Uno degli argomenti che ha destato maggior interesse tra gli enologi è quello relativo alle cosiddette ammine biogene.
Composti di origine organica, infatti, provengono dagli amminoacidi causa l’enzina decarbolidasi, presente nei lieviti e nei batteri. Le ammine sono presenti oltre che nel vino anche in pesce, carne e derivati, formaggi e latticini in genere, frutta, verdura, conserve vegetali, cioccolato, succo d’arancia e birra. Per quanto riguarda il vino è ben noto la fermentazione malolattica, grazie al batterio l’oenococcus oeni è la causa principale della formazione di detti compost.i.
La presenza delle ammine è stata riscontrata, oltre che nel vino, in diversi alimenti e bevande, tra cui: pesce, carne e derivati, formaggi e latticini in genere, frutta, verdura, conserve vegetali, succo d’arancia e birra. Ecco le principali ammine biogene riscontrate nel vino: triptamina, feniletilammina, putrescina, cadaverina, istamina, tiramina, spermidina e stermina. Derivano dai seguenti amminoacidi triptofano, fenilalanina, ornitina, lisina, istidina, tirosina e arginina. Sul piano quantitativo le piu’ importanti sono l’istamina, la putrescina e la tiramina. La piu’ interessante è l’’istamina, presente in quantità considerevole nei tessuti animali; deriva dalla decarbossilazione dell’istidina. Le concentrazioni rilevate all’interno del vino sono significativamente minori rispetto a quelle rilevate negli altri alimenti, ed inoltre variano molto da un vino all’altro. Vengono considerate elevate, con possibile rischio per la salute del consumatore, quando corrispondono a 15 – 20 mg/lt; al contrario, se inferiori o uguali a 10 mg/lt non destano alcuna preoccupazione. Le più importanti sindromi di origine alimentare causate dall’ingestione di ammine biogene sono l’avvelenamento da istamina o “sindrome sgombroide” e l’intossicazione da tiramina o “sindrome del formaggio”.
La complessità delle reazioni in cui le ammine sono coinvolte rende difficile identificare una soglia di tossicità, perciò attualmente non vi sono dei limiti massimi da rispettare riguardo alla loro concentrazione all’interno del vino; l’unico paese in cui è stato fissato ufficialmente un valore di tolleranza per l’istamina, pari a 10 mg/lt è la Svizzera.
Ma le ammine biogene vengono anche prodotte dalla vite causa soprattutto eccesso di calore o di sostanze saline nel terreno, carenza di acqua. Studi hanno riscontrato che la somministrazione di azoto, unitamente alla botritis cinerea aumenta in modo significativo la concentrazione delle ammine biogene nell’uva, in particolare istamina.
Pertanto nel mosto, appena ottenuto, privo di alcol, ci sono già ammine biogene; i chiarificanti, ammessi dalla legislazione per trattare i mosti da uve bianche non riducono di molto il tenore con l’eccezione della bentonite. Ma anche in questo caso resta comunque un residuo significativo.Vediamo ora il problema sul piano della salute del consumatore. Precisando che neppure la letteratura medica non fornisce certezze scientifiche in merito a possibili correlazioni tra assunzione di ammine piogene e reazioni di intolleranza al cibo da parte dell’uomo (Jansen e coll. 2003). Occorre anche precisare che l’istamina è naturalmente presente nell’organismo umano. Regola varie funzioni del sistema cardiovascolare e del sistema nervoso, oltre a funzioni minori. Inoltre l’organismo umano crea sistemi enzimatici che la neutralizzano. Da fatto una persona normale sana può ingerirne fino a 500 mg senza problemi.
Ma è un concetto un po’ teorico; di fatto in individui ipersensibili o non dotati di sistemi difensivi l’istamina può dare reazioni di intolleranza anche gravi. Precisiamo però che la reazione alle ammine può comparire, in individui ipersensibili, anche in caso di vini a basso.
tenore in istamina. Si propone in definitiva il problema allergenici nel vino gia trattato su questa rivista.
