“Barbera… Barbera…siam tutti figli tuoi…”
Quante canzoni hanno reso popolare la Barbera? Quanti poeti e scrittori ne hanno tessuto le lodi? Quante definizioni e aggettivi sulla Barbera? Popolare, tradizionale, quotidiana, rustica e vigorosa.
Barbera: protagonista eccellente di vecchie osterie, fonte d’immediato sollievo per i momenti di gran fatica nei campi e nelle vigne per le classi rurali, vino alimento e piacere nelle grandi periferie urbane e industrializzate. Barbera è uno dei vini che mi sono rimasti, meglio impressi nella memoria: vendemmie, vinificazioni, assaggi, contratti acquisto e discussioni. Ricordi poliedrici, coinvolgenti, intriganti con tanti personaggi che hanno amato la Barbera: Amilcare Gaudio era -a mio avviso – il miglior appassionato del Barbera, lo capivi appena entravi nella sua cantina a Vignale. Giacomo Bologna, il creativo per eccellenza, il trascinatore del barbera.
Ho incontrato Beppe Colla, Michele Chiarlo, Gigi Rosso, imprenditori che quando parlano di Barbera lasciano sempre qualcosa della loro grande esperienza sul Barbera, ho ascoltato con attenzione molti enologi: Francesca Cima, Pier Luigi Sandri, Giuliano Noe, Armando Cordero, un cantiniere di Valle Scuropasso, in provincia di Pavia, mi aiutò a capire che la Barbera può diventare anche un vino da lunga conservazione.
Aggiungo che la Barbera è sempre avvolta, direi arricchita, da una miscela d’incredibile umanità: osti, mediatori, autisti, cantinieri, spumantisti, faccendieri, terzisti, bottiglionisti, rivenditori e…grandi bevitori.
Storie incredibili, racconti al limite della credibilità, in cui la protagonista eccellente era sempre lei: la Barbera. Maschile o femminile che sia, è uno dei principali vitigni a bacca nera del Piemonte, il piu’ coltivato nelle province di Asti e Alessandria. Un vino molto versatile che oggi assume ad un nuovo risorgimento grazie ad un netto miglioramento qualitativo ed ad una nuova immagine correlata all’ottenimento di due docg e all’intelligente attività promozionale di numerosi enti pubblici e privati.
La storia
L’uva e il vino Barbera non hanno molta storia antica documentata. Giorgio Gallesio, noto ampelografo del sec XIX, nella sua “ Pomona Italiana”, parla del Barbera come di “Vitis Vinifera Montisferratensis”. Nel 1514 nei catasti di Chieri, si parla per la prima volta di vigneti di Barbera. Un’altra traccia si troverebbe in un documento del XVII secolo, conservato presso il Municipio di Nizza Monferrato (Al). Nel medesimo secolo nelle carte del Capitolo di Casale- (Al) si testimonia l’affitto di un terreno con l’impegno di piantare “de bonis vitibus berbexinis”. Potrebbe trattarsi, con molta probabilità, del nostro Barbera. Nel 1685, il conte Francesco Cotti dice di aver fatto pervenire da Asti dei “magliuoli” di Barbera, vale a dire dei tralci impiantati per ricavarne piante nuove, da piantare in un suo vigneto di Neive. Questo fatto ci fa capire come ancora alla fine del 600 il vitigno Barbera non fosse presente nelle terre di Alba, altrimenti perché il conte Rotti si sarebbe accollato le spese e il disagio di acquistarli in territori così lontani dalla sua proprietà. Nel corso del 700 la Barbera conosce una rapida espansione soprattutto in Astesana, Monferrato, Alessandrino, Tortonese, Vercellese e Novarese, invece in Langa si diffonderà in tempi relativamente recenti, verso il 1860-1870 come testimonia Lorenzo Fantini, nella sua “Monografia sulla Viticoltura ed Enologia nella Provincia di Cuneo”. Nel 1798 nell’elenco dei vitigni piemontesi redatto dal conte Nuvolone della Società Agraria di Torino, entra la Barbera. Il vero incremento nella diffusione del barbera in tutto il Piemonte fu il reimpianto dei vigneti su piede americano a causa della filossera. Il vitigno si dimostrò resistente e di alta produttività. Infine citiamo che era consuetudine in alcune zone rurali del nord Italia, in passato assumere un preciso cognome secondo delle specie vegetali coltivate o in funzione dell’arte professionale. Parecchi viticoltori adottarono il nome Barberis, in funzione dell’uva barbera coltivata, col tempo divennero Barbero.
