Quali sono i problemi correlati al riconoscimento degli odori di tappo? Quali regole attuare riguardo l’attività dei panel? Esistono pratiche o allenamenti in grado di facilitare il meccanismo della percezione di questi particolari sapori. L’analisi sensoriale in questo campo sta facendo i primi passi. Innanzitutto sarebbe opportuno usare particolari schede di degustazione con i vari descrittori ben evidenziati. Occorre distinguere tra soglia di percezione che puo’ essere relativa e assoluta e soglia di riconoscimento. Quest’ultima è molto superiore. Importante è l‘addestramento del panel: con regole precise e con allenamenti costanti in 12 mesi le soglie diminuiscono anche del 40%[5].
Inoltre si cerca di distinguere tra TCA e altri sentori, in particolare la pirazina e geosmina. Alla Sinergo Servizi di Nizza Monferrato si stanno conducendo interessanti interventi in tal senso, sotto esame organolettico i vini con sei tipi di chiusure diverse. Per i vini bianchi il riconoscimento del difetto avviene essenzialmente attraverso l’impiego dei descrittori “cartone bagnato ”, “muffa”, fungo”. Nei vini rossi, questi descrittori con buona frequenza, vengono correlati ad altri riconoscimenti olfattivi. Il panel è attendibile in quanto si fa il confronto fra dati strumentali e sensoriali riguardanti sia i tappi sia il vino. L’analisi della frazione volatile ottenuta prevede l’utilizzo di un gas-cromatografo accoppiato ad uno spettrometro di massa. Si è riscontrato che gli assaggiatori si abituano facilmente al TCA rendendo il sentore subito meno evidente alla seconda olfatazione. Inoltre vini dolci, aromatici, invecchiati mascherano meglio i difetti di tappo[6].
Ecco una statistica riepilogativa: Su 34700 tappi in rappresentanza di 658 lotti riferiti tre anni di osservazione ( 2005-07) la difettosità si aggira intorno al 2%, con un minimo del 1,9% del 2006 e un massimo del 2,2% per gli altri due anni in questione. Il TCA continua a rappresentare il maggior problema con percentuali del 72 – ’80 %,la geosmima dal 18 /20% e la pirazina dal 8/10%. Altri difetti 1%.[7]
Si precisa che i sentori indicati con il termine “altro” sono stati per lo più identificati come sentori di “chimico, colla”, “plastica” ed è un fenomeno da valutare con molta attenzione, causa nuovi additivi utilizzati in sugherificio. Il TCA è in aumento: da 72% a 80% in tre anni, gli altri difetti invece sono in leggero calo. Tuttavia è bene non trascurare il contributo di pirazine e geosmina che, insieme arrivano a coprire una fetta di circa il 25% delle anomalie riscontrate. Infine si è rilevato che il TCA è correlato maggiormente ai tappi in sughero naturale monopezzo, mentre geosmina e pirazina riguardano maggiormente i tappi in agglomerato, soprattutto per quel che riguarda la geosmina[8].
Il futuro
A quando il prossimo annuncio? “Trovata la chiusura ideale, è garantita, brevettata,testata nelle migliori università “. Una nuova illusione. Due i concetti guida nel campo delle chiusure:
1 ) la chiusura ideale non esiste, per nulla.
2) per un vino è piu’ importante la chiusura che non la vigna” (R.Gipson).
Per un produttore di vino affrontare il problema non è facile, eppure il settore chiusure sta esplodendo in tutti i sensi e a livello mondiale c’è un interesse incredibile.
Le chiusura alternative sono in crescita e lanciano l’ultima offensiva, avverrà forse nel 2012 il famoso sorpasso a livello mondiale, ovvero piu’ chiusure alternative rispetto al sughero; occorre subito precisare che la stessa industria del sughero risponde con notevoli innovazioni . solo il Portogallo, nel solo biennio 2001-2002, ha investito 400 milioni di euro per ricerca e sperimentazione nel tappo naturale, tra dieci si potranno utilizzare le prime foreste del noto progetto europeo ”Quercus”. Materia prima eccellente non mancherà di certo. Ma siamo in palese contraddizione: sono in aumento i problemi correlati al sapore di tappo? La risposta è complessa e non univoca[9].
Aggiungo infine che tutte le alternative al sughero proposte da molti anni presentano limiti o problemi. Il vecchio caro tappo in sughero resta, a mio avviso, la miglior chiusura per il vino.
Il tappo difettoso: 40 anni di esperienze
Iniziai bene a Fontanafredda con i tappi: “ Ma qui danno piu’ problemi i tappi che non il vino! ” Esclamò un giorno il direttore. Eravamo in pieno ’68, ma in quei tempi i direttori di cantina erano tremendamente carismatici e allora non fiatai. Bottiglie colose, purtroppo, nel Barolo 64, annata mitica! Da allora capimmo che quando c’è colosità conviene ridurre il diametro del tappo anziché aumentarlo. A parità di bocca ovviamente.
