Riflettori accesi sul Dolcetto. Lo raccontiamo attraverso le testimonianze di enologi, imprenditori e viticoltori che hanno dedicato a questo vino una buona parte della loro attività professionale.
Le testimonianze
Cantina Pertinace SCA – Treiso (CN)
Cesare Barbero – Direttore, Stefano Giordano – Enologo
Abbiamo in listino la DOC Dolcetto d’Alba per una produzione di circa 200.000 bottiglie, compresi due cru: Nervo e Castellizzaro. La filosofia produttiva mira a salvare le caratteristiche peculiari del Dolcetto: niente legno, malolattica completa, procedure di cantina tradizionali. Il nostro percorso qualitativo inizia nelle vigne dei venti soci conferenti; un agronomo segue e consiglia le migliori pratiche colturali. Aggiungo che il prezzo dell’uva che riconosce la cooperativa è correlato a precisi parametri qualitativi, formalizzati in una specifica scheda di conferimento. La vendita del nostro Dolcetto avviene nel canale Horeca per i cru (30%) e nella Gdo dove siamo esclusivi Esselunga (70%). La nostra cooperativa ha sempre effettuato promozione su questo vino. Con presenze al Vinitaly, a Prowiein, a Vinum, con viaggi presso importatori stranieri e con supporto alla vendita.
Fontanafredda – Vigneti e Cantine – Serralunga d’Alba (CN)
Giorgio Lavagna – Enologo Direttore tecnico
È un’uva difficile da produrre perché ogni minima variazione climatica può comprometterne la qualità e questa sua delicatezza la trasmette anche al vino. Qui, in Fontanafredda, la migliore uva Dolcetto proviene dalla collina a ridosso dell’azienda dove trova la sua origine il Dolcetto “La Lepre” e il Dolcetto “Mirafiore”. L’uva viene conferita alla cantina in piccole cassette, il mosto fermenta per una settimana circa in piccoli serbatoi inox, dove la temperatura non viene mai lasciata salire oltre i 23/24 gradi per cercare di preservare quanto più possibile gli aromi fruttati che lo caratterizzano. Dopo la svinatura, il dolcetto nuovo va seguito e monitorato quasi giorno per giorno in quanto c’è il rischio concreto che vada in riduzione e prenda quindi quel classico odore di zolfo. Per ovviare a ciò bisogna giocare d’anticipo e quindi travasare il vino separandolo dalle fecce non appena si avverte al naso anche una seppur piccola deviazione. A primavera inoltrata il Dolcetto viene imbottigliato per cercare di preservare nella bottiglia tutte quelle sue caratteristiche di gioventù che lo rendono così fragrante, piacevole e unico.
Cantina Cooperativa Agricola Terre del Barolo – Castiglione Falletto (CN)
Stefano Pesci – Enologo Direttore Generale
Il Dolcetto era il vino quotidiano di maggiore consumo per le famiglie della zona, equiparato a un alimento, che non mancava mai sulla tavola, in una condizione di vita e di lavoro molto più fisico e di fatica rispetto ad oggi. Oggi si fatica molto meno, le tradizioni e gli usi sono variati, spesso un panino e l’acqua minerale sostituiscono il pranzo di mezzogiorno, in generale il consumo del vino è variato, diventando più edonistico e si è rivolto a vini di maggiore invecchiamento e strutturati. Quindi il Dolcetto è rimasto un vino con diffusione prettamente regionale. Noi puntiamo sul Dolcetto di Diano in quanto i nostri viticoltori associati controllano circa la metà della superficie DOCG con eccellenti esposizioni nei famosi sorì. Purtroppo, per le dinamiche di mercato e di consumo, molti viticoltori hanno messo a dimora Nebbiolo, in luogo del Dolcetto, negli ultimi anni. A livello agronomico il Nebbiolo risulta inoltre di più facile gestione. La raccolta del Dolcetto solitamente è nella prima settimana di settembre. In genere per stabilire l’epoca esatta di ogni annata ci basiamo su alcuni parametri classici, maturità fenolica compresa.
