Uno dei problemi storici per anziani enologi: l’arricchimento dei mosti. Chi non ricorda vendemmie povere in tutto: 1966-1972-1977-1992- 2002. Il ricorso era ai concentrati, al mcr e negli ultimi anni alle pratiche sottrattive. Oggi per un giovane enologo? Beh… problema opposto, ovvero ridurre grado alcolico dei vini. Effetto serra, minori rese in vigne, diversi sistemi di allevamento e altri motivi portano spesso a gradazioni elevate, “incendiarie” ha commentato il Corriere vinicolo. Si calcola che in venti anni il grado medio dei vini australiani sia cresciuto di circa 2 gradi (da 12,4 a 14,2). Ma il mercato e i consumatori chiedono ben altro. Complesse e poliedriche le motivazioni che esulano dal presente articolo, ma oggi per un enologo la dealcolazione dei vini è una pratica da conoscere e probabilmente, in futuro, da attuare. Allora vediamo come ottenere i vini dealcolati, detti anche vini a bassa gradazione. Ormai li trovi dappertutto. Nelle enoteche di prestigio o nella GDO, spesso sono, in bella mostra, in invitanti happy hour.
Proprio dappertutto. Sono i vini del momento: alcol svolto 10-11, poco estratto, profumo delicato, “beverini e leggeri”. Tutto al minimo. Che diventa “il massimo” della qualità, nelle intenzioni della cantina che li propone. Visto, anche, certi prezzi di listino, tutt’altro che “leggeri”. Perfetto! Direi che i vini dealcolati sono da capire. Occorre innanzitutto uno sforzo…diciamo culturale.
Sono esattamente l’opposto dei vini che dilagavano, anche nell’albese, quindici-vent’anni fa.
In quei tempi “felici” tutto veramente era al massimo: colore inchiostro, profumo boisè intenso, gradazioni oltre 14,0, estratto 40 grammi. Era cosi! L’enologo che contrastava questo andazzo rischiava l’immediato licenziamento. Tutti, o quasi, si adeguarono. Oggi? Beh! Come detto retromarcia totale. Tornando ai vini a basso tenore di alcol: da 10 a11 in genere ci sono vari modi per ottenerli. In vigna e cantina. Tre in particolare:
1 – Raccolta dell’uva anticipata
2 – Lieviti ogm che producono poco alcol (sono vietati per fortuna in Italia)
3 – Tecniche sottrattive
Entriamo in merito:
Raccolta anticipata
Metto a dimora vitigni a maturazione molto precoce, oppure raccolgo il merlot a 17 babo per avere 11 gradi complessivi. È molto più complesso.
L’uva raccolta a maturazione incompleta presenta molti valori anomali. Alcuni dannosi per la qualità del vino, in particolare acidità fissa elevata e scarsa maturità fenolica. Difficile ovviare, in uve a bacca nera in specie. D’accordo: le tecniche di cantina possono aiutare ad ovviare molte cose, ma a scapito della qualità. In Australia i sauvignon si raccolgono prima della maturazione per estrarre dalla buccia le pirazine, (i noti composti che donano i tipici profumi erbacei ndr) che verranno in seguito utilizzate nei mosti provenienti da uve raccolte a giusta maturazione.
Ho letto da qualche parte che in Spagna si agisce sullo stress idrico della vite per avere uve a basso tenore zuccherino. Ambedue pratiche molto discutibili.
Lieviti
Ormai molti studi teorici sono rivolti a “ non indirizzare il metabolismo dei lieviti verso la produzione di etanolo”. L’ incontrario di quanto successo sinora. Insomma si cerca di avere meno alcol e più glicerolo senza sconvolgere i caratteri sensoriali. In genere si usano i metodi dell’ingegneria genetica, anche se i limiti legali sull’utilizzo di detti lieviti ogm sono ben noti. Oggi la tendenza è produrre nuovi ceppi di lieviti usando i protocolli dell’ingegneria evolutiva che non ricorre a pratiche ogm. Oppure ceppi non-Saccharomyces. Potrebbero funzionare salvo che producono vari prodotti secondari nel loro schema fermentativo. I danni alla qualità del vino subito intuibili. Alcuni tecnici alimentari propongono adozione di lieviti di ceppi flor di S.cerevisiae, quelli utilizzati per lo Sherry. Sono da tempo avviate sperimentazioni, nel settore birra in particolare, con lieviti aerobici del genere Pichia e Williopis.
