Quanti ricordi sul Barbera? Un vino che mi ha sempre coinvolto in tanti anni di lavoro, in tanti assaggi, in tante vendemmie, in tante discussioni.
Ricordi poliedrici, coinvolgenti, intriganti che riflettono l’importanza, lo spessore, le potenzialità del grande Barbera.
In tutto.
In quante occasioni volte sono andato in giro, per cantine, per cascine, per vigneto, per ristoranti a cercare notizie inedite, originali, interessanti su questo vino?
Ho avuto la fortuna di conoscere molti personaggi che hanno amato la Barbera: Amilcare Gaudio era -a mio avviso – il miglior appassionato del Barbera, lo capivi appena entravi nella sua cantina a Vignale.
Beppe Colla, Michele Chiarlo, Gigi Rosso, imprenditori che quando parlano di Barbera lasciano sempre qualcosa della loro grande esperienza, ho ascoltato con attenzione molti enologi: Francesca Cima, Pier Luigi Sandri, Giuliano Noe, Armando Cordero, un cantiniere di Valle Scuropasso, in provincia di Pavia mi aiutò a capire che la Barbera può diventare anche un vino da lunga conservazione.
Insieme aprimmo una bottiglia della vendemmia 1964 – Oltrepo’ pavese – vigna Garivada. Dopo 20 anni era ancora eccezionale.
In tutto.
Ma l’interesse prioritario delle mie ricerche erano soprattutto rivolte ai personaggi “ minori” della Barbera: osti, mediatori, autisti, cantinieri, spumantisti, faccendieri, terzisti, bottiglionisti, rivenditori e…grandi bevitori. Li andavo a cercare perché i loro racconti erano troppo belli, già dal modo con cui iniziavano a parlare della Barbera
Da quattro “Racconti del vino” pubblicati negli anni s corsi di “Barolo & Co”, quattro casi di vere storie sulla Barbera.
Lei è sempre la protagonista eccellente: in vigna, in cantina e soprattutto tra la gente.
1 – Barbera: qualità dell’uva e relativo prezzo
Prezzo e qualità dell‘ uva Barbera in tante vendemmie: oggetto di quante polemiche e discussioni sui piazzali, sui mercati, tra i filari.
Spesso i prezzi erano vergognosi, “non posso darvi di più, 2000 al miria, a rete”, anni fa non era poi una frase rara.
Negli ultimi anni erano saliti,in certi casi molto, forse troppo :” vi do “ 25000 lire al miria ben scelte mi raccomando, solo quelle della Bussia di Monforte,grappoli piccoli, colorati dolcissimi 21 babo non gradiamo neppure. Va bene.
Qualche volta qualcuno cerca di fare il furbetto al momento della consegna dell’uva.
La vendemmia del 1968 alla cantina sociale di Tonco – la ricorderò come un grande esempio di grande realismo enologico, peccato che non abbia preso annotazioni.
Di fatto, il momento della consegna dell’uva alla cantina è sempre pieno di significati.
Si valutano i risultati di un anno di lavoro di attese di professionalità.
Qualche volta si va oltre la normalità e le regole consolidate : i dritti, i furbi, i creativi ci saranno sempre in tutte le vendemmie, vicini a tutti i pesi, a tutti trattori e in tutte i piazzali
C’è sempre un modo per passare davanti agli altri nella lunga attesa nei giorni di punta: dalla mucca che deve partorire alla telefonata improvvisa, conta saper bene recitare.
Di chi è l’ uva più bella del mondo ? E’ sempre quella di quel conferente e a casa sua fa sempre un grado in più.
I più onesti mettono le uva belle sopra e ne sono anche orgogliosi, quelli disonesti si arrangiano e trovi tutto al fondo della navazza : uve rosse, ammalate e qualche grappolo che non sai definire.
Vuoi fregare con il mostimetro ? E’ facile: basta lasciare andare giù lo strumento, lo zucchero aderisce al vetro e lo tira giù di qualche decimo, se l’uva è marcia invece ci guadagna di norma il contadino, il marcio grada.
Piccoli trucchi, consolidate furbizie, conosciute in tutte le cantine di tutto il mondo, fonti di lunghe discussioni, di speranze neppure tante celate, di espressioni dialettali stupende nella loro purezza.