Azienda Agricola Marenco – Strevi (AL)
Patrizia Marengo – Enologo
Il nostro Dolcetto proviene dal vigneto “La Marchesa”, si tratta della prima vigna acquistata da mio nonno alla fine del sec XIX. È situata in “Valle Bagnario”, una delle migliori zone a vocazione vitivinicola del Piemonte. Si tratta di un terroir, in cui persistono condizioni climatiche particolari, con le massime somme termiche annuali provinciali, unitamente alla natura del terreno, di antica origine geologica marina e ricca di marne argilloso- calcaree. Le procedure di cantina sono finalizzate all’ottenimento di un prodotto della massima espansione territoriale. Macerazione breve, utilizzo esclusivo di lieviti selezionati, fermentazione alcolica in acciaio inox per 8-10 giorni, controllo della fermentazione malolattica. Il vino si lascia affinare in bottiglia per almeno 4 mesi.
Cascina Rossa – Diano d’Alba (CN)
Lucia e Beppe Veglio – Enologi
Cascina Rossa ha vigneti nel comune di Diano D’Alba dove produce il Dolcetto di Diano d’Alba DOCG, tra cui il sorì Autinot e il sorì Bric del Gerlotto. Durante la vendemmia la raccolta delle uve è separata vigna per vigna e successivamente anche in cantina le uve seguono ognuna la propria strada. Per stabilire l’epoca di raccolta ci si appoggia a laboratori della zona, in modo da portare in cantina uve con un ottimo maturazione. Le uve arrivate in cantina vengono sottoposte a una soffice diraspa – pigiatura. La temperatura di fermentazione sta tra i 27 e i 30 gradi grazie all’utilizzo di serbatoi in acciaio inox termocondizionati. I rimontaggi vengono effettuati all’aria due volte al giorno favorendo così un adeguato apporto di ossigeno. Su ogni vino vengono fatti molti travasi, in modo da separare le fecce e ottenere un vino limpido (in genere 3- 4 prima di Natale). Si ottiene così un vino fruttato, fresco, da tutto pasto e di facile abbinamento.
Beppe Veglio, è stato per molti anni presidente del Consorzio di Tutela del Dolcetto di Diano d’Alba e promotore di varie iniziative mirate a promuovere il di Diano d’Alba DOCG, tra cui la mappa con la delimitazione e denominazione dei sorì e il premio Baretti.
Azienda Agricola Teo Costa – Castellinaldo (CN)
Viviana Costa – Enologo
Produciamo il Langhe Dolcetto DOC in tre versioni diverse: “Selezione Teo Costa” per il canale Horeca; “Ligabue” per la Gdo; “Giobbe” per i privati. Ormai da 15 anni le vendite sono in continua crescita. Abbiamo 5 ettari in proprietà per una produzione annua di circa 40000 bottiglie. In merito al vino Dolcetto la creazione di numerose DOC ha creato confusione nei consumatori. Inoltre negli anni passati molte aziende hanno puntato su un tipo di Dolcetto strutturato e corposo sull’esempio dei Supertuscan. Purtroppo il mercato non ha compreso queste scelte e quindi il Dolcetto ha perso la sua identità. Commercialmente il nostro Dolcetto è assorbito per il 70% dal canale Horeca e dai privati, il restante 30% dall’estero, in particolare Nord Europa, Svizzera, Cina. Il mercato estero rappresenta per noi una risorsa importante. Per quanto riguarda il mercato interno, abbiamo registrato una ovvia flessione delle vendite legate al mondo dell’Horeca, ma al contempo riscontriamo un incremento delle vendite ai privati e al canale della Gdo.
Cantina Oriolo – Montelupo Albese (CN)
Eleonora Brangero – Enologo
La Cantina Oriolo si trova proprio a Montelupo, immersa in un anfiteatro di colline. Siamo una piccola azienda a conduzione familiare che produce molti dei vini più tipici delle Langhe, tra cui il Dolcetto, che rappresenta la produzione maggiore e anche una di quelle a cui teniamo particolarmente. Il nostro Dolcetto d’Alba ha un colore rosso rubino carico con riflessi violacei molto marcati, un profumo fitto, con note fruttate di ciliegia e prugna, un gusto caldo, morbido e persistente. Da qualche anno aderiamo al progetto “The Green Experience” che nasce dall’esigenza di allestire una certificazione su misura per i vini di Langhe, Roero e Monferrato e per il territorio piemontese che possa dare valore alle loro peculiarità. Il disciplinare che siamo tenuti a rispettare ha come principali obiettivi la tutela della biodiversità, dell’ambiente naturale e del paesaggio attraverso l’eliminazione del diserbo chimico e la semina di essenze erbacee e floreali nel vigneto.
