“Ormai la barrique è diffusa in Langa , entrerà a fare parte della tradizione del territorio, come ne passato tutte le innovazioni riuscite” .
Queste ed altre considerazioni al castello di Verduno , in una delle cantine storiche del Barolo, con me le proprietarie , le sorelle Elisa e Gabriella Burlotto .
Tra quelle mura, intorno al 1840, un generale enologo tento un importante innovazione al Barolo da rosato e dolce a secco e rosso rubino
Un’innovazione allora , una certezza oggi .
Lo stesso paragone vale per la barrique ? Penso di si , ormai al di la delle discussioni e dei tanti ragionamenti l’unico dato certo è questo : la diffusione della barrique in tante cantine .
Contemporaneamente ,in molte cantine piemontesi, si stanno diffondendo pratiche enologiche effettuate con o senza ausilio di strumenti che, in ogni caso, per gli scopi che si prefiggono possono essere considerate “un alternativa alla barrique” .
Quali motivi ? precisiamo che l’acquisto , la sistemazione , l’utilizzo , la manutenzione e per ultimo l’eliminazione della piccola botte di rovere da 225 litri , di origine francese , se rispondono a tendenze precise di mercato , pongono all’imprenditore vinicolo una serie di complessi problemi di natura economica e tecnica .
Il costo iniziale è elevato , periodicamente , ogni sei – otto anni vanno sostituite , la manutenzione e l’igiene, spesso i problemi di spazio e di collocazione in vecchie cantine non sono di facile soluzione .
I vantaggi sono noti: stabilità e miglioramento del colore , gusto un po’ più strutturato , migliore evoluzione del vino , caratteri di boise ricercati dal mercato internazionale , ovvio che si parta da uva eccellente e l’utilizzo in cantina del legno sia intelligente .
Un precisa e critica valutazione tra costi e vantaggi ha portato in questi anni all’elaborazione di numerose pratiche e procedure di cantina che per gli scopi che si prefiggono possono essere considerate vere e proprie “alternative alla Barrique”.
Vediamole nello specifico :
1 – Trucioli di legno:Di moda alcuni anni fa , oggi un po’ in ribasso , ma alcuni li usano e in modo massiccio .
Anziani enologi , mediatori , commercianti restano perplessi , qualche volta ironizzano pure : l’utilizzo dei trucioli non è assolutamente una novità, anzi si tratta di una pratica antica e molto diffusa , la novità sta nel risultato che si vuole ottenere oppure non ottenere .
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Una volta si usava solo legno di pioppo considerato assolutamente neutro, non doveva cedere nulla , oggi si usa solo legno di rovere in quanto deve cedere tutto .
La granulometria e la tostatura dei trucioli variano sensibilmente .
Si utilizzano in dose di 150.300 grammi per quintale , il tempo di contatto varia da a 4 settimane in genere . Il vino è opportuno sia stabilizzato precedentemente.
A parte il fatto che sono illegali nella Cee , faccio presente che il sapore legnoso che conferiscono non è per nulla stabile, anzi può deviare verso note olfattive “pesanti “e con il passare degli anni , verso un gusto “di amaro” per nulla piacevole .
I vantaggi più certi sono sulla stabilità del colore .
Una recente legge , ripresa da alcuni quotidiani evidenzia limiti di cessione dei contenitori a contatto con il vino 5 ppm –litro- mese . Aumentano in tal senso i problemi legali .
2 – I tannini enologici : di varia origine e tipologia , quelli ottenuti dal legno di quercia di rovere sono i più interessanti .
Occorre molta attenzione nella scelta, di fatto le proposte del mercato sono molte e non sempre gli esiti rispondono a quanto dichiarato sulla confezione .
Precisiamo subito che raramente stabilizzano il colore , in quanto non reattivi con gli antociani, solo quelli di Mimosa e legno di Qebraccho –pianta messicana ndr – rispondono, parzialmente, a tale scopo .
In Australia stanno sperimentando , con successo, i tannini ottenuti dai vinaccioli , sono molto reattivi con gli antociani e danno composti molto stabili nel tempo .