Comunque sui cataloghi commerciali delle aziende produttrici di biotecnologie si trovano oggi ceppi di lieviti tecnologici che, riporto testualmente, ”Consentono bassa resa in alcol a vantaggio della produzione di glicerina”. Nulla vieta di effettuare prove in piccolo.
Tecniche sottrattive
Sono le più usate. Molti i brevetti (vedi finestra). In genere si ricorre ad osmosi inversa, oppure a distillazione frazionata. Vediamole in sintesi:
Con il primo metodo intendiamo una semplice separazione con membrane a bassa reiezione di alcol etilico. Il permeato ricco di alcol si scarta. Con il secondo si trasferiscono sostanze volatili-quindi anche alcol etilico-attraverso una membrana microporosa idrofobica che può essere solo attraversata da sostanze gassose e non liquide. E’una tecnica nuova e innovativa, mentre l’osmosi è più vecchia.
Chi scrive ricorda a Fontanafredda le prime applicazioni di osmosi sui mosti di nebbiolo a livello sperimentale nella vendemmia 1986. Entriamo ora nel merito applicativo. Apposite società affittano gli impianti. Peraltro molto cari e di difficile utlizzo per un cantiniere. Occorre subito precisate che la dealcolazione è pratica, oggi autorizzata nella UE (seppur con forti limiti per vini doc e docg) con regolamento CE n. 606/2009 del 10 luglio 2009. Può solo essere parziale per un massimo di 2% gradi e un titolo alcolometrico minimo di 8,5% vol. Il regolamento citato precisa che i vini trattati non devono presentare difetti organolettici da correggere, non è consentita la dealcolazione per un vino arricchito e il trattamento deve essere indicato nel registro ed eseguita da un tecnico qualificato. Si tratta di una pratica molto complessa e laboriosa; di conseguenza gli effetti sul vino non si limitano certo alla diminuzione del grado alcolico. Oltretutto, nella UE, è attuata da pochi anni e non ci sono ancora molti studi o ricerche sperimentali in merito, per quanto dato sapere. Cito studi dell’università di Bologna e dell’Inra- Dijon.
Vediamo ora alcuni problemi pratici:
Sottrarre alcol (in realtà tolgo una miscela idroalcolica)vuol dire, ridurne, seppur in misura diversa secondo del metodo usato, il volume del vino e quindi concentrare il resto. A meno di non rimettere acqua deionizzata nel vino per ripristinarne il volume perso. Pratica ammessa e attuata in alcuni stati, ma non nella UE, ove, come noto, è vietato annacquare un vino. Si ottiene, pertanto, crescita di estratto, glicerina, ceneri, polifenoli, metalli e acidità fissa. Consegue diminuzione del ph. Ma con la dealcolazione si toglie solo alcol? Bella domanda! Dipende dal sistema di dealcoalzione, ma con membrane osmotiche si assiste in genere a diminuzioni minimali di anidride solforosa e acetaldeidi, mentre composti volatili, etilacetato in primis, seguito da altri esteri e alcoli superiori calano in misura maggiore. Con distillazione osmotica l’effetto è minore in quando il processo più soft e più selettivo. Quali gli effetti organolettici?
Occorre innanzitutto degustare un vino dealcolato in quanto tale e senza preconcetti. E’noto che l’alcol etilico ha positivi effetti a livello sensoriale (esalta i profumi, dona sensazioni dolci ect).
