Oggi tutto è cambiato.
I profumi del vino sino a quindici-venti anni fa si descrivevano con termine molto semplici: vinoso per quello giovane ed etereo per quello vecchio erano gli aggettivi più usati. Solo per qualche alterazione, oppure per una malattia la descrizione del profumo era più precisa: sa di fondo, sa di botte, tende all’acescenza.
Oggi in quasi tutte le cantine per comunicare le sensazioni olfattive percepite si usa un linguaggio diverso: “les fleurs dans le verre” è stato scritto. Le infinità di sensazioni, che percepiamo con il naso, vengono descritte nel modo più appropriato e articolato, a sottolineare l’importanza del profumo per il giudizio finale qualitativo del vino.
Purtroppo siamo in presenza di autentiche esagerazioni giornalistiche, sul vino sono ormai tutti esperti, con il risultato che sulle pagine di giornali- anche a grande tiratura- sovente compaiono autentiche gaffes, a riguardo, soprattutto, dei profumi del vino. Ogni descrizione è lecita: dall’odore di pelliccia bagnata, ai sentori di un fiore tropicale che nessuno conosce e magari è anche inodoro.In molti poi sentono la liquirizia che come è noto si percepisce solo per via retronasale. Per fortuna al di là degli artifici lessicali, sul piano delle conoscenze scientifiche, si sono fatti passi enormi negli ultimi dieci anni; oggi l’ enologo dispone sui profumi di una mole di conoscenze sorprendente: come nascono, come interagiscono, come si evolvono, soprattutto come intervenire in cantina per modificarli e migliorarli anche in funzione delle diverse esigenze del mercato.
Ormai è tutto noto o quasi.
Iniziamo dalla percezione: agitiamo il bicchiere, annusiamo, abbiamo delle sensazioni ma non riusciamo a valutare il profumo.Inutile insistere, siamo ancor più confusi.
Inoltre con l’arieggiamento e con il passare dei secondi i profumi si modificano.
E’ opportuno dapprima cercare di individuare le nove famiglie di appartenenza del profumo
Esempio: fruttato – fiorale- erbaceo – legnoso – chimico- balsamico- animale –speziale-etereo.
Poi si cerca di individuare i descrittori; è più difficile, occorre riferirsi a qualcosa di noto e conosciuto nel nostro vissuto olfattivo.
All’inizio è fondamentale una guida, un collega con maggiore esperienza
In California nell’università di Davis la prof. Anne Noble ha ideato la famosa” ruota dei profumi”, ove sono riportate in circolo tutti i possibili termini o descrittori dei profumi del vino. Con l’ausilio di questo originale strumento l’assaggiatore ricerca nel bicchiere prima la tipologia generica del profumo (fruttato), poi la sottofamiglia specifica ( bacca) ed infine- se riesce a percepirlo – il frutto vero e proprio ( lampone).
Vediamo ora i profumi maggiormente percepiti dagli enologi o da assaggiatori professionali nelle varie degustazioni in cantine e non.
Senza inventare nulla
Nei vini bianchi: la banana – molti enologi la chiamano “bananone” – classica dei vini fermentati a bassa temperatura, oppure mela verde – limone acerbo, mentre nel moscato si percepiscono miele- arancio- tiglio – ovvero i terpeni del moscato.
Nei vini rossi: le classiche note fruttate ovvero prugna, amarena, ribes, lampone dei Dolcetto e Barbera appena svinati
Negli spumanti a fermentazione in bottiglia: lievito di birra, pane raffermo, funghi secchi, crosta di parmigiano.
Consideriamo anche quelli caratteristici correlati ai vitigni internazionali, oggi presenti anche sulle colline piemontesi
Cabernet = erbaceo- peperone verde
Sauvignon = la classica foglia di pomodoro
Ancor più interessanti sono i profumi del vino in relazione al processo di cantina
La fermentazione dei bianchi ad alta temperatura, oppure se avviene rapidamente, sviluppa odori di gomma bruciata, frenata di camion.
La crioconcentrazione nei moscati dona inconfondibili profumi di salvia, rosmarino, basilico ovvero erbaceo- aromatiche.
La fermentazione malolattica modifica in parte il profilo aromatico dei vini: pietra focaia nei bianchi secchi, mentre nei rossi per un certo periodo si sente odore metallico- stracchi di officina meccanica; nell ‘Asti spumante al profumo fiorale subentrano poco gradite note di burro ovvero diacetile.
