Importante convegno organizzato il 5 febbraio scorso ad Asti. Sotto i riflettori, tre anni di ricerche e studi per un progetto voluto e coordinato del Consorzio Tutela Asti. Significativamente intitolato “Una battaglia vitale”.
Uno dei problemi di maggior rilievo per la viticoltura italiana è senza dubbio la flavescenza dorata, una grave fitopatologia sviluppatasi in Piemonte dal 1997, che ha portato alla perdita significativa di vigneti in vaste aree vitate.
I danni sono notevoli: a parte la perdita costante delle viti colpite, ci sono le ricadute sul mercato del vino e sul paesaggio viticolo piemontese, che nell’estate del 2014 ha ottenuto per sei zone diverse il riconoscimento a “Patrimonio mondiale dell’umanità”.
Per far fronte a queste gravi problematiche nel 2011 si è costituito un gruppo di lavoro composto dai migliori specialisti del Piemonte, per una ricerca sperimentale che ha affrontato i vari aspetti della malattia, cercano nel frattempo di elaborare strumenti e metodi di lotta. Il tutto a livello collegiale e con il coordinamento del Consorzio Tutela Asti.
Enti qualificati sono stati coinvolti nel progetto: Facoltà di Scienze Agrarie di Torino con il prof. Alberto Alma e il dott. Federico Lessio per la parte entomologica; il CNR-IVV con la dott. Cristina Marzachì per la parte che riguarda lo studio del fitoplasma; il centro di saggio VitEn di Calosso con il dott. Albino Morando e il dott. Simone Lavezzaro per la parte che riguarda la risposta della vite alla Flavescenza; lo Studio Pegaso di Torino, con Aurelio Del Vecchio e Ivan Albertin ha organizzato il rilevo dei dati di campo. Daniele Eberle è stato il coordinatore del progetto per conto del Consorzio e Paola Gotta e Chiara Morone i supervisori per conto del Settore Fitosanitario Regionale.
Un altro punto di forza del progetto è stata la collaborazione con i progetti pilota, già esistenti sul territorio, delle provincie di Cuneo, Asti e Alessandria, con le quali si è operato il monitoraggio dell’insetto vettore e si decisa la strategia degli interventi in tempo reale.
In un convegno, organizzato il 5 febbraio scorso ad Asti, sono stati illustrati i risultati di tre anni di ricerche e studi. Significativamente intitolato “Una battaglia vitale”, ha visto la partecipazione di numerosi ricercatori che hanno indagato sullo sviluppo e sulla dinamica della malattia con particolare riferimento allo sviluppo dello Scaphoideus Titanus, l’insetto “vettore” grazie ai suoi spostamenti da una vite all’altra.
Come ha posto l’accento introducendo il convegno citato il direttore del Consorzio Tutela Asti, enol. Giorgio Bosticco:
Siamo consci del fatto che gli interventi di difesa della coltura possono avere impatto sull’ambiente, sull’operatore, sul consumatore, ma è proprio per questo che stiamo lavorando per renderli più efficaci e a minore impatto.
Potere conoscere le dinamiche dell’insetto, se e quando è presente nel vigneto, permette di posizionare al meglio gli interventi insetticidi. Potere conoscere quali sono i luoghi di rifugio d’insetto e fitoplasma permette di potere scegliere le strategie di gestione del territorio più efficaci e rispettose dell’ambiente.
Inoltre il laboratorio di analisi del consorzio ha da anni attivato un lavoro di controllo dei residui degli agrofarmaci in uva alla vendemmia, in mosti, in vino alla certificazione docg. Tutte queste informazioni ci permettono di avere chiaro il quadro della situazione per potere prendere delle decisioni strategiche.
Le conoscenze acquisite, con metodo scientifico, contro tutti gli empirismi dilaganti in questo periodo oscuro, sono importanti e costituiscono a mio avviso delle novità a carattere nazionale.
Di seguito una breve sintesi delle relazioni esposte:
Prof. Alberto Alma, Università degli Studi di Torino
Elaborazione di un protocollo di monitoraggio e difesa per Scaphoideus titanus, vettore della Flavescenza dorata
Si è evidenziato che in viti rinselvatichite – soprattutto nei ricacci di portainnesti americani – abbandonanti in vigne dismesse e in scarpate c’è forte presenza dell’insetto vettore, nonché dei fitoplasmi agenti della Flavescenza dorata.
Si è distribuito albume su queste viti selvatiche, al fine di “segnare” gli insetti adulti. Sono stati monitorati e in seguito catturati con trappole. Si è verificato che l’insetto si sposta con facilità, anche per distanza di oltre i 2 km se trova corridoi vitati, in caso contrario si sposta in maniera molto limitata.
Si è sperimentato nel Monferrato l’utilizzo di reti sintetiche alte circa 2,5 mt. Con risultati modesti.
Si è anche provato spargere caolino come repellente. In soluzione acquosa al 5 %, con dosaggi di 5 hl per ettaro. In 2 periodi diversi luglio – agosto. Anche in questo caso risultati modesti.
C’è la conferma che i noccioleti non rappresentano zona rifugio per l’insetto vettore.
Un problema rilevante restano comunque i vigneti incolti. Occorre sicuramente estirparli. In caso di nuovi impianti di vigneto occorre monitorare la situazione ambientale nel raggio di almeno 2 km.
Cristina Marzachì, CNR Torino
Sensibilità varietale e diffusione del fitoplasma in viti rinselvatichite e ospiti alternativi
Non è stata trovata una correlazione diretta tra la concentrazione del fitoplasma all’interno della pianta e la manifestazione dei sintomi. Esempio nella vite selvatica, dove la concentrazione a volte è molto elevata soprattutto fine stagione, non sempre la malattia è visibile esternamente.
