Il problema pare sia stato sollevato da qualche organizzazione ornitologica: in quale habitat nidificheranno gli uccelli migratori dell”Estremadura? Ovvero sino che punto rimarranno le grandi foreste di quercia che forniscono materia prima per il sughero.
La scommessa è proprio qui: il futuro del sughero a fronte della fortissima offensiva delle chiusura alternative. Quante ne verranno ancora proposte? Quali saranno le conseguenze sul vino? I consumatori come reagiranno? Il tema chiusure è quanto mai poliedrico, una battuta è un perfetto esempio di sintesi ed eloquenza: ” 14 vini uguali tappati con 14 chiusure diverse danno 14 risultati diversi” (Godden e coll. 2004). In tutto il mondo si assiste ad una mole impressionante di studi, ricerche, sperimentazioni; i risultati vengono subito divulgati, comunicati in tutti i modi ….come se fossero la soluzione a tutti i problemi; sulle scrivanie degli enologi si accumulano relazioni e studi in materia. Districarsi capire non è facile,quando hai tempo di leggerli ti accorgi che spesso uno dice il contrario dell’altro. Oltretutto resta da chiedersi quanto e come dette ricerche sperimentali siano sponsorizzate dalle aziende produttrici di chiusure. Ma non deve sfuggire un dato: le varie chiusure alternative sono spesso e volentieri al centro di una validissima strategia di comunicazione – promozione consistente, intelligente e correlata a notevoli risorse. Il sughero naturale? Sta alla finestra pare. Assosughero non risulta abbia messo in campo risorse o almeno idee in merito…l’impressione è quella di un certo stallo. I due convegni internazionali all’università di Pavia (1993-96) sul tema ” Il sughero in enologia” sono un lontano ricordo, non si riesce, nonostante le varie richieste, a pubblicare una nuova edizione del disciplinare di produzione del sughero: è del 1992, venne stilato da un gruppo di studio all’università di Piacenza ( titolari di sugherifici, enologi, tecnici vetrerie e impianti imbottigliamento, ricercatori, con il coordinamento dal prof. Osvaldo Colagrande, titolare della cattedra di enologia ). Molti aggiornamenti sarebbero necessari. Allora l’analisi del tca era sconosciuta e i residui perossidi non erano per nulla correlati alla presenza di tiosolfati. Per fortuna cambia del tutto la situazione sul piano produttivo e il sughero naturale risponde in vari modi e si attrezza sempre meglio per vincere l’agguerrita concorrenza delle chiusure alternative. Oggi rispetto al passato esiste una efficace prevenzione che si effettua sia in foresta che in sugherificio: controlli alla decortica, igiene nella conservazione delle plance che non debbono mai essere poste sul terreno, controlli sulle acque lavaggio, che ormai adattano quasi sempre cicli in continuo, massima igiene in sugherificio, nel trasporto e nella conservazione in cantina. Si eliminano così gran parte dei rischi legati alla possibile formazione del TCA da parte dei microrganismi. Ma è sui lavaggi dei tappi naturali che si sono sviluppati i più importanti studi in questi ultimi anni ; con nuovi sistemi di bonifica si cerca di debellare il problema tricloroanisolo (t.c.a)., la ben nota causa di cessione di sapore di sughero al vino. Si vuole insomma “tagliare la testa al toro” cercando di eliminare il tca dalla corteccia già lavorata industrialmente, prima dell’avvio del tappo in cantina[1].
Qualcuno ha il suo momento di celebrità, poi sparisce, nel frattempo ne escono altri.
Vediamo in sintesi i più importanti.