Cantina Giovanni Rocca – Monforte d’Alba
Piero Ballario – Enologo, Consulente vitivinicolo
Il Dolcetto è un vino che va rispettato in tutto. Il problema del Dolcetto è il cosiddetto “ridotto” con due valenze: l’odore di feccino che si evita con molti travasi, anche 5 prima di Natale, e la presenza di composti solforati che si prevengono con la microssigenazione. Eseguo macerazioni brevi con adeguati rimontaggi e follature. Il colore per il Dolcetto si crea soprattutto in vigna.
Giovanni Rocca – Viticoltore e produttore
Il vigneto è stato impiantato nel 1948, utilizzando una rara cultivar di dolcetto chiamata “picola rosè”, a causa del picciolo color rosso. La produzione è limitata: massimo 60 quintali per ettaro. Raccolgo, seguendo i consigli del mio consulente, a maturazione fisiologica, mai a surmaturazione. Onde evitare appassimento, perdita di freschezza e sapidità.
Cantine Quinto Chionetti – Dogliani (CN)
Nicola Chionetti
Mio nonno Quinto nel 2013 ha passato le redini pur restando in azienda. È mancato nel 2016. Il patrimonio umano professionale che ha lasciato è ampio. La cosa più importante è il rispetto delle radici familiari, soprattutto in epoca di grandi trasformazioni e innovazioni. Si può discutere, valutare, sperimentare, ma nel rispetto dell’impronta tracciata. La mia famiglia è originaria del Monregalese, da oltre 150 anni è presente su queste colline a San Luigi. Oggi abbiamo 14 ettari di cui 9 di dolcetto, con tre etichette: San Luigi, Briccolero e Le Coste. Compaiono in etichetta già negli Anni ’60 del sec. scorso. Nel 2013 otteniamo la certificazione “Bio” tramite Valore Italia. Il corso del Dolcetto di Dogliani è correlato alle scelte degli imprenditori. Si è purtroppo interrotto il percorso di crescita iniziato negli anni ’80, seguito poi dalla DOCG. Gli imprenditori del doglianese non hanno creduto sino in fondo in questo vino. Sono mancati investimenti, idee, innovazioni. Il nostro Dolcetto va sul mercato estero al 50% (Stati Uniti, nord Europa, Giappone, Cina). Il resto è recepito dal mercato interno.
Cantina Gigi Rosso – Castiglione Falletto (CN)
Maurizio Rosso
Negli anni ’80 del secolo scorso avevamo in listino il Dolcetto di Diano d’Alba del Sorì Moncolombetto e anche il Dolcetto D’Alba della Cascina Rocca-Giovino di Altavilla d’Alba. Allora vendevamo 80-90.000 bottiglie di Dolcetto all’anno. In quegli anni era il vino da pasto del Piemonte, era un vino da 12°, profumato, beverino, non acido. Poi c’è stato un cambio generazionale. Oggi a pranzo si beve molto meno. All’estero ci sono altri problemi: a svizzeri e tedeschi non piace molto, in USA c’è il problema del nome, il Dolcetto viene confuso con un vino dolce. Ma questo è relativo. Il Dolcetto di Diano in particolare meriterebbe più successo per le sue indubbie caratteristiche di qualità: è più strutturato e più longevo, ma anche non è decollato. Ormai il Dolcetto è un vino di nicchia; anche se non tornerà più ad essere il vino quotidiano delle famiglie piemontesi, mi auguro che diventi una specialità ricercata dai veri amatori.
