Gli inizi in cantina e i primi tentativi di vinificazione (1967-1971)
Quando c’era pochissima uva, scarsità di conoscenze e di mezzi tecnici. Quando non c’erano né mercato, né promozione.
C’era solo grande entusiasmo e molta determinazione.
Cinque protagonisti raccontano un’epoca.
Ormai è preistoria, ma tutto iniziò in quegli anni.
Per non dimenticare.
Introduzione*
Renesium, un nome simile all’Arneis compare per la prima volta nel 1478 in un documento di conti di Roero. In realtà si riferiva a vigneti nel comune di Canale.
Il nome evolve e nel 1810 compare “Arneis” in un inventario dei vini della cantina del castello di Monticello, sempre appartenente ai conti di Roero. In piccola quantità rispetto ad altri vini bianchi tra cui Muscatello, Malvasia bianca, Bianco di corte, Bianco ordinario.
L’Arneis in quel periodo era vinificato dolce.
Nell’ottocento l’uva bianca di maggiore rilievo tra i filari del Roero era la Favorita di Cornegliano. Presente anche a Vezza in buona quantità spinge il parroco Don Vigolungo a creare una Cantina Sociale Cattolica per produrre vino da messa dolce a base di favorita. Eravamo nel 1901.
Stando a testimonianze di anziani enologi la favorita negli anni ‘20- ‘30 del secolo scorso era anche vinificata dalle cantine Cinzano per produrre vini base spumante. Ma sono anni molto difficili per il mondo rurale piemontese. L’arrivo della filossera, la crisi economica, la seconda guerra mondiale non facilitano di certo la viticoltura del Roero.
Dell’Arneis gradualmente sembrano perdersi le tracce; tanto vero che sino alla fine degli anni sessanta del novecento non risulta nei cataloghi di mostre o esposizioni, tantomeno nei listini delle cantine di Alba, Langa e Roero.
Eppure si producevano vini bianchi nell’albese sin dall’ottocento.
Le grandi cantine del nostro territorio: Cinzano, Calissano, Fontanafredda, Coppa, Marenco applicavano pratiche e processi di cantina per produzione di vini bianchi per base spumante.
Utilizzando innanzitutto uva moscato, ma anche pinot bianco, nero e grigio e rari carichi di chardonnay o cortese, spesso giunti dall’Alessadrino e dall’Oltrepo’ Pavese. Ma tra le uve non c’era l’Arneis. C’erano pochi filari nei vigneti di nebbiolo ed era considerata comunque un’uva da tavola.
La storia del vino Arneis, nell’attuale tipologia che otterrà il riconoscimento doc nel 1989, inizia verso gli anni sessanta del secolo scorso.
È un periodo di forti cambiamenti e grandi innovazioni per il settore vitivinicolo nazionale: cambia la legislazione, arrivano le prime doc, nelle cantine entrano varie tecnologie, nei media compaiono i primi articoli in tema “vigna – vino – contorni”.
Proprio in quel contesto inizia la vera storia del vino Arneis.
Cinque pionieri, tra grandi difficoltà, molte incognite e pochissimi strumenti tecnici iniziano con entusiasmo a vinificare e imbottigliare questo nuovo vino bianco.
Ovviamente non c’era mercato, figuriamoci l’immagine. Tutto era da costruire.
Ma finalmente qualche coraggioso stava iniziando (1).
Ecco la ricostruzione di quei momenti (1967-1971) dalla voce dei diretti protagonisti.
Una storia inedita: Luciana Vietti – vedova di Alfredo Currado – Castiglione Falletto 1967
Alfredo Currado si è diplomato enologo in Alba nel 1973. Inizialmente ha lavorato presso le cantine Coppo a Canelli, in seguito svolse attività di consulente vitivinicolo. Nel 1960 alla morte prematura dello suocero assunse la carica di responsabile tecnico delle cantine Vietti di Castiglione Falletto.
Ha collaborato con enti e istituzioni varie, contribuendo in tal senso alla valorizzazione dei vini albesi e del loro territorio di origine. E’ mancato nel 2010.
Mio marito Alfredo, enologo, negli anni ‘60 del secolo scorso cercò di produrre qualche nuovo vino per superare la crisi allora esistente in Langa.
Su vecchi libri trovò un vitigno: il ruchè. Lo vinificò nella tipologia novello, ma non funzionò.
Trovò anche qualche citazione di arneis, ma dove reperire l’uva? Nella valle dei Lunghi di Santo Stefano roero finalmente trovò qualche vite, qua e là, chiamata nebbiolo bianco.
Andò a parlare al parroco di Santo Stefano Roero. Il sacerdote mostrò interesse e nell’omelia domenicale disse ai parrocchiani: “Chi ha nebbiolo bianco lo porti al peso domani, un produttore albese lo compera”.
Il giorno seguente al peso di Santo Stefano arrivarono 47 contadini con i cestini. Chi a piedi, chi a cavallo, ma con poca uva. In totale pesò 12 quintali di arneis.
Caricata su un camioncino, la trasferì a Castiglione Falletto. Era il 15 settembre del 1967: la prima vinificazione dell’arneis in purezza.
Mio marito mancava di esperienza riguardo alla lavorazione dei vini bianchi, infatti la prima vinificazione la condusse “in rosso”.
Pigiatura con diraspatura, fermentazione con le bucce. Dopo pochi giorni effettuò la svinatura e proseguì la fermentazione del mosto in un piccolo recipiente di legno di circa 7 hl.
A fine fermentazione travasò il vino. In primavera seguirono filtrazione, chiarificazione e imbottigliamento.
Usò renane con etichetta “Arneis valle dei Lunghi” e scatole da 12, per una produzione totale di 1000 bottiglie.
Alfredo aveva ottimi rapporti con Luigi Veronelli per il Barolo cru “Rocche” di Castigliane Falletto. Inviò un cartone, l’Arneis piacque moltissimo a Veronelli. Lo recensì sul settimanale Panorama: “Un vino dal nerbo viperino scrisse fiorale- fruttato fresco acido vibra come la coda di una vipera.”
Con l’articolo crebbe l’interesse, iniziò l’avventura dell’Arneis.
L’anno seguente, 1968, inizia la collaborazione con Gonnella, un mediatore d’uve di Santo Stefano Roero. Crescono i fornitori di uva.
Andiamo avanti con entusiasmo. Dalle 1000 bottiglie del 1967 oggi siamo, dopo quasi dopo mezzo secolo, sulle 35.000 bottiglie di Arneis docg.
All’inizio dava un po’ fastidio che un barolista cercasse uva nel Roero, ma mio marito era un Don Chisciotte cercava sempre vitigni rari. Diceva che “Per fare il vino occorre molto cuore e un po’ di pazzia.”