In fondo è umanità, è tradizione, è la vendemmia.
Soprattutto quella delle uva Barbera
Dal racconto “ Il padrone del vapore”
“…Il mio nome è Aldo Rossi, il padrone del vapore “.
Il verso della canzone di Gipo Farassiìno è presa in prestito. La cantano i cantinieri quando arrivano le uve del commendatore di Dogliani, il padrone del vapore, appunto.
Soldi ne ha moltissimi, se come ha detto e ripetuto « io qua potevo comperare Mirafiore negli anni venti”.
Il classico rappresentante di solida famiglia patriarcale delle Langhe, suo padre e suo nonno erano conosciuti commercianti di bestiame a Carrù e Fossano.
La storia del commendatore inizia molti anni fa, nel 1977.
Lui arrivo’ con la moglie, guidava una cinquecento bianca, dietro il trattore, un vecchio Fiat con un salariato
Si scarica subito, ma Nicola, l’enologo della cantina dopo un po’ ferma tutto.
“Ma che uva è questa?”
«Barbera” rispondono.
“Dovè la Barbera “ la navazza è quasi a metà – Nicola insiste – “guardate voi,
c’è uva rossa, uva da tavola, questo che sembra Baco, c’è pure del Moscato d’Amburgo.
Che miscela è questa?”
Il salariato dice nulla.
Al Commendatore di Dogliani Nicola scrive più o meno la seguente lettera:
_”Egr..comm. Bazzeri, il carico odierno di uva definita Barbera era composto da uve di vano genere (uva rossa, da tavola e I.p.d.) e da Barbera di qualità scadente,gradi 17.
Stranamente 1’uvaggio era nella parte inferiore del carico.
La partita in oggetto verrà pagata al prezzo degli uvaggi, non certo al prezzo delle uve Barbera doc.”
Il Commendatore,accompagnato dalla moglie, torna tre giorni dopo, porta un altro carico di Barbera. Consegna a Nicola la lettera ricevuta.
In quel piovoso autunno dei 1977 l’accesa discussione che seguì fu più o meno la seguente.
Il Commendatore: “ che lettera è questa!
L’ha firmata lei, non è vero che le mie Barbera erano brutte”
. Nicola: “Ma come fa a chiamarle Barbera?»
“Sopra erano Barbera».
«Beh Barbera a gradazione scarsa diciassette. Ma sotto… »
Lei non sa gradare, aggiunge la moglie, una signora alta e magra, alla cantina sociale hanno fatto 19».
«’E qua 17, guarda che caso ». Nicola inizia ad arrabbiarsi.
Ribatte la moglie, con tono deciso « c’era solo qualche grappolo d’altra uva, le mie Barbera sono ” sempre belle”.
« Veramente ieri erano brutte».
«Cosa crede Lei? Il Commendatore si inalbera – Qua…qua..io potevo comperare Mirafiore! “
“E lei chi crede di essere….. il padrone dei vapore?” – dice Nicola.
“Tenga, la lettera è indirizzata a lei”.
Il Commendatore e la moglie si allontanarono.
Non tornarono più alla cantina, ma tutti gli anni il commendatore lo ricordano e con una certa simpatia.
Quando iniziano a scaricare le sue Barbera i cantinieri intonavano subito il motivo: ” il suo nome è Aldo Rossi, il padrone del vapore”.
2 –Barbera : ottenere tutto il possibile
Sfruttare al massimo l’uva per quanto può dare, innazitutto il primo vino ovvero al Barbera eccellente.
Ma questo vino si vende, lo pagano bene, tutt’al più si fanno poche bottiglie per i giorni di festa o per le occasioni importanti
Per il resto il secondo vino bastava.
L’uva barbera è ideale per ottenere il secondo vino : colore, acidità, estratto sono sempre elevati, nella vinaccia fermentata è rimasto qualcosa e allora via a produrre vinello, vinot, picheta. Ogni paese ha il suo nome, il suo dialetto per questa tradizionale bevanda che dava sollievo per la calura e per la sete nei grandi momenti di fatica nei campi e nelle vigne, inoltre era il vino quotidiano di tutti i giorni delle classi rurali povere in particolare, affittavoli, mezzadri, salariati
Era in realtà una rilavorazione dell’uva, si procedeva con metodi antichi, forse nati quando è nato il vino, ma ogni paese ha un po’ le sue pratiche particolari, collaudate, provate.
