Occorre iniziare subito il processo avendo almeno 2-3 milioni di cellule per cc. Il valore ottimale è ottenuto calcolando 300.000 cellule di lievito selvaggio come dosaggio normale nei mosti; come è noto il lievito selezionato prevale sul selvaggio quando è 10 volte superiore.
Per la preparazione del cosiddetto “ piede de couve” preferisco usare, in mescolanza, diversi lieviti, il “cocktail “lo chiamano i cantinieri.
Di norma un Cerevisiae, un Bayanus, un varietale.
Anche se la classificazione è vecchia e la purezza della specie è molto teorica nelle condizioni di cantina, i risultati che ho ottenuto sono ottimi.
In genere ho sempre iniettato “un piede de couve “ in volume pari al 5 %. della massa totale
Ma l’osservazione dice poco, è indispensabile che il lievito abbia la parete cellulare spessa e questo si raggiunge solo con dosaggi di azoto -tiamina e ossigeno già in fase di preparazione piede de couve.
PH non oltre 3.20 e temperatura di fermentazione sui 18-20 gradi per ottenere profumi di buon livello, garanti di una certa tipicità.
Importante è il nutrimento del lievito: 200 mg/l di APA è da considerare valore minimo ai fini pratici. Oggi si da più importanza al contenuto in aminoacidi (almeno 1 grammo per litro).
Uso poco i prodotti complessi: 25- 30 gr. x q.le di solfato – fosfato ammonico e 50 mgr x q.le di tiamina danno un apporto di 60- 80 APA. Calcolando quello naturale dell’uva i conti tornano quasi sempre.
Solo in annate piovose, botritizzate, comunque particolari, i dosaggi si possono aumentare del 20 – 30 per cento.
In tal caso è anche utile aggiungere, a 2-3 gradi alcol bentonite e caseinato di potassio, rispettivamente in dosi di 50 e 30 grammi per ettolitro.
Eliminiamo ossidasi e polifenoli in eccesso, le migliori condizioni del mezzo garantiranno anche migliori profumi.
A fine fermentazione con un residuo zuccherino di circa 5-10 gr/lt è opportuno travasare la massa in fermentazione
E’ una buona tecnica, in quanto riduce il problema complesso e non ancora ben chiarito della “inibizione da substrato”, allontanando i lieviti attivi da una parte delle cellule morte e dei cataboliti che possono rallentarne l’attività fermentativa.
In tal modo si sono separate le cosiddette fecce grosse, ma da circa 10 anni prevale la tendenza a gestire le fecce fini in modo adeguato.
Si tratta della pratica del “ batonage,” giunta dalla Germania e senz’altro auspicabile, soprattutto in annate buone.
Il vino sia arricchirà soprattutto in polisaccaridi e colloidi, inoltre acquisirà maggiori profumi.
Modalità: molto variabili, personalmente ho ottenuto buoni risultati con sollevamenti delle fecce per due- tre volte alla settimana e per il primo mese se il vino è conservato in barriques, in seguito una volta alla settimana per 5-6 mesi.
Le innovazioni
Da circa mezzo secolo il settore dei vini bianchi ha visto proporre ed applicare innovazioni e sperimentazioni.Chi scrive le ha vissute quasi tutte, molte hanno creato illusioni, alcune rimangono, altre verranno proposte. Nessuno ha la ricetta ideale e l’enologo sceglierà caso per caso in funzione di cosa vuol produrre e per quale consumatore finale.
Uno studioso tedesco – Muller Spaat -negli anni sessanta preconizzò, in vinificazione, l’utilizzo di ossigeno o in alternativa l’assenza di anidride solforosa, al fine di ossidare fortemente i composti del mosto – fenoli in particolare -, garantendo così la stabilità finale al vino (e anche la perdita, spesso, della sua tipicità preciso subito).