La botte esalta le note terziarie: speziale, etereo, animale.
In un confronto tra diverse annate di Barolo ( 1971-1990 ), di sicurissima provenienza ( Serralunga- Fontanafredda ) e conservato per 2-3 anni solo in grandi botti, un panel ha riscontrato i seguenti descrittori: rosa nocciola, menta, vaniglia, catrame.(1 )
La barrique, se nuova, invade il vino con il sentore di legno che con il tempo evolve verso note dolci: confettura –alcolati- pasticceria.
Spesso l’enologo si imbatte in difetti, alterazioni e malattie nel vino.
I fitofarmaci residui nell’uva danno mosti bianchi in uscita presse e odori al mosto di fenico- farmacia. Il ferrocianuro, se in eccesso, cipolla, aglio, il sorbato dona note vegetali –geranio.
Un caseinato o una bentonite di discreta qualità? Odore di latte –caseoso, frescume- terroso.
Il carbone decolorante in eccesso può ricordare lo svanito e il chimico mentre se si filtra a cartoni senza prelavaggio si rischia odore di carta, chimico, farmacia.
Abbiamo poi il fenomeno ridotto nelle cento varianti: il classico sa di fondo, poi frescume, uova marce, solfidrico, silos, oleoso, mercaptano.
Le differenze olfattive sono legate al tipo di composto solforato che si è formato. Può essere stabile oppure non; ma è pur sempre un problema, anche organolettico, di non facile soluzione.
Spesso aggiungiamo solfato di rame, spesso peggioriamo la situazione, anche a livello di profumi.
Alla famiglia del ridotto si può anche ascrivere l’odore di brodo vegetale, cavolo cotto, crauti, vegetale sgradevole, che presentano alcune volte gli spumanti appena imbottigliati.
Si tratta in genere di disolfuri prodotti dai lieviti in difficoltà per la pressione o carenza ossigeno / azoto.
Un eccesso di acetaldeidi negli spumanti in autoclave provoca la formazione di profumi deviati del tipo brodo vegetale, tralcio verde.
Spesso troviamo nel vino, soprattutto in quello invecchiato, “puzzette” indesiderate e soprattutto impreviste. Le cause: botti o doghe vecchie, inquinate da brettanomices o altri microrganismi , spesso tartrati o resine epossidiche staccati dalle pareti con insidiose sacche di vino..ect..ect…
Oppure tubazioni mal lavate, scarsa igiene linee imbottigliamento, botti o inox con residui sanitizzanti.
Veniamo ai difetti in bottiglia: Se il vino è mal pastorizzato presenta di norma un profumo “bloccato e fermo”: cotto, calce, vernice bianca. Alcune volte si nota il mal della bottiglia,ovvero leggero svanito per le prime settimane.
Se la solforosa è insufficiente, soprattutto se l’hanno bruciata tutta i perossidi residui dei tappi,
se la vit. C è in eccesso e non trova solforosa libera in sufficienza, se i metalli sono alti. arriva lo
svanito, il vino perde il fruttato-fiorale ed emergono note di solvente – gomma –plastica.
Soprattutto il profumo è piatto e poco intenso.
Con il tempo il vino diventa osssidato- maderizzato: arriva il “cotto”, confettura e frutta matura e poi la classica bachelite, ovvero plastica anni 50.
In un rosso troviamo un profumo di boisè eccessivo, con scarsa finezza e franchezza.
Probabilmente abbiamo aggiunto troppi tannini di quercia, magari di qualità discreta, magari ci siamo lasciati attrarre da scorciatoie: trucioli e simili.
Spesso un vino rosso evolve troppo, prendiamo un Barolo molto invecchiato
Dapprima frutta secca, canfora, cuoio, poi la classica bistecca grigliata o grillè,infine magari dopo 20 anni di bottiglia le note marsaleggianti.
Parliamo di odore di tappo: Distinguiamo il tricoloroanisolo – t.c.a.- ovvero quello vero dovuto a tappi difettosi in foresta o sugherificio dall’ inconfondibile odore di segatura bagnata o legno marcio.
Per fortuna è raro, infatti è il falso odore di tappo che domina il naso.
