sono disposte in modo irregolare sulla superficie della lingua (sulla punta, sul fondo ed in parte sui bordi, mentre la parte centrale ne e’ priva per cui e’ quasi insensibile). Esistono quattro tipi di papille: fogliformi, calciformi, funghiformi e filiformi. La loro funzione pare sia diversificata. Esempio le papille fungiformi situate sulla punta della lingua sensibili particolarmente al gusto dolce, ogni persona ne possiede da 150 a 400. La loro forma e’ quella classica del fungo del diametro di 1 mm, ma in ogni papilla poi sono contenute centinaia di bottoni gustativi che raggruppano ognuno decine di cellule gustative che ogni 4 -5 giorni si rinnovano. I meccanismi fisiologici alla base delle sensazioni del gusto sono abbastanza noti: tramite fibre nervose e in seguito attraverso la corda del timpano le sensazioni dolci, salate, amare, acide giungono al cervello. Ogni fibra e’ specializzata per portare una determinata sensazione anche se esistono fibre multiple. La saliva svolge un ‘importante funzione gustativa. E’ un liquido , quindi diluisce un po’ il vino , ma soprattutto l’ assunzione di un cibo e di un liquido porta a forte salivazione , aven¬do il liquido un PH quasi neutro, interviene a tamponare i vini acidi in misura eccessiva..
I sapori base
Sono a pochi anni or sono i sapori base o elementari per convenzione erano solo quattro: dolce, acido, amaro, salato. Dal Giappone è arrivato il quinto ovvero “umami” dal sapore agrodolce paragonabile a quello dei dadi di brodo. E’ un sapore ben presente nella cucina orientale , ricca di sapori molto complessi. Più o meno corrisponde al glutammanto sodico. Alcune ricette della cucina asiatica esaltano in modo particolare questo quinto e intenso sapore. Dove avviene la stimolazione per i sapori ? Un famoso disegno ,ripreso da tutti ,evidenziava una precisa topografia, un preciso schema-riprodotto in migliaia di pubblicazioni in merito – in cui il sapore dolce e’ percepito sulla punta della lingua, mentre il sapore acido e’ percepito ai margini su un’area abbastanza vasta, il sapore salato solamente sui bordi, mentre il sapore amaro e’ relegato su una piccola area al fondo dell’organo.) La parte centrale della lingua e’ insensibile perche’ priva di papille
Anche i tempi di percezione dei sapori variano. La percezione immediata riguarda i sapori dolci che persistono pochissimo (tempo max 2/3 secondi), subentrano poi i sapori acidi e amari che durano sino a 10 secondi, alla fine subentrano i sapori amari che tardano a scomparire. Sono anche detti retrogusti; affinchè’ il vino raggiunga la parte finale della lingua dotata di papille calciformi sensibili all’amaro e’ necessario deglutire.
Ma stando a recenti studi francesi pare che la diversità nella risposta delle papille gustative sulla lingua ai quattro sapori semplici sia minima , forse nulla.
Non esisterebbe insomma nelle papille gustative ” sensibilità specifica ai quattro sapori fondamentali “, anzi nello spazio gustativo del singolo assaggiatore c’è un continuo rimescolamento di sapori, in quanto le fibre che compongono le singole papille sono reattive verso stimoli molto diversificati ed in maniera poliedrica .
Le soglie minime
Come per i profumi anche per i sapori esistono le soglie di percezione variabili nei singoli individui in relazione a fattori già’ descritti. Vedi tabella. E’ indispensabile e’ l’allenamento e la pratica per poter distinguere i sapori a bassa concentrazione.
Il sapore dolce, importante nel vino per le varie sensazioni di morbi¬dezza e rotondita’, non e’ dovuto solo agli zuccheri del vino (in ordine fruttosio e glucosio, indi pentosani ), bensi’ a numerose altre sostanze, in primo luogo agli alcool etilico ed alla glicerina. Il sapore acido e’ dovuto agli acidi organici. Nel vino sono presenti l’acido tartarico, malico, citrico (provenienti dall’uva) e l’acido succinico,lattico, acetico (provenienti dai processi fermentativi), oltre ad acidi minori. Gli acidi del vino se allo stato libero sono i responsabili dell’acidita’ vera e propria espressa in Italia in gr/litro di acido tartarico, mentre la concentrazione di idrogenioni nel mezzo liquido e’ chiamata comunemente PH. Comunemente un vino ha un PH compreso da 2,8 a 3,8, quindi acido. Il sapore acido del vino non e’ solo in relazione agli acidi liberi presenti. Innanzitutto la saliva ha un effetto diluente e neutralizzante avendo un pH vicino alla neutralità’. Inoltre occorre valutare il potere tam¬pone delle varie soluzioni acide e la loro resistenza alle eventuali variazioni della concentrazione idrogenionica. Comunemente e’ accettato che l’acido malico e’ il più’ acido tra gli acidi del vino, seguito dal tartarico e dal citrico. L’acido tartarico da’ un sapore duro, il malico e’ aspro, il citrico e’ il più’ fresco. Ma anche questo dato è incerto , proprio il professor Luciano Usseglio -Tomaset, direttore dell’istituto sperimentale di enologia di Asti a seguito di ricerche sperimentali francesi, cercò dimostrare che i diversi acidi in soluzione nel vino, non fanno differenza sul piano organolettico, a pari valore di PH e di potere tampone. Varia ovviamente l’intensità del gusto acido , a seconda della quantità di ioni idrogeno che detti acidi liberano, ovvero al valore del ph , a sua volta condizionato dal potere tampone , ma la natura specifica dell’acido, ovvero tartarico o malico è ininfluente .Inoltre la quantità di sostanze acide presenti nel vino è solo un elemento che concorre alla valutazione dell’assaggiatore, non conta insomma il ph del vino, ma il ph che si verrà a formare nella cavità orale, ma qui interagiscono ben quattro elementi : ph del vino , quantità di saliva, stato generale dell’assaggiatore, temperatura. Un vino assaggiato dopo pranzo , quando la salivazione è abbondante dà una sensazione acida meno forte .Un vino assaggiato ad alta temperatura dà sensazioni acide più elevate . I sali danno gusto salato, nel vino sono presenti sali degli acidi organici e minerali, in dosi da 2/4 grammi litro, rappresentati comune¬mente dalle ceneri . Si tratta di solfati , carbonati , fosfati ,malati, tartrati. II sapore amaro, quasi inavvertibile nei vini bianchi, e’ dovuto alla pre¬senza di composti di origine fenolica –presenti nell’uva e comunque legata alla loro evoluzione in fase di conservazione del vino ( ossidazione e polimerizzazione). La sensazione di amaro e1 accompagnata quasi sempre dalla sensazione di astringenza ed e’ mascherata da un certo grado alcolico.Le due sensazioni spesso si confondono. Ma occorre distinguere , non si deve correlare la quantità di tannini espressa in grammi litro al sentore di astringenza percepita nella cavità orale.
