Si è conclusa a Piacenza la 5° edizione della manifestazione ENOFORUM, il congresso biennale tecnico-scientifico organizzato dalla SIVE (Società Italiana di Viticoltura ed Enologia) e dalla società Vinidea. Vi hanno partecipato, dal 13 al 15 marzo, oltre 650 tecnici, agronomi, enologi, ricercatori ed altrettanti i rappresentanti di aziende fornitrici di prodotti, attrezzature e servizi. Una composizione eterogenea per il più importante appuntamento annuale del settore. Con 60 relazioni orali ed 80 poster, il ricco programma del congresso ha offerto ai partecipanti una panoramica completa di quanto di nuovo è stato sviluppato nella viticoltura e nell’enologia nell’ultimo biennio. Una delle tematiche più ricorrenti ha focalizzato il problema “Brettanomyces”.
Ecco qualche approfondimento i tema, ringraziando i colleghi Stefano Ferrari (Isvea), Marco Cervelliera (tenute Folonari) e Franco Alessandria (Enocontrol) per le utili notizie. Da anni è noto che i lieviti appartenenti al genere Brettanomyces / Delkera sono i responsabili dell’origine di vari difetti al vino. In particolare, grazie all’attacco da parte dei microrganismi citati di alcuni acidi organici si formano, tramite meccanismi complessi, dei fenoli volatili, tra cui etilfenoli e etilguaiacoli, le sostanze maggiormente responsabili dell’odore di” brett “. Il problema è grave ed ha rilevanza mondiale. Il vino si presenta più o meno difettoso all’olfatto, con note sensoriali riconducibili a sudore di animale, orina, panno bagnato, stalla, solventi in genere. In certi casi il profumo del vino cambia radicalmente con perdita della sua tipicità. La diffusione dei Brettanomyices in cantina avviene tramite l’uva o altri materiali in ingresso; arrivato a destinazione il microrganismo –che è molto spartano e ben resistente all’alcol – si “sistema “in materiali vari: botti, barriques, tubazioni valvole e, in misura minore, cemento e inox. Condizioni favorevoli alla sua diffusione sono uve non sane, lunghe macerazioni, fermentazioni stentate, cattiva igiene; per evitarlo occorre uso razionale solforosa, corretta dose nutrienti in fermentazione, inoculi lieviti razionali evitando possibilmente competizione tra lieviti e batteri. Il pericolo maggiore resta comunque il legno, botti e barriques soprattutto se vecchie; il microrganismo si annida all’interno, anche a un centimetro di profondità e rappresenta il 75 per cento della microflora. Con quantità minimali di zucchero (poche centinaia di mgr. x lt) sopravvive molti mesi, in certi casi anche anni, avviando i processi metabolici già descritti. I contenitori di legno per loro stessa natura sono difficilmente “sterilizzabili” ed è ovvio che rappresentino il mezzo di inquinamento più importante che in cantina si possa trovare.
Da anni sono stati proposti lavaggi chimici con idrossidi, permanganati, polifosfati, peracetico, solforosa, sorbati. Con molti limiti: l’azione fungicida è dubbia per molti composti, l’effetto sul legno ha controindicazioni, il controllo dei residui di lavaggio complesso. Buoni risultati con vapore ad alta pressione (150 bar), ma oltre danneggia le fibre del legno, con acqua arricchita di ozono, ma solo per cemento, inox e vtr; guai ad usare il cloro per ovvi motivi. Il dimetilcarbonato è vietato in Italia, ma ammesso in altri stati. Notevoli dunque i problemi correlati alla cura, di fatto conviene attuare misure di prevenzione con analisi metodiche sui materiali a maggior rischio. Una prassi di controllo sicuro potrebbe essere: uve sospette, mosti e vini in rallentamento fermentazione, malolattiche difficoltose, vini in invecchiamento, legno vecchio sia in acquisto che dopo lavaggio.
Passi notevoli in questi anni sono stati fatti nei criteri di campionamento.
Saranno semplici, non distruttivi, rappresentativi.