Ho vissuto indirettamente le grandi problematiche del sughero, nel 1982 una nota multinazionale spumantistica prese un grosso bidone, rondelle del nord Africa, molte bottiglie con gusto di tappo, problemi commerciali su un prodotto, purtroppo nuovo.
Ricordo molto bene il problema perossidi nella fase iniziale di applicazione (1993-94). Il trucchetto dei sali di zolfo era solo conosciuto dai sugherai e non dagli enologi, bottiglie contestate in Inghilterra per presunto sapore di tappo. No! Si trattava di una forte ossidazione, ma era facilmente confondibile. Ma la solforosa dove era finita? L’avevano digerita i perossidi, che non risultavano al test, erano mascherati. Ricordo, intorno al 1994-95, i primi tappi di plastica con i levatappi che giravano a vuoto in fase di estrazione, con i tappatori che entravano in crisi per al differenza di ritorno elastico Ai panel si riscontravano in rari casi profumi al vino strani, deviati. Capimmo subito che anche il sintetico poteva cedere (o prendere) qualcosa al vino.
Spesso il sapore di tappo ha cause esclusivamente commerciali: ricordo contestazioni a raffica riguardo un famoso spumante metodo classico da parte di un wine bar veneto, ai controlli della cantina risultava nulla, proprio nulla. Come fini? Con lo sconto del 20 % ovviamente e …miracolo la presunta difettosità terminò.
Altre volte il sapore di tappo assume aspetti ridicoli: era il 1996, ad sera ad una cena promozionale sulla Barbera, un gruppo di clienti iniziò a contestare un vino per sapore di tappo, la cosa trovò emulazione, il cameriere cambio’ subito la bottiglia, ma anche quella sapeva di tappo disse il presunto esperto. Il cameriere non si perse d’animo, cambio nuovamente la bottiglia, ma riportò la prima. “Ecco questa va bene” fu il responso. Dietro le quinte le risate si sprecarono.
In molte occasioni il tappo fu dapprima ingiustamente accusato e poi assolto
Terribile quella gomma non lavata, dopo le ferie, in una cantina del Monferrato. Le muffe presenti inquinarono il vino, avviato verso la riempitrice; tutte le bottiglie sapevano di muffa, il difetto venne inizialmente confuso con il sapore di tappo. Era il 1970, le conoscenze sul fenomeno modeste, ci volle un po’a capire la causa. Anche la presenza di vernici a base di cloro fenoli era del tutto ignorata in passato. Negli anni ‘80 del secolo scorso, una multinazionale dello Champagne accusò un sugherificio spagnolo di averle fornito dei tappi difettosi che le avevano procurato danni commerciali. La cosa creò gravissimi problemi tra i due contendenti e purtroppo un epilogo tragico, solo dopo molto tempo si conobbe la vera causa: il sugherificio non aveva nessuna colpa, era il cloro presente nelle capriate del tetto della cantina ad avere creato il problema.
Sempre negli anni ’80 un rubinetto di una vasca mal lavato creò grossi problemi ad una ditta di Canelli: il cliente francese contesto un vino aromatizzato per odore di cartone bagnato.
Ma erano gli schizosaccaromices presenti nel rubinetto della vasca a di stoccaggio preimbottigliamento la causa.
Uno spumantista acquista del Moscato in una cantina sociale: dopo un mese ad un controllo il prodotto in cima alla vasca è stranamente colore verde. Brividi, eppure il ferrocianuro di potassio da anni non si usa più, oltretutto il vino sa fortemente di muffa .
Un forte inquinamento di muffa ha scatenato il color verdastro ed ha regalato al vino un odore sgradevole. Il prodotto venne pastorizzato e in parte purtroppo inviato alla distilleria.
Nel cuneese l‘acqua di risciacquo di una vasca in cemento ricordava un leggero odore di tappo , i tecnici della multinazionale decisero per l’utilizzo di acqua di pozzo ozonizzata.
Il difetto spari . La causa: il cloro utilizzato per potabilizzare la rete idrica.
In Sud america si riscontra una piccola partita di vermuth con un sapore che ricorda il tappo. Eppure al chiusura è con materiale sintetico. Un efficace processo di sanitizzazione della muffe presenti in cantina eliminò il difetto. Vasche non ben igienizzate crearono problemi anche con bottiglie di “Cava” nel Penedes Catalano. Sapore di tappo in uno spumante ancora “sur pupitres” , non ancora tappato con il sughero definitivo insomma. Possibile? Non era il bidul del tappo corona , era semplicemente il vino proveniente da una vasca non ben sanitizzata.
Recente in Val d’Aosta: Una grossa partita di bottiglia ha un presunto odore di tappo. Il danno è enorme. La causa? Solito scaricabarile. Ci vuole l’intervento di un noto ricercatore francese per capire che è la vernice a base di bromo dei neon a scatenare la formazione di bromofenoli, inquinanti del vino in bottiglia.
Ricordo alcune cause giudiziarie in tema “ difettosità sughero “.
Alcuni tappi tecnici, di prezzo medio, a base di agglomerato fine e poliuretano, crearono problemi di cessioni di “ odor di farmacia” in una cantina piemontese, mentre il tribunale di Alessandria sta pronunciandosi se una presunta difettosità del vino è stata causata dal lubrificante usato sul tappo.
