Nella guerra di liberazione alcuni episodi sono ancora poco conosciuti. Anche i personaggi coinvolti. Magari figure minori, ma sorrette da forti ideali e ben consci dei rischi che correvano.
Mons. Grassi, Vescovo di Alba, cita in relazione ai fatti del 25 Aprile 1945: “Una signorina di Treiso”.
Era la maestra Giuseppina Voghera, per tutti era Pinottina.
Nata a Neive nel 1900, nella frazione Pastura, diplomata maestra in Alba, insegna prima nelle valli di a Lanzo e Bergolo, in seguito a Treiso e Neive.
Ecco il saluto della direttrice Carla Passalacqua il giorno del congedo scolastico, 2 giugno 1968:
Grazie maestra Pinottina per aver guidato tanti marmocchi verso la via della verità, della giustizia e della libertà. Grazie di essere stata con loro quando, con il rischio della loro vita, questa libertà l’hanno riacquistata combattendo e lottando.
Nel 1939 Pinotina è convocata a Cuneo in Provveditorato.
Chiedono: “E di religione ebraica?”. Stupita, risponde “Sono cattolica”.
Sono in vigore le leggi razziali? Il cognome Voghera è sospetto, dicono.
“Cattolica” ribadisce.
La scelta di Giuseppina Voghera di diventare partigiana trova le radici, anche, in questo brutto episodio di pura sopraffazione e insensibilità.
Alla fine del 1943, a Treiso, si radunano i primi partigiani. Chiedono aiuto a Pinottina per recapitare messaggi e tenere i contatti.
Con grossi rischi Pinottina diventa coordinatrice tra le formazioni partigiane che si stavano formando.
La famiglia di Neive, Dacasto, le chiede di recuperare il corpo del figlio partigiano, caduto in uno scontro nelle valli alpine cuneesi. Si reca sul posto, per effettuare le dovute ricerche.
Nella rischiosa attività di staffetta Pinottina è coadiuvata anche dalla giovane nipote Sandra. Nasconde i foglietti nelle calze. Sono destinati a Poli, comandante della II divisione Langhe con sede a Mango.
Un giorno, negli uffici del telefono pubblico di via Maestra, in Alba, arriva una telefonata dal comando della caserma di Via Asti di Torino.
Ordinano a un ufficiale del locale presidio: “Occorre prelevare la signorina Voghera a Treiso”. Un’impiegata delle poste, sua ex- allieva ascolta, corre a Treiso ad avvisarla.
Pinottina si reca a Neive dai conti Riccardi Candiani. Una famiglia in contatto con il CLN torinese. L’accompagnano a San Sebastiano Po, loro residenza nobiliare.
Vi rimane molti mesi.
Tornata nella zona di Treiso, Giuseppina si reca dal partigiano Paolo Farinetti, comandante delle formazioni Matteotti.
La RSI aveva prelavato un partigiano. Chiede a Paolo se può intervenire catturando un militare per effettuare uno scambio.
Di fatto il ruolo di Giuseppina Voghera è importante per i continui i contatti con i CLN Albese e Torinese, con una tipografia clandestina e con vari esponenti antifascisti e semplici cittadini, per sostenere – pur non combattendo – gli ideali della resistenza.
L’ultimo episodio la vede all’opera il giorno 25 aprile. È in atto l’insurrezione finale.
Il Comando alleato invita il presidio della RSI di Alba alla resa. La lettera viene recapitata a mano in Vescovado dalla “Signorina di Treiso”.
Sua sorella minore – classe 1902 – si chiamava Ernestina, sposata con Felice Fantaguzzi, commerciante in vino.
La loro casa, in via Maestra è stata un sicuro punto di appoggio per antifascisti e partigiani. Armi e munizioni vi sono transitate, insieme a materiale clandestino che veniva smistato con gravi rischi.
Una sera Ernestina accoglie un partigiano ferito in un’azione alla caserma dei carabinieri di Govone. Lo medica sommariamente, lo indirizza all’ospedale di Alba ove un dottore non fa domande; lo cura, come ricorda il partigiano Saverio Rasini di Mortigliengo (Bi).
Un’amica di Giuseppina, Maria Demaria, sorella del geom. Demaria, costruttore edile in Alba, ha svolta per l’attività di crocerossina presso l’ospedale clandestino, situato negli edifici della Pia Soc. San Paolo in Alba. Sui tetti c’erano disegnate due croci rosse.
Il 14 aprile 1945, durante la cosiddetta “Battaglia di Alba”, accoglie nella propria abitazione, in corso Coppino, un partigiano ferito al collo da una scheggia di bomba a mano Sipe. Lo cura correndo rischi enormi.
Tre donne che non hanno avuto dubbi da che parte schierarsi.
Tre storie che era opportuno ricordare e soprattutto non dimenticare.
Si ringrazia il prof. Ferruccio Voghera e il fratello Edoardo per la cortese collaborazione.