Esistono tre tipi di campionamento: prelievo dal legno (ma è distruttivo) con tampone superficiale (ma ci vuole personale specializzato e non è molto rappresentativo) e con soluzione liquida estraente. Questa la novità rilevante presentata ad Enoforum 2007: consiste in una soluzione che viene utilizzata per prelevare il campione dal legno da sottoporre ad analisi microbica. Non è distruttiva, recupera lieviti batteri e brettanomices, non è tossica, rispetta il legno ed è solubile in acqua. In tal modo il campionamento è maggiormente rappresentativo. Anche i terreni di cultura sono migliorati sul piano selettivo, mentre avanzano le tecniche di biologia molecolare, riducendo sensibilmente i tempi di analisi. Ovviamente nei casi gravi o fortemente sospetti si correla l’analisi microbica con quella chimica degli etilfenoli. Utili esperienze per quanto riguarda il problema Brettanomyces correlato ai vini piemontesi li fornisce l’enol. Franco Alessandria: “ Il Laboratorio Enocontrol negli anni 2004-2005 ha effettuato un lavoro di ricerca sul fenomeno Brettanomyces, attraverso un monitoraggio di cinquanta vini rossi dell’Albese di diversa origine e tipologia. Un’elevata percentuale di campioni testati, circa l’80%, che presentavano anomalie olfattive riconducibili ai fenoli volatili presentava quantitativi di 4-etilfenolo superiori ai valori citati in letteratura (620 g/L) e, un vino su cinque evidenziava una concentrazione superiore a 1700 g/L. L’analisi sensoriale ha rilevato nei campioni con un maggior livello di 4-etilfenolo, una più elevata intensità degli odori descritti come “stalla”, “cavallo”, “cerotto”. Per ulteriori approfondimenti si rimanda al lavoro pubblicato su “L’Enologo” (N. 3 – Marzo 2005) a cura del gruppo di lavoro di Enocontrol dal titolo “Indagine sul contenuto in etilfenoli e sulla presenza di Brettanoyces in vini Albesi”. Grazie a questa specifica attività di ricerca, Enocontrol ha maturato in questi ultimi anni una significativa esperienza finalizzate, sia alla ricerca degli etilfenoli che all’individuazione selettiva delle popolazioni di Brettanomyces. Enocontrol mette ora a disposizione della propria clientela il frutto di questa esperienza offrendo il servizio “Brettcontrol”, un pacchetto di analisi e di consulenza in grado di fornire risposte precise ed affidabili sull’intera problematica. Inoltre su richiesta formula offerte personalizzate. L’ultima novità in tema Brettanomyces è stata proposta ad Enoforum 207 e riguarda l’ impiego di raggi ionizzanti tipo gamma. Detta radiazioni rappresentano, da decenni, il metodo migliore per la sterilizzazione dei contenitori a contatto con alimenti proprio per la loro totale innocuità e per il fatto che fanno parte di una tecnologia a “freddo” e ad alto potere penetrante. Di fatto sono utilizzate da oltre 50 anni a livello industriale per diversi scopi applicativi, tra i quali si annoverano anche la sterilizzazione (abbattimento della carica batterica) e la sanificazione (riduzione della carica batterica). Presidi sanitari, attrezzi chirurgici e imballaggi speciali, contenitori per sostanze alimentari sono le applicazioni più correnti. Riguardo all’industria enologica se si bombardano i Brettanomyces con tali radiazioni vengono drasticamente eliminati nel mezzo inquinato. Trattandosi di una cura particolare occorrono strutture, impianti e spazi specializzati difficilmente adattabili o reperibili in cantina. Occorre pertanto inviare i recipienti da sanificare alla ditta specializzata che provvede alla bonifica. Per garantire risultati ottimali il trattamento deve seguire una specifica procedura che prevede dapprima la detersione dei contenitori e successivamente la sanificazione, come peraltro avviene per qualunque altro materiale di utilizzo nel settore enologico-alimentare.
In genere per le piccole botti si usano dosaggi ridotti, ovvero tempi di esposizione alle radiazioni inferiori del 60 %-70% – a quelle utilizzati mediamente. L’intervento rispetta totalmente il legno. In una cantina toscana i risultati sono stati eccellenti sia dal punto di vista microbiologico (totale assenza di microflora) sia dal punto di vista organolettico (24 degustatori non hanno percepito differenze fra i prodotti contenuti in barriques trattate e non).
Il trattamento è del tutto sicuro, non altera la struttura dei contenitori (problema anni fa discusso invece per i raggi beta sul sughero), pur avendo un altissimo potere penetrante. La tecnologia con raggi gamma è consigliata dall’OMS per gli alimenti e non lascia assolutamente traccia alcuna di radioattività. Ovviamente si tratta di un trattamento in gran parte curativo che assume valenze preventive se si vuole evitare l’insorgere dei problemi microbiologici.
E’ stato proposto ad Enoforum 2007 dalla ditta Filcom – via XXIV maggio 3 – 33072 Casarza della delizia (PD) – tel. 0421-760193. Presto sarà disponibile sul sito WWW INFOWINE.IT l’intera relazione del dott. Stefano Ferrari dell’Isvea su questo specifico tema.