Il vino è la sommatoria di quattro cose, sosteneva sempre Luigi Veronelli: clima, terreno, lavoro e immagine.
La quarta valenza da anni è prevalente e crea sovente, stando la reale consistenza delle prime tre, il successo e il mito duraturo dei grandi vini.
Tra le componenti dell’immagine certamente che il cosiddetto packaging è un elemento essenziale della qualità e dell’immagine del vino: prima si guarda, si legge, si ammira, poi si stappa e di degusta.
La prima impressione condiziona le altre. “Si beve l’etichetta” insomma.
L’imprenditore non ha che l’imbarazzo della scelta in quanto si è assistito in questi ultimi dieci anni ad una vera innovazione qualitativa tra i materiali che “non sono vino o bagna” come dicevano i vecchi enologi: dal tappo esageratamente lungo, al vetro pesante dal bel colore oliva, all’etichetta intelligente, cromaticamente ineccepibile e completa di tutte le informazioni per il consumatore.
Tralasciamo i materiali innovativi per il packagin immessi sul mercato negli ultimi anni e lo sviluppo qualitativo dell’impiantistica e dell’automazione sulle linee di produzione. Oggi sono in grado di garantire processi al massimo delle performance per un packaging di elevato profilo.
Mi soffermo invece su un grave problema di carattere ambientale con il quale tutti gli imballaggi debbono fare i conti: il contenimento delle emissioni di anidride carbonica.
Non dimentichiamo il contenimento dei prezzi correlati alla crisi economica. Il costo dell’imballaggio è comunque rilevante e ricade in gran parte sul consumatore finale.
Il ministro dell’agricoltura Luca Zaia cerca risposte concrete: alimenti in formato maxi, senza pubblicità e con packaging essenziale. Con un risparmio sulla spesa del 30% circa.
I settori del vetro e del sughero sono i piu’ coinvolti. Di fatto hanno subito riposto.
La scelta di bottiglie minimali nel peso e nella forma è acquisita. La bottiglia pesante, in vetro scuro di oltre 900 grammi si utilizza sempre meno. Anche nello Champagne si è già iniziato ad alleggerire la bottiglia. Per il settore del sughero, l’incremento delle grandi foreste verdi a salvaguardia di un ambiente e di un clima sempre più compromessi, è da tenere nella massima considerazione.
Anche per gli uccelli migratori dell’Estremadura che troveranno habitat ideale per la nidificazione, anche per gli estimatori del mitico “Patanegra”, il celebre “ Jamon Iberico”, un prosciutto crudo ottenuto dal maiale nero, allevato esclusivamente a ghiande nelle grandi foreste della Spagna.
I fornitori di cartoni stanno cercando alternative valide all’eccellente carta marchio K (Kraft) essendo ottenuto da cellulosa pura, quindi dalle grandi piantagioni arboree del nord Europa.
Paolo Araldo, contitolare della Belbo Sugheri, due anni fa ha inaugurato il nuovo stabilimento a Calamandrana (AT) per la produzione di tappi naturali. Cosi racconta: “Per fare fronte al nostro fabbisogno energetico, da alcuni mesi è in funzione il nuovo impianto fotovoltaico, con 216 pannelli al silicio, posti sul tetto, che trasformano la luce solare in energia a impatto ambientale zero. Ovviamente non c’è ricorso a petrolio o carbone, sostanze notoriamente inquinanti e comunque non disponibili all’infinito. Attualmente fornisce il 49% del nostro fabbisogno energetico, con stabilimento a pieno regime”.
IL Consiglio interprofessionale del vino di Bordeaux ha previsto una riduzione delle emissioni di gas serra, da parte della filiera nei prossimi cinque anni pari a 30.000 tonnellate (- 15%). Tra i vari provvedimenti: l’alleggerimento delle bottiglie, il miglioramento della lavorazione del vetro (la voce più incidente), l’ottimizzazione dei carichi e trasporti.
Piu’ semplicemente se vale il principio che “Il rifiuto migliore è quello che non esiste“, qualcuno propone persino il lavaggio e conseguente recupero delle bottiglie in vetro.
Un ritorno agli anni ’60 del secolo scorso quando il vetro a rendere era una procedura normale in molte cantine?
Il problema è piu’ complesso: in teoria una bottiglia in vetro su un vino tranquillo o frizzante (quindi non spumante) si può riutilizzare 50 volte, ma l’estetica, quindi l’immagine è compromessa dai lavaggi caustici e dalle abrasioni. Si tratta del cosiddetto “scuffing” ben noto alle acque minerali e ai birrai.
Ovviamente si possono trovare soluzioni, in genere gli impianti di lavaggio del vetro, trattano nuovamente le bottiglie con trattamenti esterni a base di cere sintetiche o trattamenti più sofisticati, una specie di ringiovamento estetico. I risultati sono in genere buoni.
Alcune cantine comunque producono vini in vetro a rendere anche per il 50% della loro produzione.
Vantaggi: contenimento costi. Svantaggi: gestione dei vuoti, trasporti, rotture e usure, nonché costi di lavaggio. Vediamo nell’ordine i singoli materiali usati per il packaging.