Riti e regole comunque interessanti basati su una condizione assoluta : risparmio famigliare o se si vuole spendere poco.
Vediamo una pratica ricorrente in tutto il Monferrato astigiano, la chiamano” arcaple’”
Dal racconto “ Le Barbera di Montegrosso, Vinchio e Montaldo Scarampi”
“ Dopo la torchiatura si rompono le tome di vinaccia con le mani, quindi si buttano in un arbi.
Si lavano con dell’acqua fatta cadere a pioggia, si scola e il liquido colorato si mette in una bonsa.
Si aggiunge un’ uva speciale detta uvalino.
E ‘proprio speciale: acini piccoli, buccia spessa, molto colorata, sembra quasi un “neirano “.
Nessuna cascina aggiunge zucchero ? No! Costa troppo
Il tutto si chiama Arcaple’, ovvero riformare il cappello.
La bonsa dove si fa il vinot si tiene coperta con canapa o juta.
Si lascia fermentare qualche giorno, non si affonda mai la vinaccia nel mosto.
Qualcuno butta dentro acini interi, siccome scoppiano, danno un po ‘ di frizzante, di gusto.
Dopo quindici giorni il” vinot “ era fatto, si tirava sempre dalla bonsa abbassando il livello sino alla fine.
Il cappello si abbassava, ma l’uvalino non diventava mai forte.
Mario,come suo nonno e suo padre, non ha mai avuto il vinot andato a male o acetoso, eppure non lo imbottigliavano, tiravano sempre dal fusto di 14 brente”.
Tappi e bottiglie costavano troppo cari.
Il vinot veniva bevuto a tavola tutti i giorni, invece le bottiglie vecchie di uno-due anni di Barbera,venivano aperte solo alla domenica o con ospiti.
Mario quando ha finito di tirare il vinot, lava più volte le bonse con acqua calda in cui ha tenuto dei rami di pesco, daranno un po’ di gusto al legno, si chiama “la persia”, alcuni usano anche le foglie bollite in acqua”.
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3 – Barbera : dove i vigneti migliori ?
Da dove vengono le migliori Barbera?
Quale di conseguenza il miglior territorio del Barbera?
Ha senso domandarlo ?
Il dott. Vittorio Ferro ex- direttore di Fontanafredda era categorico : “ vengono da Castelnuovo Calcea e Vinchio! ”.
Nessun dubbio.
In quell’estate del 1969 si parlava solo di Barbera, in senso generico, le varie doc Alba, Asti,Monferrato sarebbero arrivate l’anno seguente
Ho assaggiato ottime Barbera prodotte con uve provenienti da Govone, da Monforte, da Rosignano Monferrato e da molti altri paesi.
Ogni territorio vocato dona qualcosa al Barbera, lo sanno bene i mediatori e i commercianti.
Quella di Monforte ha molto colore come in genere la barbera dei paesi vicini, quella di Govone e Castellinaldo ha molto eleganza, la grande zona intorno a Vinchio,Castelnuovo Calcea, Nizza Monferrato dona potenza, estratto, acidità.
Ma che cosa si intende per territorio del Barbera?
Alcuni preferiscono parlare di “terroir”, estensione concettuale del termine che ingloba oltre che al territorio altri fattori fondamentali per la qualità del vino.
Rappresentano qualcosa di irripetibile, unico, qualificante e difendibile per il vino.
Vitigno, pratiche enologiche particolari, paesaggio, storia e tradizioni.
Ma anche componenti ecologiche in positivo o negativo : aree boschive, oppure la presenza di insediamenti industriali, di discariche, oppure le modifiche rilevanti al terreno, le politiche territoriale ambientali.
Un bell’esempio di terroir, inteso in senso lato, è il comune di Vinchio : qui, in una delle zone più belle del Barbera, si assistette ad un esempio di vera solidarietà rurale.
Eravamo nel lontano 1936.