Il vitigno
Facile da lavorare, buona resa nel vigneto: i viticoltori, sino agli anni ‘50 del secolo scorso, avevano molti motivi per preferirla nel reimpianto delle vigne. Nell’Albese era senz’altro preferita al nobile nebbiolo. Atri vantaggi: poco sensibile al gelo, ai venti e alle nebbie primaverili. Sopporta peronospora e oidio, poco marciume e tignola. Matura ad inizio ottobre, ma in annate difficili stenta a completare il processo di maturazione. Germoglia in epoca medio-precoce. In autunno si riconosce facilmente per il caratteristico colore rosso violaceo che assumono le foglie. L’uva dall’acino color viola, a forma tonda, ha la buccia ricca di antociani (malvina in particolare), ma i vinaccioli non hanno molti tannini, mentre la polpa è ricca di acidi.
Il territorio
Il vitigno Barbera è coltivato in vaste aree del nord – centro Italia. Piemonte in particolare, ma è ben presente in Liguria, Emilia Romagna, in modeste aree anche in Toscana e Veneto. In Piemonte è l’uva maggiormente a dimora: sono 9 le d.o.c. e 2 le docg, tutte le denominazioni hanno riferimenti territoriali. Sono oltre 12800 ettari per oltre 500.000 hl. Le doc: Barbera d’Alba, Barbera Monferrato, Canavese Barbera, Colli Novaresi Barbera, Coste della Sesia Barbera, Colli Tortonesi Barbera, Gabiano, Rubino di Cantavenna, Pinerolese Barbera, Piemonte Barbera. Barbera d’Asti e Barbera del Monferrato superiore sono le sono le recenti docg. Citiamo ancora livello nazionale altre doc: Oltrepò Pavese Barbera, Barbacarlo, Botticino, Cellatica, Colli Piacentini Gutturnio, Terre di Franciacorta Rosso. Dove sono ubicati i migliori territori del Barbera? Ogni territorio avocato dona qualcosa al Barbera, lo sanno bene i mediatori e i commercianti. Limitiamoci alla doc Barbera d’Alba. Quella di Monforte – Serralunga d’Alba ha molto colore, come in genere la Barbera dei paesi vicini, quella di Govone, Guarene e Castellinaldo ha, invece, molto eleganza. Invece il terrior per eccellenza per la Barbera d’Asti è quello compreso tra i comuni di Montegrosso d’Asti, Vinchio, Vaglio, Castelnuovo Calcea, Agliano, Nizza Monferrato, Monbercelli. Si producono Barbere ricche di potenza, estratto, acidità, colore. E’ il triangolo magico tra i fiumi Tanaro e Tiglione conosciuto da molti decenni dai vecchi mediatori di uve. E’ un terroir speciale in cui natura del terreno e microclima in primis, s’integrano con altre valenze: storia e tradizioni, cultura e personaggi. Infine il paesaggio particolare, tutto collinare con aree boschive, coltivazioni diversificate, ambiente tutelato, politiche ecologiche. Dal 2000 sono state legalmente definite tre sottozone molto avocate, con la possibilità di menzione di sottozona in etichetta. Sono “Nizza”, “Tinella” e “Colli Astiani o Astiano”. Infine una curiosità. Nell’albese, nelle annate buone e dopo un invecchiamento, la Barbera può assumere profumi e sapori particolari che fanno pensare al Barolo, perciò si dice che “ nebbioleggia.”.
La cantina
Un’uva molto versatile: una corretta definizione di questo vitigno.
Origina facilmente molte tipologie di vino: dai novelli, ai rossi giovani e frizzanti di pronta beva, ai vini tranquilli di medio corpo e, infine, ai vini ricchi di struttura da conservarsi in legno e in bottiglia. E’ un ottimo base spumante per spumanti secchi, entro in molti uvaggi a caratterizzare molte doc piemontesi. L’enologo in cantina non ha molti problemi con la Barbera. L’uva è ricca di zuccheri, di antociani, povera in tannini, ma il quadro fenolico è a livello medio, costituzionalmente ha una buona acidità, in particolare malico. Una buona condotta della vinificazione con una macerazione finale media garantisce colore stabile rubino- violaceo grazia alla prevalenza di malvina e un’estrazione di proantocianidine ottimale.
La malolattica in passato era un problema, spesso sino all’estate successiva non iniziava a causa del ph troppo basso, in certi casi sfiorava il valore 3,0-3,1 nel vino appena svinato.
Precipitazioni tartariche e altro favorivano valori un po’ piu’alti, un’attenta gestione dell’utlizzo dell’anidride solforosa erano elementi favorevoli. La temperatura di cantina faceva il resto. In casi ostili, in vendemmie difficili ricche di malico- esempio il 1992 – spesso il tecnico ricorreva a leggere disacidificazioni chimiche, con carbonati di calcio o potassio, oppure con tartato neutro di potassio.