Note
[1] Occorre distinguere tra soglia di percezione, ovvero il valore minimo in cui l’assaggiatore percepisce qualche sensazione, dalla soglia di riconoscimento in cui invece identifica il composto. Se non indicato diversamente la soglia di percezione nel presente articolo va considerata in soluzione acquosa e in nanogrammi/litro. [2] Il trattamento “Diamante” utilizza biossido di carbonio ad alta pressione – oltre70 atm e a 31 gradi – ovvero in stadio supercritico al fine di solubilizzare i composti organici contaminanti presenti nel sughero. E’ un brevetto Oenéo Bouchage / CEA ed è stato oggetto di numerose valutazioni e verifiche da parte di laboratori indipendenti. Garantisce un valore in TCA rilasciabile inferiore a 0,2 nanogrammi per litro, valore al limite di rilevazione del metodo analitico dei gas massa. [3] Si tratta del noto caso riguardante il Barolo di Elio Altare di La Morra (Cn). [4] Se per l’imbottigliamento si usano tappi che presentano residui di perossido di idrogeno, anche minimi nel sughero, di fatto attaccano l’anidride solforosa aggiunta pre- imbottigliamento rendendo inutile la sua azione protettiva, anzi “bruciata” l’anidride solforosa il vino subisce inevitabili ossidazioni con formazioni di profumi e sapori anomali, genericamente di svanito, che nei vini bianchi vengono facilmente confusi – come successo alcune volte al sottoscritto – con il” sapore di tappo”. Dal 1996 è ricorrente nelle cantine il controllo sui residui di perossidi, grazie anche al test al ioduro. Ma il problema non era risolto. Un banale trucco ben conosciuto ai fabbricanti di tappo, sconosciuto, salvo poche eccezioni, agli enologi prima del 1996, rendeva inutile il controllo dei residui perossidi nelle cantine. Pochi grammi di un sale di zolfo aggiunto in fase di imballaggio dei tappi – il comune metabisolfito e la reazione colorimetrica del ioduro per evidenziare presenza perossidi era bloccata . Di fatto tutto veniva mascherato, l’enologo usava tranquillamente i tappi salvo avere in seguito vino ossidato, appena i perossidi si fossero scatenati. Dal 1998 il trucchetto è conosciuto e da allora molti enologi fanno sui tappi il test del tiosolfato, quello dei perossidi ovviamente utilizzato all’incontrario, per valutare eventuale presenza di sali di zolfo nei tappi. Tolleranze : è bene avere assenza di perossidi max 0,1 ppm /tappo e ovviamente assenza di tiosolfato. [5] In un vino bianco neutro la percezione della geosmina passa da 125 ngr/lt all’inizio dell’ addestramento ai 20 ngr/lt al termine dei lavori, il riconoscimento dai 400 ngr/lt iniziali ai 35 finali. Per le pirazine si passa dai 90 ai 10 ngr/lt (percezione) e dai 410 ai 30 ngr /lt (riconoscimento). In un vino rosso le soglie in genere sono piu’ alte.(dati Sinergo)L’autore è stato testimone piu’ volte a degustazioni in tema, in cui il riconoscimento di soluzioni in acqua e in vino di TCA, geosmina e pirazina, avvenivano a soglie dieci volte più alte di quelle indicate dalla letteratura.(esempio Consorzio del Barolo – luglio 2007, Università di Pisa – gennaio 2008)
[6] A titolo di curiosità evidenziamo che vini piemontesi bianchi Gavi, Arneis e Chardonnay mascherano al peggio i difetti eventuali, mentre Moscato d’Asti e soprattutto Moscato passito risultano piu’ protetti. Nei rossi i vini piu’ sensibili sono Barbera e Grignolino, Barolo e Barbaresco vecchi sono piu’ protetti, mentre i terpeni di Malvasia e Brachetto mascherano parzialmente i difetti odorosi. (dati Sinergo) [7] Sulla reale dimensione del problema “difetto di tappo” ci sono dati contrastanti: in crescita stando ai pareri degli addetti alle commissioni di assaggio camerali,un preciso segnale che il problema si sta aggravando. Ma altri tecnici non sono della stessa opinione: una famosa multinazionale su 30 milioni di bottiglie di spumante commercializzate, ha formalizzato difettosità causa tappo tra 0,5 e 1%. Preciso che utilizza tappi agglomerati provenienti da tre soli fornitori certificati e controllati in tutta la filiera [8] L’autore ringrazia la società Sinergo Servizi di Nizza Monferrato(Al), in particolare le dott.sse Elisa Bianco e Anna Maria Moar, per l’aiuto fornito e per avere messo a disposizione l’imponente lavoro di ricerca e valutazione in tema. [9] A mio avviso il difetto di vero tappo, quello clamoroso e con un profilo sensoriale impossibile, è in forte diminuzione. È forse in aumento e per cause molteplici il falso sapore di tappo, con un basso profilo sensoriale e non facilmente individuabile.