Dal racconto “Le Barbera di Montegrosso, Vinchio e Montaldo Scarampi”
“Fa freddo, molto freddo in queste mattine
Siamo ad aprile, la settimana dopo Pasqua, ma il freddo è pungente, insopportabile
Per gli uomini, per le piante.
Mario è preoccupato.
Le viti stanno germogliando, c’è la faranno ? C’è molta attenzione per il rischio di gelate tardive.
Contro il gelo e il freddo c’è poco da fare.
Una sera cade la neve, non molta, ma in aprile è rarissima.
Le colline sono imbiancate su tutto l’astigiano,la sera è serena, troppo serena, il termometro è in forte discesa.
Come sarà la notte ?
Mario non sa cosa fare, ma continua ad osservare lo sguardo ansioso della moglie e di tutti i famigliari.
Uno sguardo pieno di troppi significati.
I germogli non resisteranno, geleranno ; addio uva, addio raccolto,in una notte si compromette tutta un’ esistenza : il reddito famigliare, il trattore da acquistare, i figli da mandare a scuola.
Non c’è un attimo da perdere, ma occorre gente, molta gente.
Interessa tutti, il cielo è troppo sereno
Se ne parla in tutte le case di Vinchio, in tutte la cascine.
“Presto, tutti nelle vigne, svelti, portate erba e fascine, che siano verdi, non secche”.
Un’ora dopo, uomini infreddoliti dalle mani gelate, donne apprensive che aiutavano e incitavano, giovani che non vollero restare a stare in casa.
E’ una lotta tremenda e impari contro il tempo, contro il freddo che aumenta, una lotta per salvare il raccolto, per garantirsi un futuro.
Qua e la i primi fuochi, “non fate fuoco, fate fumo, svelti” urlava Mario “,deve andare dappertutto”.
In quel mattino di aprile del 1956 le colline di Vinchio erano invase dal fumo, nubi che ondeggiavano spinte da un leggerissimo provvidenziale vento gelido.
Uomini dalle mani piagate dal freddo attendevano,donne avvolte da coperte di lana pregava no, mentre una nebbia fumosa avvolgeva lentamente tutti i vigneti.
Saliva, scendeva, si spostava, i fuochi aumentavano, arrivarono altri viticoltori in aiuto.
Il leggero tepore dei fumi salvò tutte le vigne di Vinchio.
Ancora oggi, anziani ricordano quella notte gelida di aprile, un paese e i suoi uomini salvarono la vendemmia del Barbera”.
4 – Barbera : protagonista eccellente nelle vecchie osterie
Barbera e osterie: vino ideale nel posto ideale
Basso prezzo, buona qualità, molta disponibilità, che volevi di più negli anni ’50?
In un paese che faticosamente ricostruiva sulle macerie della guerra, le osterie spesso erano un crocevia poliedrico di umanità e di personaggi, di povertà e di illusioni.
Il vino. in particolare la Barbera, era solo alimento, non certo piacere, si badava alla quantità, non alla qualità, si misurava a brente, al massimo a bottiglioni, non certo a bicchieri.. Proprio la Barbera è protagonista involontaria nel racconto che segue, un esempio di umanità in una situazione difficile e drammatica.
Occorreva infatti boicottare in tutti i modi l’esercito nazifascista occupante o invasore, anche con il vino, consegnando, per esempio, della Barbera cattiva al presidio republicanno di Alba.
Ma non fu così semplice.
Si intromettono altri personaggi.
Lei era una prostituta, lui un ufficiale della R.S.I
Per lei era lavoro, lui era un cliente come gli altri, ma le cose si complicano, molto.
Lei salvò alcuni ebrei dalla deportazione, lui aveva capito ma aveva fatto finta di niente
Perche?
Al crollo finale parole e gesti furono tremendamente veri, sinceri, ma era tardi.
Tra ansie e timori per un domani impossibile, in quella piccola, stanza al primo piano di un’osteria in un viale di Alba si parlò anche della Barbera cattiva.
Lei rifiutò un semplice bacio, lui ando’ incontro alla giustizia partigiana.