Si tratta di altri cloroderivati formatisi in qualche momento della complessa filiera: ovvero muffa, plastica, gomma, medicinali, legnoso, chimico.
Quante confusioni a livello commerciale !
Usiamo tappi in plastica oppure misti sintetici e …. rischiamo lo stesso: ecco la casistica desunta da colloqui con colleghi o prove dirette: farmacia, gomma, amaro-medicinale, fumo – svanito in genere.
Un accenno ai nuovi problemi mondiali in fatto di profumi, due sole sigle:
Uta ovvero nota di invecchiamento atipico frequente nei vini bianchi a seguito evoluzione irregolare.
Pare sia causata da stress nel vigneto e da poco azoto in fermentazione.
Viene studiata dalla stazione tedesca di GHEISHEINEIM.a sensazione è quella di un vino ossidato
Tdn ovvero odore di idrocarburo- nafta.
Riscontrato nei Sauvignon della Nuova Zelanda e in altri bianchi dell’emisfero sud
Sembra legato al processo fermentativo.
E’ un composto che preoccupa i tecnici in quanto non facilmente prevedibile.
L’analisi dei profumi del vino a livello strumentale sta facendo passi enormi, acquisendo ogni giorno maggiore l’importanza.
Accenniamo doverosamente agli studi sugli aromi del moscato del compianto Usseglio Tommaset.
Negli Anni 70 con i primi gascromatografi effettuo importanti studi sui terpeni, ancora oggi di stretta attualità.
Ma negli ultimi anni la chimica strumentale è di validissimo aiuto e dall’ accostamento gascromatografia -olfattometria si otterranno risultati interessanti. Ormai si riescono ad analizzare nel vino moltissimi composti volatili: esteri, aldeidi, alcoli superiori, acidi grassi, fenoli liberi, responsabili dei profumi.Ma ad un principio attivo che profumo corrisponde? Se è in sinergia con altri? Se viene trascinato in forma gassosa, dalla colonna gascromatografia al naso di un assaggiatore, si possono registrare le impressioni sensoriali; si fanno i dovuti confronti e si cercano le eventuali correlazioni. Ormai molti composti chimici non solo hanno un nome, ma anche un profumo di riferimento. Citiamo solo il 2 fenil- etanolo che ricorda nettamente la rosa, oppure l’aroma erbaceo di foglia di pomodoro facilmente riconoscibile nei Sauvignon dovuto al 4 mercaptone. I prossimi anni riserveranno tantissime scoperte.
Ultimo grido: le metallo- porfirine ovvero sensori metallici in grado di captare o escludere aromi speciali da qualsiasi provenienza: vino, olio, birra, cioccolato
Il naso artificiale non è più virtuale ?
Lorenzo Tablino
Finestra
Quel goudron che non trovo più
Fontanfafredda- estate 1970
Ricordo in modo particolare un assaggio di Barolo.
C’era il dott. Giuseppe Crestodina, il compianto direttore tecnico di Fontanafredda dal 1961 al 1973.
C’erano due grandi barolisti in quell’estate di trentadue anni fa, in una saletta di degustazione sono arrivati Bartolo Mascarello e Battista Rinaldi
Oltre al sottoscritto, allora giovanissimo enologo da pochi mesi assunto.
La mia testa era altrove.
In quella calda estate del ’70 ad Alba e in provincia si era ancora in clima da ’68 e proprio in quei giorni la Ferrero veniva occupata dalle maestranze..
Ricordo alcuni Barolo 61 e 64 tra cui un Pio Cesare e un Fontanafredda- selezione cavalieri del tartufo.
“Questo è il goudron ” disse Crestodina mentre Rinaldi e Bartolo assentivano sorridendo.
“Guardate il colore, ecco i riflessi senape”.
E sottolineò “ il profumo sembra la strada asfaltata con il catrame caldo”, alcuni dicono liquirizia nera, ricordate i bottoni da prete, oppure violetta, mammola, questo è il Barolo vecchio”.
Peccato ! Prestai poca attenzione alle parole quei tre grandi saggi.
Due sere dopo ci fu la mitica partita di calcio Italia –Germania….. gli ultimi minuti con Riva, Rivera e…..quel 4 a 3 da cardiopalma.
Ma quei meravigliosi profumi dei Barolo non potrò dimenticarli.
