Il ruolo del lievito in cantina è ben noto all’enologo, ma l’esatta percezione della sue funzioni e degli effetti che ne derivano, quindi della sua importanza ai fini della qualità del vino è abbastanza recente. In genere gli studenti delle scuole enologiche non consideravano certo la zimotecnia, ovvero lo studio del lievito, tra le materie piu’ interessanti e aggiungo che, sino a venti anni fa, i giovani enologi che iniziavano il percorso professionale in cantina ponevano piu’ attenzione alla dose di metabisolfito da usare o al processo di filtrazione, che al ceppo di lieviti da usare. Oggi tutto è cambiato: è diffusa la coscienza che il lievito in cantina abbia una precisa funzione correlata al processo produttivo e soprattutto alla qualità finale del prodotto. Come è noto il lievito interferisce con molte discipline: biologia, fisica, chimica, tecnologia applicata, genetica, ect.
Ma questo articolo avrà un preciso limite: prenderà in esame soltanto i numerosi problemi correlati all’utilizzo del lievito che l’enologo si trova ad affrontare nelle sua attività professionale.
Un accenno rapido ad alcune funzioni svolte del lievito che nel complesso schema della fermentazione alcolica il lievito svolge ruoli diversi:
• Caratterizza i profumi detti secondari, di fatto è un apporto sensoriale
• Origina composti volatili
• Grazie alla lisi apporta rotondità al vino ( mannoproteine / polisaccaridi)
• Agisce anche come stabilizzante del colore
• Riduce in parte astringenza
Ricordiamo che sul piano pratico la vecchia classificazione dei lieviti veniva utilizzata per indicare sul piano pratico e molto genericamente:
Lieviti apiculati = cattivi
“ elittici = buoni
“ oviformi = ottimi
“ bayanus = adatti per terminare le fermentazioni
uvarum = adatti alle basse temperature
Varie riclassificazioni dei lieviti hanno conglobato varie specie e dal 1984 è stata riconosciuta una sola specie come lievito del vino il Saccharomyces Elipsoideus.
Il lievito in cantina
Vediamo innanzitutto quale tipo di lievito occorre scegliere. La scelta non è facile ed è in è in funzione di molti fattori correlati alla materia prima, al processo di cantina e al prodotto finale che si vuole ottenere.
Preciso che nel mondo le aziende produttrici di lieviti selezionati si contano sulle dita, i vari ceppi vengono poi dati a vari distributori che li commercializzano nelle varie zone di interesse enologico.
Oggi l’industria di produzione del lievito è ben evoluta e avanzata sul piano della ricerca scientifica, inoltre, come già detto, quasi tutti i lieviti selezionati in commercio sono esibiti nella tipologia essicata e in pacchi da 500 grammi.
Vanno sempre conservati in luoghi freschi e asciutti, verificando la scadenza (in genere 18 mesi )- e l’integrità della confezione.
Il primo problema concreto che si pone al tecnico è il seguente: utilizzare lieviti selezionati o naturali? (1)
Che apporti differenti danno al nostro vino? E’ sempre giustificata la spesa per acquistare i selezionati?
Per me è prioritaria la qualità dell’uva: se è sana, se proviene da vendemmia con buon andamento climatico è presumibile che i lieviti naturali siano di buon livello qualitativo e quantitativo e, di conseguenza, sono all’altezza di garantire un andamento ottimale del processo fermentativo.
Se nell’ uva sono presenti malattie, se proviene da vendemmie con tempo avverso, c’è il forte rischio di apporto al mosto di lieviti cattivi o dannosi; in tal caso si rende pertanto indispensabile il ricorso ai selezionati.
Ho avuto per un lungo periodo la possibilità di mettere a confronto diversi lieviti selezionati a confronto con il lievito naturale dell’uva nebbiolo.
Preciso alcune cose:
Le partite di uva nebbiolo per la produzione di Barolo erano rappresentative e di un certo peso( non inferiori a 300 quintali cadauna), la divisione avveniva dopo lo scarico nella coclea in fase di riempimento dei tini e quindi con doppie tubazioni e valvole: I parametri erano pertanto identici e verificati, ceppo di lievito a parte.
Sono state introdotte nella prova diverse procedure correlate al processo fermentativo, quali delestage, salasso, lunga /breve macerazione, cappello galleggiante o sommerso.
Preciso che a livello di inquinamenti biologici, a causa di tubazioni, valvole, recipienti e altro, non c’era differenza tra le due prove e comunque sono state messe in pratica procedure per contenerli al massimo.
Sono stati usati lieviti selezionati in commercio confrontati con lieviti naturali dell’uva e con il nuovissimo ceppo selezionato dai ricercatori del Divapra di Torino denominato BRL 97 (appunta lievito per Barolo 97 )
Risultati: non ci sono differenze significative a livello di frazionamento polifenoli o di analisi organolettica tra il lievito naturale e quelli selezionanti.