Due problemi in proposito si pongono:
- Se il vigneto è protetto dal vettore con trattamenti insetticidi corretti, per quale motivo si riscontra la malattia nelle viti? È importante in proposito valutare se una malattia è stata portata da Scaphoideus titanus esterni ai vigneti.
- Ha senso innestare del materiale sano di Moscato su piante di Barbera? Potrebbe essere economicamente sostenibile? C’è il rischio di passaggio del fitoplasma attraverso il punto di sovrainnesto.
Si è riscontrato che una vite risanata, se non manifesta sintomi, non trasmette la malattia, il riferimento è ovviamente alle varietà oggetto della sperimentazione.
Simone Lavezzaro, Centro di saggio VitEn Calosso
Possibilità di impiego su vite d’induttori di resistenza nei confronti di Flavescenza dorata e sue dinamiche in giovani impianti
La sperimentazione è stata effettuata con il materiale a disposizione. Precisamente pinot nero e barbera.
Si trattava di barbatelle non attaccate da Flavescenza e sottoposte trattamento di termoterapia.
Le prove sono stare effettuate in vigneti di San Damiano Asti e Calosso. Sono state messe a dimora seguendo schema dei blocchi randomizzati, ovvero parcelle ripetute più volte nel campo.
Si sono valutati i sintomi sull’intera prova con l’analisi molecolare.
E’ seguita una sperimentazione con vari induttori per valutare la resistenza delle barbatelle alla Flavescenza.
Vari i principi attivi impiegati: estratti vegetali, ammoniaca, peptidati, peracetico, alghe micorizze, enzimi, fosfiti, propoli, glucoumati e altri. Utilizzati da soli o in sinergia.
Sono state trattate 563 viti innestate su Portainnesto 420 A.
Al momento nonostante alcuni interessanti indicazioni, non si è in grado di dare risposte certe. Per questo motivo è indispensabile proseguire la sperimentazione iniziata.
Aurelio Delvecchio, Studio Pegaso, Torino
Monitoraggio dell’insetto vettore in aree pilota, valutazione del rischio e difesa guidata
L’eliminazione tempestiva dei tralci sintomatici o delle viti avviene in maggior misura oggi rispetto al 2012, ma è ancora una pratica abbastanza sporadica.
La presenza di Flavescenza dorata e del suo vettore è sostanzialmente stabile nel triennio; questo vale per i vigneti pilota e non.
L’area Nicese – Val Tiglione e l’Acquese riportano incidenze di malattia simili; le Valli Belbo – Tinella appaiono in condizioni migliori, con situazioni critiche più limitate.
Inoltre le popolazioni di scafoideo sembrano essersi stabilizzate negli ultimi due anni; la loro diffusione nei vigneti è stata limitata, mentre hanno mantenuto serbatoi di popolazione negli incolti.
Importante il ruolo delle amministrazioni comunali, che devono impegnarsi in un’azione di sensibilizzazione simile a quella del modello francese, unitamente alle associazioni di viticoltori.
E’importante porre particolare attenzione alle opportunità di lotta che si possono proporre alle aziende biologiche, che talvolta appaiono più in difficoltà nel contenimento del vettore.
Gran parte del problema si è spostato dai vigneti agli incolti con vite, che costituiscono le aree rifugio: le iniziative devono comprendere azioni sostenibili che portino gradualmente alla modifica di questi habitat. Attraverso l’agricoltura, la forestazione e la pastorizia.
Paolo Camerano, Ipla S.p.A., Torino
La Flavescenza dorata della vite – un approccio territoriale per contrastarla: studio e definizione di buone pratiche
Occorre definire quali possono essere le buone pratiche per la prevenzione/contenimento della diffusione della vite selvatica. Individuando in primis i contesti in cui sono presenti aree con viti rinselvatichite.
In seguito si procede a:
- Individuazione di siti pilota per la sperimentazione di azioni di contenimento delle viti rinselvatichite.
- Monitoraggio interventi di contenimento.
- Metodologia per la quantificazione e qualificazione degli incolti/ boschi con viti rinselvatichite.
Per la definizione di linee guida per la gestione di quanto sopradescritto si è preso in considerazione il comune di Cassine (Al).
Ecco i dati riscontrati:
- Boschi, scarpate, strade con varie infrastrutture = 2% superficie territorio
- Ex vigneti bonificati, ex coltivi in libera evoluzione = 2% superficie territorio
- Pioppeti abbandonati o semplicemente non stralciati = 1% superficie territorio
Totale 5% della superficie comunale in cui sono presenti viti rinselvatichite.
Ogni incolto oltre interessato a una superficie media di 0,6 ha.
Prendendo base il dato statistico del Comune di Cassine: 2%, estendendolo a tutto il territorio della provincia di Cuneo- Asti -Alessandria si raggiunge un risultato considerevole: 7000 ha.
Daniele Eberle è stato il coordinatore del progetto per conto del Consorzio citato.
Gli chiediamo una considerazione finale.
Forse il risultato più importante alla ricerca triennale consiste nella consapevolezza che la Flavescenza dorata non è solo un problema fitopatologico. Porta con se valenze ambientali o meglio territoriali. Pertanto il controllo mediante la lotta basata unicamente sulla eliminazione-sostituzione delle piante ammalate non risolve molto. Il rischio che la nuova pianta diventi infetta è consistente.
Per questo abbiamo voluto accanto a noi nel progetto anche esperti in temi forestali e ambientali. Occorre sapere come lavorare nel bosco, negli incolti nelle aree marginali al vigneto.
A tal fine quanto prima pubblicheremo un manuale delle buone pratiche per gestione degli incolti.