I sintomi provocati nell’organismo ipersensibile sono quelli classici delle allergie: pruriti, arrossamenti, nausea, vomito, diarrea, cefalea, vertigini. L’OIV, al momento, non ha fissato nessun limite massimo per le ammine piogene presenti nei vini. Alcuni Paesi, hanno posto dei limiti massimi raccomandati per l’istamina. Esempio: Germania 2 mgr x lt, Svizzera e Austria 10 mgr x lt, Francia 8 mgr x lt. Vediamo ora i valori riscontarti nei vari vini. Sui vini della Borgogna, sia bianchi, che rossi valori medi: putrescina 13,1 mg/l, istamina 8,8 mg/l e tiramina 6,3 mg/l (V.Gerbaux et al. 2000). Per i vini del Portogallo solamente il 28% dei vini controllati presenta una concentrazione di ammine biogene (somma) superiore a 8 mg/l, il 25% presenta una concentrazione inferiore a 2,5 mg/l. La concentrazione in ammine piogene nei vini bianchi non supera mai i 17 mg/l, mentre nei rossi può raggiungere i 28 mg/l. Altri dati riferiti al Portogallo in valori medi: istamina 9,74 mg/l, putrescina 9,26 mg/l, tiramina 9,68 mg/l, cadaverina 1,41 mg/l (Zee et al. 1983). Per i vini del Piemonte riportiamo alcuni dati provenienti dall’università di Torino – Facoltà di agraria. Su 40 campioni di vino tra cui 27 rossi, 6 bianchi, 5 spumanti e 2 passiti provenienti Da diverse regioni, in particolar modo dalla Regione Piemonte si sono trovati valori medi di istamina di 1,052 mg/L nei vini rossi, di 0,3033 mg/L nei bianchi, di 0,0327 negli spumanti e di 0,0353 nei passiti. (Gerbi e Caudana 2001). I dati hanno confermato la maggior presenza dell’istamina nei vini in cui è avvenuta la fermentazione malolattica, anche se il valore massimo rilevato è stato di 4,400 mg/lt. Vediamo ora alcuni aspetti pratici che intersano l’enologo. Come è noto i batteri possono produrre ammine, pertanto il fenomeno della fermentazione malolattica assume importanza a questo proposito. I batteri selezionati in commercio in vero ne producono scarse quantità.
Se agiscono solo i batteri indigeni qualche rischio, seppur mimino, si corre. Anche perché a malolattica terminata restano molti batteri che potrebbero continuare a produrre ammine. Sotto questo aspetto l’uso di batteri lattici selezionati è auspicabile. Un alto ph, tenore basso di so2, minore grado alcolico, alta temperatura di conservazione facilitano produzione di ammine. Aggiunte razionali di so2 e lisozina invece ne limitano fortemente la formazione.
Intervista all’enol. Pietro Leccia – Unione Italiana Vini – Asti
Fu uno dei primi colleghi ad analizzare nei vini le ammine biogene. Sin dagli anni 1998-99 presso il laboratorio dell’Unione Vini di Verona ove allora lavorava come analista. “ A seguito di problemi con la Svizzera risalenti al 93’ e che perdurano tutt’oggi, mettemmo a punto un sistema di analisi per dosare le ammine biogene nei vini. Partimmo dai metodi di analisi allora disponibili riguardo tiramina, putrescina, cadaverina istamina, adattandoli al vino. Oggi analizziamo le ammine biogene con metodo nostro interno e lo stiamo sperimentando su hplc massa – massa – tri-quadripolo. Ritengo importante l’analisi delle ammine biogene nel vino in quanto è un indice indiretto di igiene della cantina. Se si seguono le corrette pratiche igieniche, se il processo di cantina è condotto da bravi cantinieri coadiuvati da tecnici preparati, se si usano lieviti e additivi di prima qualità, se la gestione delle fermentazioni e delle fecce è razionale, non ci sono problemi riguardo alla formazione di ammine biogene. Viceversa i problemi possono esistere. Non a caso i dosaggi più alti li abbiano riscontrato in zone o cantine che debbono ancora crescere riguardo a quanto sopradetto. Un valore molto basso di ammine biogene è un valore aggiunto per la cantina, di fatto è uno dei parametri che garantiscono anche immagine e qualità all’imprenditore vitivinicolo e rientra nei protocolli di controllo che noi applichiamo per tutta la GDO”.