“Barolo Boys. Storia di una rivoluzione”: il film del momento.
Mi è piaciuto.
I due registi – Paolo Casalis e Tiziano Gaia – hanno saputo evidenziare al massimo, tra dialoghi e immagini, le poliedriche personalità di quel gruppo di barolisti innovatori, protagonisti del film. Due in particolare.
Elio Altare fa tenerezza nelle scene finali. Al termine d’intensi conflitti generazionali- prima col padre e poi con la figlia – si ritrova in una piccola vigna delle Cinque Terre in Liguria. Pronuncia questa bellissima frase: “Sono capace soltanto di fare il viticoltore”.E’il mestiere più bello del mondo.
Anche Chiara Boschis emerge in tutta la sua umanità imprenditoriale. Nelle ultime sequenze quando, con caparbietà maschile, sorregge sei casse vuote per la raccolta dell’uva; è fantastica. Dimostra l’irresistibile determinazione di valorizzare il Barolo.
Bellissime le musiche, ancor più la fotografia.
Alcune immagini tra il maestoso Cedro del Libano di La Morra e i vigneti di Brunate, Cerreqio e Cannubi raccontano meglio di mille parole l’estrema bellezza naturale, la perfezione geometrica dei vigneti del Barolo.
Interessanti i filmati d’archivio. Uno rarissimo, di molti anni fa, girato durante la manifestazione “Cantè j’euv” commuove trascinandoti nel tempo.
Rivedi Petrini, Azzo, Ravinale con l’entusiasmo di allora, rivedi Clerico, Voerzio, Altare giovanissimi, quasi irriconoscibili, con la contagiante volontà di realizzare qualcosa.
In un altro filmato si vede anche il patriarca del Barolo: Bartolo Mascarello. Ogni sua parola è profezia.
Avrei preferito che il film continuasse con un’intervista alla figlia di Bartolo, Maria Teresa; avrei ascoltato, con molto interesse, le parole di un gentiluomo del Barolo: Luciano Sandrone. Anche lui del gruppo. Purtroppo assente.
Non condivido invece il messaggio essenziale: cosa hanno rappresentato veramente i “Barolo Boys” nella storia del Barolo?
È difficile rispondere alla domanda. Sono trascorsi pochi anni.
Certo fa riflettere che oggi sia rimasto ben poco di quell’esperienza e di quegli entusiasmi. Altro che “rivoluzione” come sta scritto nel titolo del film.
Sul piano tecnico le innovazioni dei Barolo Boys non hanno seguito alcuno. Non sono certo diventate tradizione. Semplicemente sono nell’oblio.
Oggi i produttori di botti vendono soprattutto recipienti di medie-grandi dimensioni, la vinificazione del nebbiolo ormai è tornata a pratiche di antica memoria, il cosiddetto “cappello sommerso” si prende la giusta rivincita. Nessun enologo rischia il licenziamento in tronco vinificando il nebbiolo in 2-3 giorni.
Lo stesso gruppo dei “Barolo Boys”, per motivi diversi, non è più unito e coeso. E il mercato, come sempre, ha fatto giustizia.
Oggi, i vini che loro tanto amavano, super osannati da giornalisti e guide, sempre colorati, sempre concentrati, sempre con bassa acidità e gradazioni incendiarie, con estratti simil-marmellata nessuno li vuole.
I consumatori cercano altro, sono interessati a due valori assoluti: il carattere varietale del vitigno e l’identità territoriale del vino.
Aggiungo che sul piano tecnico non c’è mai stato, né allora, né oggi, un confronto serio e professionale tra le due tendenze: una innovativa e l’altra tradizionale.
Resterà per sempre un mistero come un Barolo possa avere un colore rubino -violaceo quando il nebbiolo è povero di malvidina, l’antociano colorante che dona proprio le nuances violacee (leggi Barbera), resterà un mistero come un Barolo, con pochissimi tannini delle bucce e vinaccioli, possa evolvere in maniera ottimale nel tempo.
Infine aggiungo che nel film mancano completamente i riferimenti (almeno un accenno mi pareva doveroso) ai grandi personaggi che, con la loro opera appassionata, hanno fatto veramente grande il Barolo. Solo per citare i non viventi, con enorme rispetto ricordo: Renato Ratti, Arnaldo Rivera, Arturo Bersano, Paolo Desana, Virginia Ferrero, Claudia Ferraresi, Usseglio Tommaset, Luciano Degiacomi, Giacomo e Aldo Conterno, Teobaldo Capellano e tanti altri ancora.
Resta comunque il valore di “Barolo Boys”. Ovunque sarà proiettato, in Italia o all’estero, farà emergere l’immagine e la qualità del Barolo. Colpiranno in modo positivo e duraturo gli splendidi paesaggi vitati, la grande umanità e la sincera determinazione dei protagonisti nel cercare di costruire un percorso alternativo per questo grande vino.
Insomma il film valorizza in tutto e per tutto il Barolo e il suo terroir di origine.
Un grande risultato.