In genere l’utilizzo dei tannini enologici dona al vino in ottimo gusto” boisè “ e garantisce al prodotto , quasi sempre ,migliore evoluzione .
I dosaggi variano da 20-30 grammi per ettolitro .
Si usano, a secondo dei fabbisogni, in vendemmia, in conservazione e anche pre- imbottigliamento , prima della filtrazione finale .
3 – Assi e legno in acciaio In bel serbatoio inox ,con tanti accessori , coimbentato valvole a farfalla , ma dentro contiene “incollate alla pareti “delle assi in legno di rovere , quasi doghe di rovere di vecchia memoria.
Per cosa? Per dare gusto di legno ,è ovvio !!
Una brillante scorciatoia !
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4 – La microssigenazione : dosare l’ossigeno adagio, adagio, come avviene nella conservazione in barrique .
E ‘ la “microboulage” , proposta all’INRA di Montpellier, dal prof Moutonet , nel 1995.
Se il vino ha un consumo medio di ossigeno di 5 ppm per litro al mese perchè non darglielo direttamente senza tanti problemi e spese .
Si risparmiamo i soldi per l’acquisto del legno nuovo , i cantinieri hanno meno lavoro, eco
Troppo facile , è proprio il caso di dire.
Le procedure di cantina rappresentano un grosso problema , è difficile dosare l’ossigeno , i brevetti francesi delle pompe dosatrici non sono sempre disponibili , esistono impianti italiani con risultati non sempre ottimali ; occorre che il gas sia “polverizzato”in micro- bolle a diametro ridottissimo e comunque diffuso dal basso del vaso vinario con utilizzo di candele porose , riduttori di pressione , valvole regolatrici e iniettori di eccellente qualità .
In caso contrario , come avviene in molte cantine o con impianti improvvisati , l’ossigeno si “sale” o meglio si concentra in cima al recipiente con più danni che vantaggi .
Se non si ha certezza del dosaggio , con un impianti garantiti e affidabili si rischiamo sovradosaggi di ossigeno che in fase di invecchiamento avrebbero conseguenze gravissime sul vino , in particolare a carico del colore e del profumo .
Infine è bene ricorrere all’ossigeno puro in bombole , l’utilizzo dell’ossigeno atmosferico è sconsigliato , anche in considerazione delle limitate quantità in uso .
Inoltre non è detto che una procedura di cantina ,nata espressamente per i vini, spesso mediocri ,del Midi France ,debba per forza andare ben in tutto il mondo .
5 – I volumi moderni : 22-30 ettolitri , ovvero “la vendetta della vecchia vecchia”.
La battuta gira da alcuni mesi , nell’ astigiano e nel cuneese è tutto un acquisto di botti il rovere . I tecnici scelgono il formato di 25-35 ettolitri .
Il legno ovviamente è di rovere , oggi alcuni tecnici preferiscono quello francese del Limousin rispetto al tradizionale Slavonia .
Secondo alcuni le cessioni di polifenoli da parte del legno francese è minore , inoltre sarebbero di tipo meno aggressivo ,sul piano organolettico .
La questione, per quanto di mia conoscenza , sarebbe da approfondire , inoltre c ‘è da chiedersi quale garanzie ci sono sulla reale provenienza geografica del legno .
I vantaggi nell’ acquisto di botti di media capacità : costi di acquisto minori , spazi meglio utilizzati , durata elevata , immagine tradizionale meglio vendibile e altri minori .
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Il gusto boisè è lo stesso assicurato , nessun enologo oggi si sogna di abbonire una botte piccola o grande che sia .
Sentiamo anche il parere della ditta Gamba storica azienda di Bottai di Castell ‘Alfero in provincia di Asti .
“E’ vero , oggi si vendono bene le botti da 25 ettolitri . Per tanti motivi: praticità , comodità nei travasi ,venticinque è multiplo di cento ; inoltre si adattano bene anche agli spazi ridotti delle piccole cantine.
I costi sono limitati rispetto alla barrique, pur considerando solo un età media della botte di 25-30 anni .
Aggiungo che una botte da 25-35 ettolitri si può stasare almeno una volta.
Le cessioni di ” boisè” sono di ottima qualità , in particolare se si utilizza legno di provenienza francese .”