Il problema: dimensioni e conoscenze
All’inizio era facile: “ Se un tappo sa di tappo, il vino sa di tappo; se un tappo sa di vino, il vino sa di vino “, così recitavano i vecchi produttori di sughero. Era quasi un dogma che ha accompagnato per anni la professione. Oggi, in vero, lo scenario correlato al riconoscimento o alla percezione del cosiddetto sapore di tappo è cambiato del tutto. C”è la consapevolezza, perlomeno tra gli addetti, che occorre fare bene differenza tra veri e falsi sapori. La casistica è ampia, sarebbe opportuno parlare di odori e sapori riconducibili al tappo. Infatti non riguarda solo il sughero, ma investe altri elementi in una incredibile confusione di percezioni sensoriali[1]. Districarsi, capire, prevenire, curare non è semplice. Si affronta il problema in varie sedi: l’enologo ed il produttore di vino si confrontano con gli utenti del prodotto, cercando di risalire alle cause del fenomeno e di trovare qualche soluzione ma nelle diverse valutazioni compaiono elementi di confusione ed esagerazione. Vediamo di approfondire, precisando che vengono presi in esame solo gli odori riconducibli direttamente o indirettamente al tappo, pertanto i numerosi composti che danni sensazioni olfattive al vino più o meno difettose esulano dal presente articolo. Ovviamente la distinzione non è poi così netta e molti autori non fanno distinzione. Mi sono basato su esperienze personali e sul parere di alcuni colleghi enologi.
Gli odori percepiti: veri e falsi
Da oltre 100 anni si studia il cosiddetto sapore di tappo. Inizialmente si riteneva correlato unicamente al sughero difettoso in foresta o in sugherificio: autori esteri lo correlavano alla cosiddetta macchia gialla, una malattia del sughero causata da muffe, mentre ricercatori italiani dagli anni ’50 del secolo scorso indicavano nella presenza di un parassita, l’Armillaria Mellea, un fungo che si sviluppa alla base della quercia del sughero. Oggi le conoscenze sono aumentate, la chimica ha fatto notevoli progressi e molti autori si sono cimentati nella valutazione sensoriale dei vini affetti da “ vero o falso sapore di tappo” o “ sapori riconducibili al tappo “, inoltre la vasta e efficace concorrenza a cui è soggetto il tappo di sughero rispetto ai sintetici e alle altre chiusure hanno riportato all’attualità il problema.
Iniziamo con la classifica dei vari odori:
· Tricloroanisolo: noto come TCA, è l’insidioso e pericoloso composto maggiormente responsabile del vero odore di tappo. Oggi si ritengono responsabili di tale anomalia anche numerosi microrganismi presenti sia in foresta che durante le operazioni di lavorazione e stoccaggio del sughero: Aspergillus, Penicillium,Candida, Cladosporium, Mucor, Rhodococcus e Streptomyces. Detti microrganismi, per complessi meccanismi, non completamente conosciuti, quando incontrano nel lungo percorso della filiera dalla foresta alla cantina un qualsiasi composto a base di cloro catalizzano la cosiddetta metilazione, legando pertanto il cloro ai fenoli e generando dapprima clorofenoli ed in seguito cloroanisoli e simili. Spesso i clorofenoli derivano da pesticidi o trattamenti di conservazione del legno. Il che potrebbe significare che l’incidenza del sentore di tappo possa essere stata in aumento nelle ultime decadi. In presenza di tricloroanisolo il vino assume il profumo inconfondibile di sughero cattivo o segatura bagnata, meglio quotidiano ammuffito, cane bagnato o cantina umida. La soglia di percezione è bassa: 2-4 ngr/lt.
· tetracloroanisolo: Odore-sapore di muffa. La soglia di percezione è : 4 -11 ngr/lt
· pentacloroanisolo: Odore-sapore di muffa. La soglia di percezione è : 4000 ngr/lt.
· tribromoanisolo: un composto scoperto da poco che si forma se in cantina o in sugherificio ci sono vernici o altro a base di bromofenolo. Tale sostanza può contaminare direttamente il vino a partire da materiali diversi (capsule metalliche, legno contaminato, isolanti ignifughi). La soglia di percezione è molto bassa: 0,5 ngr/lt. In questi anni nuovi composti attirano l’attenzione, spesso sono metaboliti prodotti da microrganismi, muffe in particolare, che attaccano, in condizioni particolari, vari composti del sughero. Detti metaboliti emigrano poi nel vino generando deviazioni organolettiche più o meno gravi.
In sintesi
· Guaiacolo: odore di affumicato, di fenolico, di medicinale, la soglia di percezione è 20.000 ng/lt. Deriva da sughero affetto da macchia gialla, in presenza di streptomyces.
· Geosmina: odore di terra, di muffa, di sporco, sottobosco Si forma da uve botritizzate, da muffe, da actinomiceti presenti nel sughero. Soglia di percezione: 5 ngr/lt
· Pirazine: note erbacee, peperone verde, asparago, fagiolini. Derivano da uve acerbe, climi freddi e sughero trattato con anidride solforosa. La soglia di percezione è di 1-2 ng/lt
· Ottanoli: fungo, metallico, muffa . La soglia di percezione è variabile a secondo dei vario composti. Ottenuti dai lipidi presenti nel sughero in presenza di microrganismi Aspergillus e Penicillium
· Metilisoborneolo: odore di fungo terroso. La soglia di percezione è di 30 ngr/lt. E’ originato da actinomiceti.