Occorre infatti considerare lo stato di condensazione di detti tannini, ovvero la grandezza delle catene molecolari che si sono formate : se di livello medio la sensazione di astringenza aumenta, con catene molto grandi invece diminuisce .
Incide ovviamente la temperatura, per questo motivo un Barolo, un Medoc si assaggiano a 18-20 gradi.
Ma occorre anche valutare o il ruolo della saliva, dell’alcol, dei colloidi che interagiscono con i tannini, oppure i rapporti tra astringenza e fluidità del vino.
Le sensazioni tattili
La bocca, oltre alle sensazioni gustative, reagisce ad altri stimoli sensoriali: e1 dotata di sensibilità’ chimica che e’ una risposta di allarme delle mucose epiteliali all’aggressione di determinate sostanze.Il centro della lingua e diverse zone della bocca manifestano sensazioni tattili; come tutti i tessuti epiteliali sono dotati di sensibilità’ termica. Varie componenti del vino stimolano le sensazioni tattili:
– Astringenza : la mucina , proteina presente nella saliva viene coagulata dai tannini del vino. In tal modo le papille gustative non sono più’ protette ed e’ subito avvertibile la sensazione di rugosità’ e di astringenza.Immaginiamo di assaggiare un frutto acerbo –kaki- banana- o peggio dei carciofi crudi e immaturi. La reazione come sopradetto e’ in relazione al peso molecolare dei tannini , ovvero il loro stato di condensazione .
– Calore – e’ legata alla presenza dell’ alcol ed al suo rapporto con gli acidi.
– Pungente – e’ la sensazione dell’anidride solforosa che si sprigiona sulla lingua, creando un certo pizzicore. Se associata alla rugosità’ dei tannini e’ sgradevole.
– Caldo/ Freddo – può’ essere dovuta a particolari sostanze chimiche che generano sensazione di freddo, es. mentolo. Oppure legata alla temperatura del vino in assaggio.
Come si assaggia?
Dopo l’analisi olfattiva appoggiamo il sottile bordo del il bicchiere al labbro inferiore, ingeriamo un piccolo sorso di vino che lasciamo scorrere sulla parete lingua e poi quando arriva vicino alla faringe ingeriamo con un movimento di deglutizione . In un attimo percepiamo tante cose sul gusto del nostro vino: Il calore , l’acidità, l’astringenza , ma anche la struttura e il corpo, l’armonia e l’equilibrio dei suoi componenti , la persistenza gustativa e lo stato evolutivo . L’ultima sensazione sarà quella gusto-olfattiva detta anche “aroma di bocca” e dovuta a particolari composti del vino – es metalli o sostanza molto volatili – che possono stimolare la mucosa olfattive, oppure lasciare minimi residui sulle papille linguari. La percezione dell’acidità volatile in un vino è un caso classico di percezione gusto olfattiva. Se il vino è frizzante o spumante percepiremo anche la sensazione dell ‘anidride carbonica che si libera sulla parete linguare . “Pizzicorino “ è il lessico piu’ adeguato per descrivere detta sensazione di freschezza . Anche a bassi dosaggi = 500 mgr per lt di Co2 per lt . Concludiamo con un accenno alla persistenza.
Indica il tempo in cui le varie sensazioni permangono , pur modificandosi , nella cavità orale per poi lentamente diminuire e infine sparire. Possiamo misurare la persistenza del vino – detta anche P.A.I =persistenza aromatica intensa – in unità di tempo espressa in secondi . Cosi’ insegna anche la scuola francese che ha codificato il tutto – ma non è facile separare le varie impressioni , es l ’astringenza e l’amaro , o sentori di difettosità , restano a lungo in bocca e non dovrebbero essere considerati . Ma non è per nulla semplice , gli stessi autori sono divisi sul tema , forse E.Peynaud sintetizza bene il problema . “Siamo ancora lontani dal tempo in cui il cronometro diventerà strumento usuale dell’assaggiatore.”
Tabella
Soglie minime mede di percezione dei quattro sapori elementari verificate in panel aziendali e in diversi corsi degustazione.
Dolce =saccarosio : 1 gr. per lt – 50 % -assaggiatori . 1,5 gr.per lt – 80 %
Acido = acido tartarico : 0,200 gr per lt -70 % assagg.
Salato = cloruro sodio = 0,4 gr per lt — 90 % assagg.
Amaro = solfato di chinino 2 mg per lt – 70 % assagg