Era la cosiddetta iperossidazione, oggi in Italia è praticamente abbandonata, anche se molti enologi l’applicano parzialmente eliminando l‘aggiunta di solforosa in fase di sedimentazione del mosto.(metodo dell’ossidazione controllata).
Dall’ Australia e Nuova Zelanda è arrivavate, qualche anno fa, la vinificazione in totale riduzione, detta anche iperiduzione.
Si basa sulla totale protezione dell’uva e del mosto in fase di scarico e pressatura, con l’ottenimento di vini bianchi più stabili e con profumi di maggior finezza.
Allo scopo si utilizzano anidride carbonica sotto forma di ghiaccio secco e/o azoto, i promotori ritenevano insufficienti l’azione antiossidante dell’anidride solforosa e dell’ acido ascorbico.
L’uva viene pressatura in atmosfera di azoto, detto gas entra ed esce all’interno della gabbia di pressatura, seguendo le fasi di compressione vinaccia o sgretolamento vinaccia (Brevetto Vaslin Bucher Inertys).L’iperiduzione, se ben applicata protegge dalle ossidazioni i composti ossidabili, riuscendo anche ed estrarli e quindi ad eliminarli. Inoltre l’aggiunta di anidride solforosa e/o acido ascorbico nelle successive operazioni di conservazione e imbottigliamento è veramente ridotto, in particolare se la cantina dispone di tecnologie che permettano di proseguire nella catena della iperiduzione.
Con la macerazione pellicolare si provocava un contatto tra mosto e parti solide dell ‘acino, a bassa temperatura – 2-4 gradi – e per una durata di 18 – 24 ore. Si estraggono in tal modo più aromi. Anche in questo caso c’è una piccola perdita di tipicità, inoltre il sistema richiede complesse e costose attrezzature.
Oggi è un po’ ‘in disuso.
Decisamente di moda e quasi d’obbligo in questi ultimi anni l’enzimaggio.
In effetti i vari enzimi facilitano la decantazione e la pulizia dei mosti in quanto rompono le catene pectiche che rendono densi e viscosi i mosti.
Alcuni enzini “liberano anche profumi” in quanto “idrolizzano i glucosidi dei terpeni”, questi ultimi sono importanti aromi primari presenti nell’uva.
Ma restano molte perplessità: non si conosce esattamente la composizione delle sostanze enzimatiche che si mettono nel vino, esistono dubbi sulla tipicità del vino ottenuto, soprattutto riguardo ai quadri aromatici. Di fatto molti enologi hanno smesso di usare enzimi.
Infine è utile sottolineare che la pressione commerciale su tali prodotti, veramente enorme, il buisness è “di circa 8-900 miliardi di vecchie lire in tutto il mondo.
Nella vinificazione dei bianchi si utilizzano barriques per la fermentazione e/o di trucioli e tannini, In genere preferisco la fermentazione parziale in inox con eliminazione delle fecce pesanti, ovvero riempimento delle barriques quando il vino è a circa 8-9 gradi alcol.
Ci sono meno rischi di ridotto e profumi più eleganti.
E’ bene usare barriques nuove a medio-basso indice tostatura.
A fermentazione ultimata si toglie il vino dalle barriques separando ancora le fecce grossolane, si lavano i piccoli fusti e subito si riempiono con stesso vino per poi procedere ad eventuali “batonage” delle fecce fini.
Si possono usare anche in fermentazione doghe, asticelle, cubetti, trucioli e polvere ottenuti dalla lavorazione del rovere.
Da alcuni mesi tali pratiche sono ammesse in Italia, limitatamente ai vini da tavola.
Aggiungo soltanto che gli eventuali “profumi vanigliati” ottenuti non sono per nulla stabili.
I tannini enologici spesso sono utilizzati sui mosti di uve bianche appena ottenuti anche a scopo antiossidante (esempio vendemmia 2002).
Di varia origine e tipologia, è bene preferire quelli ottenuti dal legno di quercia di rovere.