In molti casi, esempio l’evoluzione del vino( verificato con i rapporti dtat e dat ) era migliore nel Barolo ottenuto con lieviti naturali, lo stesso dicasi per l’esame organolettico (in particolare colore, profumo ) eseguito da un panel addestrato.
Anche nelle valutazioni dei parametri chimici piu’ rappresentativi es. zuccheri residui, acidità volatile, o composti solforati non vi erano differenze sostanziali.
Ma il problema è piu’ complesso: la differenza tra lievito selezionato e naturale quale è ?
Solo maggiori possibilità per il selezionato nell’ottenimento di particolari pregi nel nostro vino, oppure il lievito naturale caratterizza il vino in quanto espressione di terroir.
Autori quotati sostengono che non c’è nell’uva una flora specifica che si possa ricondurre ad un territorio specifico, ma solo un’ eterogenea varietà di ceppi in competizione una sull’altra.
Eppure l’industria del lievito selezionato ha immesso sul mercato il lievito del Brunello, del Barolo, ect.
Altri sostengono che i lieviti selezionati standardizzano in parte i vini, ma è sin troppo facile rispondere che ci sono in enologia pratiche piu’ invasive e pericolose.
Pareri opposti si scontrano, meritano entrambi rispetto.
Un altro problema pratico: siamo sicuri che prevalga il lievito selezionato aggiunto sugli altri ceppi selvaggi ? Ampliando la domanda: possiamo controllare che ci sia dominanza del ceppo aggiunto?
Una regola pratica da tempo conosciuta: 1 cellula selvaggio da contrapporre a 10 cellule di selezionati … Si possono calcolare 3-400.000 cellule / cc in un mosto di uva normali ( sane, giunte in cantina rapidamente, raccolte in cassette o piccoli cassoni ) per cui ci vorranno 3-4 milioni /cc di cellule di lievito selezionato che corrispondono ad un’ aggiunta media di 20 grammi per hl. di lievito secco.
Occorre limitare al minimo lo sviluppo dei lieviti selvaggi e attuare la massima detergenza e igiene negli impianti trasporto uva – pigiatura-vinificazione.
Il problema si pone con uve poco sane, che viaggiano a lungo in grandi cassoni e ritardano lo scarico in cantina per motivi diversi.
L’aumento della temperatura porta inevitabilmente a pericolosi innalzamenti delle cellule di lievito selvaggio, in certi casi sino a 1-1,5 milione per cc.
Parlare allora di prevalenza del selezionato è difficile.
La cantina cercherà di organizzarsi per quanto possibile per una razionale raccolta e susseguente rapido ritiro delle uve.
Buoni risultati li ho ottenuti con aggiunta preventiva di metabisolfito di potassio ( gr. 10 x qle ) sulle uve ammalate in fase di carico in vigneto e trasporto nei cassoni.
In certi casi le uve vengono anche raffreddate nei cassoni.
Occorre anche tenere conto del cosiddetto “periodo di latenza” del lievito, ovvero il tempo che trascorre prima che avvenga il suo sviluppo .
Deve essere breve, ma –aggiungo subito- in cantina molte pratiche vanno in senso contrario
La criomacerazione, il raffreddamento dei mosti in sede di illimpidimento statico e anche la pulizia eccessiva dei medesimi possono causare ritardi nella partenza della fermentazione. Idealmente un lievito inoculato a 20 gradi e con presenza di un numero di cellule di 2 mil /cc dovrebbe essere in piena attività entro le 48 ore .
E possibile conoscere a grandi linee la natura dei lieviti selvaggi e predisporre adeguate aggiunte di selezionati.
In particolare quando si rilevano lieviti dannosi tipo delkkera /brettanomices.
Inoltre con le nuove tecniche dei controlli microbici con metodiche molecolari ( P.C.R. ) si possono fare ricerche piu’ approfondite su qualità e quantità lieviti presenti nel mosto e nel vino in fermentazione.
Si estrae del materiale genetico ( dna ) presente nelle cellule del lievito e dal confronto con quello di altri ceppi si traggono conclusioni sulla dominanza o meno del ceppo.
Ma al di là del dato numerico ( per alcuni autori un ceppo è dominate quando il numero delle sue cellule supera il numero di quelle di tutti gli altri ceppi ) e’ importante l’analisi sensoriale per valutare se il lievito ha risposto alle attese in termini di qualità del prodotto.
Si può anche ricorrere all’analisi chimica, molti ceppi possiedono “caratteri fenotipici “ che si possono misurare ( esempi glicerolo, acidi succinico o alcoli superiori ).
Di fatto la dominanza del lievito oggi è facilmente ottenibile e soprattutto verificabile.
Interessante, io voglio provare un mix tra non saccaromiceti , uvarum, e saccaromiceti cerviase. Spero di ottenere un merlot piu’ sapido (succinico) e complessamente fruttato.