Consorzio Tutela Vini dell’Albese – Alba (CN)
Matteo Ascheri – Presidente e Andrea Ferrero – Direttore Agrotecnico
Il problema sostanziale a nostro avviso è questo: il Dolcetto è un vino prodotto in tutto l’areale ed è interpretato in modo diverso nelle varie zone. È fruttato, armonico, non troppo strutturato e di pronta beva nella zona DOCG del Barolo e Barbaresco, ma è prodotto in modo strutturato e complesso nella zona di Diano e Dogliani. Per questi motivi è difficile creare per questo vino una comunicazione unica, efficace e funzionale. In qualità di Presidente e direttore del Consorzio Tutela Vini Albesi abbiamo evidenziato queste problematiche ai produttori che hanno nel Dolcetto il loro vino di punta, chiedendo quale messaggio fosse meglio comunicare, come e a chi. Purtroppo, si tratta di un problema di difficile soluzione tant’è che ormai le scelte produttive si orientano verso altre varietà, prima tra tutte il Nebbiolo. Sono comunque personalmente convinto che questo vino possa avere presto una riscoperta, rappresentando un’unicità assoluta in un periodo di omologazione produttiva.
Dolcetto Amarcord
Due grandi enologi e un appassionato viticoltore si raccontano
Osvaldo Guglielmi – viticoltore
Il dolcetto era l’uva più coltivata sulle colline albesi. Prima della seconda guerra mondiale se ne produceva parecchio, anche 120 quintali per ettaro. Il sesto d’impianto era stretto, filari a circa 90 cm, con le viti distanti solo 50-60 cm. In cima al filare c’erano i pali di sostegno di castagno. Alti 150 cm, in mezzo al filare solo canne. A un solo filo di ferro posto a circa 150 cm si legavano i tralci verdi. Per la legatura si usava vimini, oppure le foglie di canna, tagliate in inverno e messe in acqua per renderle più morbide. Per la vendemmia del dolcetto si usavano gorbe di castagno e si effettuavano sempre due passaggi: dapprima i più belli – circa 70% – il resto in seguito per produrre un vino di seconda qualità per uso familiare. Le uve migliori si vendevano al mercato di Alba in piazza Savona. Ma era un mercato controllato e gestito dai mediatori locali che, con mille pretesti, cercavano sempre di ridurre il prezzo delle uve per favorire le cantine albesi.
Marco Biglino – Enologo e consulente
Nella mia lunga attività di enologo – oltre 70 vendemmie – ho sentito diversi profumi nel Dolcetto. Molti eccellenti, in primis il classico fruttato, ma anche odori sgradevoli come il classico “fondo” e anche la volatile. Ma occorre riportarci agli anni 60 del secolo scorso. Beppe Colla, enologo, è stato un precursore. Nel 1961, annata di alto profilo, nella cantina dove lavorava – il Cav. Prunotto di Alba – svinò il Dolcetto dopo pochi giorni di fermentazione. Gli dissi, che forse era un po’ presto. Non disse nulla, me ne porse un bicchiere. Quel colore rubinoviolaceo e quell’invitante sapore di bacche di frutti rossi maturi non l’ho mai dimenticato.
Sergio Rivetto – Enologo e produttore
Nel dopoguerra in Langa c’erano dieci giornate di dolcetto contro una di nebbioli, questo era il rapporto sino agli anni ‘60. L’uva si vendeva bene e si avevano i soldi già a San Martino. Aggiungo che l’uva era molto ricercata dai proprietari delle case di pianura del Cuneese, già in estate andavano nelle cascine a vedere l’uva nelle vigne. Era un vero e proprio sopralluogo con tanto di pranzo. Stabiliti prezzo e data ritiro, al sabato o alla domenica arrivava la famiglia dell’acquirente con il camion per il trasporto. Si caricavano le gorbe, si pagava subito e a un prezzo buono e senza tante storie. In realtà i viticoltori dell’albese, stufi di essere nelle mani dei soliti mediatori di piazza Savona e piazza San Paolo che pagavano veramente poco ideando mille pretesti, hanno ideato poco alla volta questa forma di vendita diretta. Con ottimi risultati ed è durata sino agli anni ‘80 del secolo scorso.