Da tempo il Barolo e altri rossi Piemontesi hanno definito le cosiddette “sottozone” di pregio. Chiamate anche “Indicazioni Geografiche Aggiuntive”, sono entrate a far parte dei disciplinari di produzione e quindi possono essere rivendicate sull’etichetta e sui documenti.
Il Moscato d’Asti non ha al momento sottozone riconosciute ufficialmente, eppure è un vino aromatico per eccellenza, da consumarsi oltretutto giovane.
Un Barolo deriva un lungo processo fermentativo e da anni di conservazione nel legno. Logico che poliedrici fattori di cantina possano incidere sul prodotto finale. Il Moscato invece è il vino per natura maggiormente correlato alla materia prima, ovviamente influenzata dal terrior origine, microclima e natura del terreno in particolare.
La zona d’origine del Moscato è vasta: Tre province (At – Cn -Al) e 52 comuni, quasi 10000 ettari caratterizzano uno splendido territorio collinare.
Da anni sono note differenze sensoriali o qualitative sul piano generale tra i vari territori del moscato.
Alla recente 10° edizione del Moscato Wine Festival, promossa all’Associazione Go Wine, svoltosi a Torino dal 3 al 5 giugno è stata proposta, ad appassionati e consumatori, una degustazione guidata esclusiva alla scoperta dei grandi terroir del Moscato d’Asti.
Nei bicchieri i celebri Moscato di Strevi – Al, Santo Stefano Belbo – Cn , Neviglie- Cn , Castagnole Lanze – At in rappresentanza di tre province e sottozone vocatissime e famose da anni: Caudrina , Valdivilla, Su Reimond e Mezzana.
Si sono cercati gli specifici caratteri sensoriali originati da ciascun terrior.
Iniziamo dal moscato di Neviglie – sottozona Su Reimond.
Terreni compatti, con presenza di calcare e argilla, altitudine sui350 metri, esposto a sud
Un clima più freddo.
Alla degustazione abbiamo riscontrato profumi piu’erbacei salvia in specie, e anche note fiorali e fruttate.
L’acidità fissa è maggiore e la struttura di livello medio.
Invece quello di Castiglione Tinella sottozona Caudrina deriva da un terreno con presenza di tufo bianco piccolo (touet). Minor presenza di calcare e un po’ di sabbia.
L’altitudine è leggermente inferiore, sui 280 metri
Abbiamo riscontrato profumi eleganti del tipo fiorali – fruttati, in specie albicocca pesca. Molto intensi ed eleganti, struttura e persistenza aromatica buone.
Passando al terzo moscato degustato a Torino, quello di Santo Sefano Belbo – sottozona Valdivilla.
L’altitudine è sui 380-400 mt, il terreno argilloso, l’esposizione perfetta: sud – sud ovest.
Troviamo un aroma dalle inconfondibili note fioriali che caratterizzano i terpeni della buccia.
Tiglio, acacia, miele, gelsomino, fiori bianchi appunto.
Al gusto l’equilibrio tra alcol, acidità e zucchero è della massima perfezione.
Infine a Strevi, un terrior vocato, accanto a Valle Bagnarlo, il cru storico; già conosciuto dal sec XVI aggiungo.
Mezzana, tra Strevi e Ricaldone, è un cru caratterizzato da presenza di sabbia e argilla, terreni piu’ sciolti dunque. Altitudine sui 300 metri, esposizione sud – ovest.
La temperatura è superiore, d’altronde Valle Bagnario raggiunge le massime termiche della zona.
Per tradizione i mediatori di vino parlano dei Moscato dell’Acquese e dell’Alessandrino con il termine “ gros” ovvero ricchi di estratto e persistenza.
Tradizione confermata anche all’assaggio.
Presentava profumi più complessi del tipo confettura, fruttato dolce, caramelloso.
Al gusto era pieno e molto strutturato. L’acidità inferiore, il colore un po’ più accentuato.
Quattro assaggi, quattro sensazioni diverse, un solo pregio: qualità assoluta.
E ‘ il Moscato, vitigno quanto mai è condizionato dal terroir di origine.
Le sottozone come abbiamo visto, come è risaputo da secoli hanno valenze e pregi.
Quando una politica imprenditoriale e istituzionale per valorizzarle e promuoverle, in modo adeguato?
Si ringraziano le cantine Valter Bera, Romano Dogliotti, Cà d Gal e Cà de Mandorli per il Moscato d’Asti offerto per la degustazione.