Dal racconto “Anna, il tenente e la Barbera”
……….“L’osteria serve da mangiare a tutte le ore, sino alla chiusura verso mezzanotte, ma è rinomata in tutta la città e dintorni per la mescita del vino, in particolare per il Barbera ; vengono anche dalle città vicine per ritirare qualche damigiana, è il vino richiesto da tutti i clienti, anche quelli che non si alzano sino alla chiusura.
Anche ad Anna piace il Barbera, è l’unico vino che beve da sola,alla sera quando è stanca, a mezzogiorno quando pranza, sempre da sola, nel salone di sotto.
Il Barbera lo porta Maggiore, lo zio di Anna, ha una grande cascina, con tante vigne di viti vecchie.”Il Barbera buono come il mio non lo fa nessuno ” continua a ripetere ogni volta che scarica il vino.
E’ piccolo, robusto,con due spalle larghe ed un viso con la carnagione rossa, segno palese della grande passione per il vino ; ha una bella cantina con due file di botti e tante damigiane.
Maggiore produce Freisa e Barbera, quest’ ultimo lo vende tutto all’osteria. …………
…………….”Cosa hai portato” ?
Il tenente ha in mano un botticino avvolto nel giornale.
E’ ancora sulla porta.
“Che vino ci ha venduto tuo zio ? Ci ha fregato è diventato aceto ; il colonnello è arrabbiato con me, si sentono anche i commenti della truppa”.
“Parlane con Teresa, cosa vuoi che dica “.
“Perchè ha venduto del vino cattivo? Lui lo sapeva, d’accordo la repubblica non paga molto, ma si rende conto che ha danneggiato l’esercito di Salò” ?
“Non so cosa dirti, ne avete acquistato molto”?
“Trenta brente per tutto il presidio, è diventato tutto aceto”. Anna inizia a togliersi la camicia.
“Aspetta fa il tenente, voglio parlare con Teresa, mi preoccupa il vino cattivo”.
“Stai esagerando” fa Anna “mentre abbottona la camicia, pensavo fossi venuto per me”.
“No! Sono arrabbiato”.
“Stai esagerando ripeto”.
“Perchè tuo zio ci ha fregato, non c’è l’ha con noi”?
“Tutti c’è l’hanno con voi fa Anna e alza lo sguardo verso il tenente”.
“Come sarebbe”?
Anna non riesce a trattenersi :” Senti non venire qua a raccontare storie, sai benissimo che guerra c’è e tutto quello che succede, allora se vuoi venire a letto bene, altrimenti esci”.
“Mi mandi via, è la seconda volta.”
“Non ti sopporto certe volte”.
“Ma cosa avete tutti contro noi militari “?
“Senti, non mi va di parlare oggi”.
“Finirà questa guerra fa il tenete e allora vedrai che avevo ragione”.
“Finirà? voi di Salò, perderete”.
“Non è vero” fa il tenente.
“Non farmi ridere, Parigi è stata liberata l’altro ieri, gli americani avanzano, chi li ferma”?
“Come fai a sapere che Parigi è libera? I giornali non ne hanno parlato “.
“Sei ridicolo, ovvio che i giornali non ne parlino, ma chi li legge ? Non certo io, che sto in questa stanza in non posso neanche aprire le finestre, abbiamo la radio, se permetti”.
“Sentite radio Londra? Non è vero”.
“Come tutti”fa Anna.
“Adesso mi porti al presidio,come tanti giovani rastrellati”. Anna ha alzato la voce, guarda il tenente.
Per un attimo nessuno parla.
“Anna mi dispiace,non farei mai del male, non giudicarmi come io non giudico tante cose”.
“Che cosa vuoi dire” ?
Il tenete non pronuncia altre parole, Anna lo guarda.
“Sto lavorando, cosa vuoi fare” ?
Il tenente la guarda, con fatica chiede: “Sono solo un cliente”? ”
“Certo” fa Anna ……………..
……………………….Quando finì la guerra,hanno cantato e ballato per tutta le sera Teresa buttava dentro tutti i passanti, Carlo offriva Barbera, accanto al banco c’erano centinaia di bottiglie vuote.
Maggiore è mai stato così contento.”Vi manderò altro vino state tranquilli, non mancherà “.
Con Anna rideva quando parlava di quello mandata al presidio repubblichino.
“Si meritavano altro” continuava a dire Maggiore”.