Chi non conosce i celebri crus di Serralunga: Marenga, Rivette, Vigna Rionda, Lazzarito, Gabutti, Prapò, Parafada, Ornato, dove nascono i grandi Barolo ricchi di gradazione alcolica, di sostanze estrattive, di colore, pieni, rotondi e robusti, atti ad una lunga conservazione, prima in botte e quindi in bottiglia.
“Quando portavamo le uve a Fontanafredda il direttore Bressano le pagava due lire in più degli altri comuni” così ricorda un viticoltore della frazione Gabutti, in tante vendemmie negli anni quaranta, poche parole per un grande significato: i nebbioli di queste colline sono sempre stati contesi da commercianti e mediatori, sovente con la sola arma possibile, il rialzo del prezzo.
Ma ogni comune della zona del Barolo ha i suoi crus, ben noti da tempo a mediatori e commercianti.
Uve contese, spesso promesse l’anno precedente, spesso giocate sul rialzo tra l’ambizione neanche tanto velata di possedere qualcosa di speciale.
Nomi sempre ben in evidenza sulle etichette e nei listini anche per i prezzi decisamente elevati delle bottiglie.
Vediamo questi famosi crus del Barolo.
A Monforte troviamo Bussia, il cru famoso tra i barolisti di Alba, dona elevata struttura e un colore molto intenso.
Citiamo ancora Ginestre, Vigna del Colonnello e Santo Stefano di Perno.
A Barolo Cannubi è il cru storico, una famosa botttiglia riporta nell’etichetta sbiadita una data: Cannubi 1751.
In vero è “il cuore del Barolo” dove” tutti acquistano le uve”, , oggi purtroppo un po’ allargato; di fatto è un cru importantissimo perché la composizione del terreno è poliedrica, a Cannubi si confondono e si mescolano terreni diversi del periodo tortoniano e dell’elveziano.
Profumi e struttura sono ai massimi livelli.
A Barolo troviamo anche Sarmassa, Costa rose e in parte Brunate.
A La Morra sono famosi Cerequio, Brunate, Rocche e Monfalletto: ecco i Barolo dal profumo invidiabile per finezza ed eleganza inimitabili.
A Castiglione Faletto troviamo Rocche e Villero, danno dei Barolo completi nel gusto e nel profumo.
Infine un cru che “non si discute” perché “non è secondo a nessuno” così ammoniscono con orgoglio e sicurezza i viticoltori di Monvigliero nel comune di Verduno.
Famoso da tempo per i suoi eccellenti profumi correlati ad un terreno particolare ricco di silicio e gesso.
Anziani barolisti insistono ancora oggi nel ritenere il miglior barolo quello derivante dall’assemblaggio di uve o mosti provenienti da comuni diversi.
Non sono d’accordo: la specificità dei caratteri organolettici derivante dalla vinificazione in purezza di un singolo cru è una valenza qualitativa insostituibile ed inimitabile.
IL BAROLO: COME ABBINARLO ?
“Selvaggina di piuma o di pelo” recitavano i sacri manuali della degustazione.
Anni fa era facile trovare la lepre del cacciatore da fare in civet con il giusto Barolo.
Oggi le lepri non surgelate sono rarissime, ma il nostro Barolo troverà egualmente il giusto matrimonio a tavola.
Con moltissime carni: brasati e arrosti, costate e lombate, coniglio in varie ricette, anatra, pollo e altri volatili, fagiano in salmi, coda di bue, filetto di manzo, carrè di vitello arista di maiale, stracotto di bue.
Non dimentichiamo il risotto al Barolo.
Un Barolo di annata di medio livello spesso è l’ideale per scoprire il Barolo in modo magari meno formale: con grigliate, spiedini, carni ai ferri, bistecche in genere e molti primi piatti a base di pasta con sugo di carne andrà benissimo.
Alcune ricette di pesce prevedono il Barolo: salmone brasato al Barolo, trota al Barolo, non possiamo non ricordare il branzino al Barolo, per molti classica ricetta di un noto ristorante torinese.
Formaggi stagionati ovvero Parmigiano reggiano, Pecorino, Castelmagno, Asiago e altri si sposeranno molto bene con un Barolo vecchio.
Il Re dei vini lo troviamo spesso bevuto con i dolci a base di amaretti e mandorle, ricordo due ricette del famoso ristorante Guido di Costigliole d’Asti: “pere martin al Barolo” e “Zabaione freddo al Barolo”.
Per quanto riguarda il servizio ovvero temperatura, statappatura e decantage rimando a quanto scritto sul “Il Sommeiller” genn./febb. 2003 – pag 15-19 – nel servizio intitolato “Antiquariato enologico -Vecchie bottiglie”.