ANALISI SENSORIALE PER IL CONTROLLO QUALITÀ
Oggi, in molte cantine, piccole o grandi che siano, è operativa la procedura più o meno complessa ed articolata detta in gergo “controllo di qualità”.
Storicamente il controllo qualità nasce in USA per le forniture all’esercito -anni ‘40 – e in Giappone per definire le specifiche dell’industria manifatturiera -anni ‘50. In Italia nella grande industria alimentare si sviluppa negli anni sessanta, mentre la sua apparizione nel settore vinicolo è più recente.
In realtà è stata la pressione degli esportatori o della grande distribuzione a convincere gli imprenditori del settore ad avviare le pratiche per la certificazione di qualità Iso-Vison
A tal fine è indispensabile tenere sotto controllo in cantina tre fattori prioritari : materiali , processo , prodotto . Lasciamo da parte materiali e processo e prendiamo in considerazione il prodotto. Tra gli strumenti di valutazione di un alimento l’analisi sensoriale è importantissima e prioritaria. Occorre in definitiva conoscere a quale livello qualitativo è arrivato il nostro vino . Chi assaggia e di conseguenza esprime giudizi? L’enologo, il direttore commerciale, l’imprenditore? Ognuno è interessato, pertanto ci possono essere molti elementi soggettivi che condizionano in vario modo il giudizio. Non si possono avere due ruoli: avvocato difensore e il pubblico ministero accusatore .
Pertanto occorre evitare giudizi emotivi e condizionati, pertanto parziali e soggettivi; occorrono valutazioni il più possibile oggettive, quindi rappresentative ed utili .
Lo strumento da utilizzare è il cosiddetto panel d’assaggio. Si tratta di un gruppo di persone che, su campioni rigorosamente anonimi, esprime un giudizio sul nostro vino confrontato con la concorrenza. Il gruppo di assaggio deve avere collettivamente caratteri precisi: ottima capacita’ sensoriale, eterogeneo, rappresentativo, attento e partecipe .
Puo’ essere esterno all’azienda oppure interno. E’ indispensabile, inoltre, che i componenti del panel siano motivati e conoscano comunque la tecnica dell’assaggio.
Pertanto sono necessari adeguati corsi di formazione. Dapprima riguardo l‘analisi sensoriale moderna generale, in seguito incontri o riunioni per valutare attitudini e predisposizioni individuali all‘assaggio o per vari approfondimenti.
Per la composizione, se si fa riferimento solo ai dipendenti azienda, occorre scegliere proporzionalmente tra operai, impiegati, dirigenti in modo da avere tutte le componenti rappresentate.
Il numero dei componenti deve essere ovviamente dispari, in genere 5, oppure 7.
Occorreranno locali adatti e strumenti idonei all’assaggio .
Il numero di campioni da esaminare non superi quota venti per evitare la solita stanchezza. Di norma un panel si riunisce una- due volte settimana.
Ora indicata: undici del mattino .
Periodicamente è necessario che i componenti del panel si testino.
Può succedere infatti che , con il tempo e per motivi diversi , qualcuno perda capacità sensoriale, ovvero esprima giudizi troppo distanti dagli altri componenti , oppure non supera facili test .
In tal caso, spontaneamente, lascia il panel e viene sostituito.
Veniamo ora alla valutazione globale dei risultati .Ognuno assaggia e giudica i vari campioni , al termine si può discutere e confrontarsi ma non si possono rivedere i giudizi.
Come esprimere il giudizio ?
La valutazione potrà essere in ventesimi o centesimi , a mio parere sono da evitare schede di degustazione complesse e difficili da elaborare, meglio il vecchio sistema Buxbaum in ventesimi , oppure le schede non strutturate .
Alcune avvertenze : È bene partire da un campione noto a votazione conosciuta secondo le indicazioni di vari consorzi ed associazioni .
La vecchia regola di scartare il voto più basso e il più alto non ha più validità .
Utilizzo un parametro indicativo per valutare se il panel lavora bene :Il giudizio omogeneo.
Accetta di norma un ventesimo di scarto in alto o in basso rispetto alla media del panel.
Con un po’ di allenamento il giudizio del panel è attendibile per valutare la qualità del nostro vino.
Se il giudizio è positivo saremmo contenti e un po’orgogliosi, se negativo sarà senz’altro uno stimolo per migliorare.