In genere si eliminava un grammo per litro di acidità, per effetto massa si abbatteva in realtà un valore superiore, anche la compensazione successiva tra acido tartarico libero e salificato.
Oggi con tecnologie moderne e con uso di batteri lattici selezionati il fenomeno è ben controllabile e meglio gestibile in funzione delle esigenze di mercato.
Il vino Barbera trova un grande giovamento con la permanenza in legno, grazie ai suoi specifici caratteri raggiunge in botte – molto spesso nella barrique -maggiore grazia ed eleganza, fino a raggiungere un ottimo equilibrio organolettico.
Il valore medio in proanticianidine dei vinaccioli e della buccia viene compensato dall’arricchimento, seppur minimo, dei fenoli veduti dal legno nuovo, di fatto tutti gli enologi concordano che al Barbera è il vino che trova maggior miglioramento dalla permanenza in barrique.
Pertanto cessione di sostanze dal legno, microarezioni continue, seppur in quantità di ossigeno limitatissime, contribuiscono all’arricchimento del bouquet con maggior rotondità e morbidezza al gusto. Oggi in vero fa tendenza la botte di medio-piccolo volume. Sui 25-30 hl
Spesso si preferisce il rovere francese del Limousin, rispetto al tradizionale Slavonia.
Secondo alcuni produttori le cessioni di fenoli specifici da parte del legno francese è minore, inoltre sarebbero di tipo meno aggressivo, sul piano organolettico.
I vantaggi nell’utilizzo di botti di media capacità quali sono? Sentiamo anche il parere della ditta Gamba, storica azienda di Bottai di Castell‘Alfero in provincia di Asti.
“E’ vero, oggi si vendono bene le botti da 25 ettolitri. Per tanti motivi: praticità, comodità nei travasi, venticinque è multiplo di cento; inoltre si adattano bene anche agli spazi ridotti delle piccole cantine.
I costi sono limitati rispetto alla barrique, pur considerando solo un’età media della botte di 25-30 anni. Aggiungo che una botte da 25-35 ettolitri si può stasare più volte perché le doghe delle nostre botti hanno lo stesso spessore”.
L’affinamento in bottiglia conclude la maturazione del vino che completa il suo stato evolutivo arricchendo i propri aromi in stato riduttivo. In tal modo il Barbera si confronta alla pari con i grandi vini rossi del mondo.
Servizio ed abbinamenti
La Barbera è un vino dal colore rosso violaceo, (purpurea la definì Giovanni Pascoli) dal profumo elegantemente fruttato (con sentori che a volte ricordano amarena, ribes, mora), mentre con la conservazione nel legno assume note speziali di alta intensità. Al gusto è caldo, ben strutturato e di lunga persistenza.
La Barbera si accompagna bene a tutti i piatti a base di carne e a quasi a tutte le prime portate nelle numerose varianti. Diventa un ingrediente fondamentale nella preparazione del “Risotto al Barbera” e delle “Scaloppine al Barbera”, mentre determina il tocco di classe nella preparazione dei Ravioli e dei Tajarin. Se si tratta di millesimi pregiati a lunga conservazione, la Barbera è anche adatta a carni arrostite o cacciagione di pelo e piuma e formaggi di buona stagionatura. Grazie alla sua forte struttura resiste in bottiglia molti anni, migliorando bouquet e sapore. In tal caso è bene servirla a 18 gradi in grandi bicchieri a balon.
Immagine e mercato
Immaginiamo per un attimola Barberadegli anni ‘50- ’60, del secolo scorso: un vino semplice e ordinario, prodotto in grandi quantità senza curarsi molto della qualità, un vino modesto per tutti i giorni senza pretendere altro. Quasi sempre era troppo acida, quindi disarmonica e grossolana, sovente presentava profumi non eleganti o deviati, soprattutto non possedeva una precisa identità territoriale. Con il tempo le cose cambiarono grazie anche a grazie ad alcuni produttori “pionieri e anticonformisti”, convinti che da quell’uva si potesse ricavare un vino nobile e pregiato, un vino capace di sorprendere per la sua classe ed eleganza. Chi non concorda chela Barberaha fatto enormi passi sul piano della qualità? Pertanto il futuro della Barbera si gioca sulla sfida della sua immagine, in Italia e nel mondo. In quest’ambito si è fatto abbastanza, ma non basta. Alcune iniziative oltretutto erano discutibili. Occorre una vera promozione – valorizzazione di questo grande vino, accentrata in pochi soggetti, che sviluppino strategie di alto profilo, soggette a precise verifiche riguardo ai risultati raggiunti. Meglio ancora creare una struttura, creativa e propositiva, che passi dalle parole ai fatti, quindi snella, rapida, dotata di autonomia operativa e finanziaria, slegata da interessi qualsiasi. Unico obiettivo: il successo della Barbera.