Poi si tratta di un prodotto rivolto a un pubblico particolare, cui interessa soprattutto bere in modo moderato. Comunque a livello sensoriale un vino dealcolato perde un po’ dei profumi tipici varietali ( fruttati-fiorali-erbacei) assumendo spesso note minerali o anonime, “non definibili” come raccontano alcuni colleghi; inoltre se non trattato adeguatamente preimbottigliamento perde in equilibrio gustativo per eccesso di acidità o fenoli. Basta un leggero residuo zuccherino, oppure aggiunta adeguata di gomma arabica o prodotto equivalente, per ristabilire, in parte la morbidezza gustativa e ridurre un’eventuale astringenza dovuta all’aumento dei polifenoli. Ovviamente andrà protetto in modo particolare con aggiunte adeguate di anidride solforosa. Altri problemi tecnici: conviene trattare solo una parte del vino-diciamo un quarto-e poi tagliarlo con la massa non trattata, onde evitare eventuali inconvenienti a tutto il prodotto da dealcolare. Il vino non necessita di particolare preparazione. Basta sia abbastanza limpido, scarso di colloidi e pectine. Se il processo avviene a bassa temperatura è opportuno monitorare assunzione ossigeno da parte del vino. Assaggi continui durante il processo sono consigliati. Infatti, occorre non superare il punto di dealcolazione (restando sempre nei 2 gradi massimi legali), oltre il quale il vino perde sensibilmente i caratteri di tipicità. Alcuni colleghi esprimono dubbi sugli alti livelli di pressione cui è sottoposto il vino (ma dipende dal brevetto preciso), altri sul costo del trattamento che, oggi, è abbastanza elevato.
Interessante uno studio dell’Inra – Djion che evidenzia le risposte dei consumatori verso questa categoria di vini. Alcuni esprimono preoccupazione verso la perdita di tipicità e tradizionalità del vino, oppure non valutano positivamente che piccoli produttori si orientino verso tecnologie moderne e sofisticate. Altri, invece, sono del parere opposto: giudicano positivamente il fattore bassa gradazione. Per tanti motivi che si possono racchiudere nello slogan: “Bere consapevole”: minor rischio al volante e l’effetto benefico sulla salute e sul piano dietistico. Interessanti i due trio test utilizzati: un vino dealcolizzato (anche a livelli minimi) è sempre riconosciuto. Non cosi per un vino che ha subito una semplice aggiunta di gomma arabica, oppure un taglio di annate diverse a scopo migliorativo. Infine la domanda più importante: Un vino cui è stato sottratto alcol che evoluzione avrà in bottiglia? Non ci sono ancora studi in merito, ma la sensazione è questa: qualche problema esiste. Enologi rispondono. “I vini delacolati non sono certo vini fatti per durare, prima si consumano meglio è”. Sarà! Ma non sono, innanzitutto, vini dichiarati novelli e non riportano di certo in etichetta la data di scadenza. Perciò il problema resta.
Sei processi industriali per dealcolare
Osmosi inversa
Utilizza una membrana selettiva ove passa un composto desiderato es. alcol etilico, mentre il resto rimane nel vino. Il processo è noto da molti anni e viene utilizzato nell’industria enologica anche per altri scopi es. ridurre volatile.
Spinning cone column
Usato in Australia, consiste in una colonna di distillazione verticale che funziona in due fasi, separando alcol etilico. In realtà è usato per separare, togliere e magari rimettere varie sostanze nel vino.
Vinovation
Consiste nell’Osmosi inversa seguita dalla distillazione del permeato. Si usa in genere solo su un terzo del vino da trattare. Diffuso in California.
Redux
Lanciato da Bucher-Vaslin, il processo combina filtrazione tangenziale più osmosi inversa. Si usa sui mosti per ridurre il contenuto zuccherino. Agisce a bassa temperatura.
Memstar
Brevetto Australiano, prevede distillazione osmotica con utilizzo di una speciale membrana microporosa.
Juclas
Utilizzato in Italia grazie al gruppo Vason.
Una nota ditta di Serralunga d’Alba lo ha utilizzato di recente per portare un vino da 13 gradi alcolici naturali a 11. Si tratta di un brevetto che utilizza un processo di separazione di precisione grazie ad una membrana idrofoba detta “Remove”. Grazie a questo particolare strumento si estrae solo una quantità di alcol mirata ( svwet spot) che non altera, stando a quanto dichiarato, i caratteri organolettici del vino trattato. Agisce a temperatura ambiente, quindi non si dovrebbe avere assunzione di ossigeno.
Consultato Erica Zovi: “Come raggiungere lo swett spot “ in “VigneVini” n 6 -2008
salve!
…scrivo per una domanda: quali sono allora le pratiche di dealcolazione ammesse dalla comunità europea?
ipoizzo che alcune pratiche che si usano in Australia in Europa non si apossibile usare!
la ringrazio in anticipo
cordiali saluti
Eleonora Lucchetta