· Naftalene: se il composto viene assorbito dalle plance di sughero grezzo può generare un odore simile a quello di tappo.
A livello generale possiamo dire che gli assaggiatori possono evidenziare sapori o profumi del vino riconducibili al tappo anche in due casi generici:
· Sapori legnosi: l’uso di botti o barriques con doghe in legno mal stagionato, o attaccate da microrganismi,oppure troppo vecchie, l’utilizzo irrazionale in cantina di tannini di quercia , unitamente al ricorso alla pratica delle chips – trucioli di rovere ove permessi, possono dare al vino caratteri olfattivi confondibili con sapore di tappo.
· Sapori accidentali: contaminazioni varie in cantina. Un caso classico sono le tubazioni non perfettamente pulite dopo un periodo di inattività, oppure filtri e riempitrici mal igienizzati, additivi e coadiuvanti difettosi.
· Pericolose sono le contaminazioni da parte del legno in cantina se trattato con clorofenoli.
Aggiungiamo eventuali residui di lavaggi sterilizzanti dei sugheri, oppure cessioni di vario genere o trasformazione indotta da microrganismi da parte dei numerosi additivi utilizzati nel processo produttivo in sugherificio (collanti, lubrificanti, coloranti, ect)
Ovviamente dette difettosità possono anche riscontrarsi nel vino allo stato sfuso.
Citiamo infine, seppur siano molto rari, odori di stirene (da serbatoi in vetroresina), da poliuretano (collante usato per i tappi agglomerati) da eccesso di esposizione di bottiglie di spumante ai neon (gout de lumiere). Soprattutto in questi casi il confine tra “ sapore di tappo “ o difetto proprio del vino è molto labile.
Problemi pratici in sugherificio e in cantina
Oggi, il problema riguardo al vero sapore di tappo (TCA) è meno complesso che nel passato ed i rischi per la cantina veramente ridotti. Occorre però un’ attenta opera di prevenzione.
Sia in foresta che in sugherificio: controlli alla decortica (le piante attaccate dai parassiti hanno corteccia color bianco, ben visibili anche dall’occhio meno esperto), massima igiene nella conservazione delle plance che non debbono mai essere poste sul terreno, acque lavaggio, che ormai adattano quasi sempre cicli in continuo, massima igiene in sugherificio, nel trasporto e nella conservazione in cantina. Ma è sui lavaggi dei tappi naturali che si sono sviluppati i più importanti studi in questi ultimi anni; con nuovi sistemi di bonifica si cerca di debellare il problema TCA tagliando la testa al toro, ovvero eliminando il TCA dalla corteccia già lavorata industrialmente, prima dell’avvio del tappo in cantina[2]. In cantina: controlli rigorosi e sistematici all’arrivo dei tappi che dovranno essere comunque autocertificati a norme Vision – Iso, immagazzinamento razionale, attesa di trenta giorni prima del l’utilizzo per garantire caduta residui perossidi Infine attuare le procedure di affidabilità riguardo alla scelta di un fornitore di fiducia. Riguardo al passaggio dei tappi in cantina, in questi ultimo decennio sono molte le acquisizioni in tema: il tappo conservato in magazzini non idonei, controllo dell’umidità del sughero che non deve superare il 5%, verifica attenta se nell’atmosfera della cantina siano presenti contemporaneamente i clorofenoli (utilizzati ad esempio per i trattamenti fungicidi del legno) e i microrganismi in grado di trasformare questi fenoli si possono formare penta e tertacloroanisoli cantine. Comunque il sughero è un’ottima spugna e può assorbire molecole alla stato gassoso (fenolo, naftalene, ecc) che possono essere cedute al vino quando il tappo è inserito nella bottiglia. Sotto questo profilo il legno è un nuovo pericolo per le cantine: plance, capriate dei tetti, infissi, travi, arredamenti vari, anche depositi cassette natalizie vuote sono da tenere sotto controllo, soprattutto avere le massime garanzie che il legno in origine non è stato trattato dal fornitore con sostanze varie (solventi o vernici ) a base di cloro o bromo. Ovviamente la disinfezione e sbiancatura dei tappi mediante cloro può provocare la formazione di clorofenoli .Oggi in vero è quasi abbandonata. Anni fa un caso fece clamore[3]. Fu risolto in modo positivo per la cantina in quanto venne dimostrato in sede giudiziaria che non c’erano stati errori da parte del produttore di vino nell’immagazzinamento dei tappi. Occorre considerare anche errori nel processo di cantina: scarsa igiene in cantina, in particolare in tubazioni filtri riempitrici, anche la bentonite, il carbone vegetale ed altri coadiuvanti enologici possono dare, raramente, contaminazioni riconducibili al tappo. Alcuni sugherifici trattano purtroppo il sughero con anidride solforosa,[4] che viene spruzzata sui tappi come ultimo trattamento, a volte direttamente nel sacco di confezionamento, prima di chiuderlo. Catalizzate da microrganismi Streptomyces, le anidridi formano degli acidi ligninsolfonici, da cui derivano in seguito alcune pirazine.