Che cosa succede quando si apre una bottiglia di spumante nello spazio cosmico? Bella domanda!
D’altronde sin dalla nascita dello spumante le bollicine, che lentamente si sviluppavano nei bicchieri appena riempiti, hanno affascinato gli appassionati, ma sono state nel medesimo tempo fonte di molti grattacapi per i tecnici.
Nel passato molti hanno disquisito in merito, a torto o a ragione. Solo recentemente alcuni misteri sono stati svelati.
Se ne è discusso martedì 1 marzo scorso presso la Sinergo di Nizza Monferrato (At) a un incontro tecnico organizzato dalla società Vinidea.
Relatore il prof. Gerard Liger Belair (università di Reims), uno dei massimi esperti in questo settore. L’odissea di una bolla di Champagne il titolo dell’interessante e seguito incontro.
Grazie all’utilizzo di microscopi e fotocamere speciali capaci di scattare tremila fotogrammi il secondo con risoluzione micrometrica si sono potute eseguire numerose ricerche sperimentali.
Ecco qualche novità in tema bollicine.
Il bicchiere
E’ bene versare lo spumante tenendo il bicchiere possibilmente inclinato. Il contatto continuo con il vetro crea maggiore turbolenza.
Ma se il vetro è del tutto pulito, le bollicine si formano con molta difficoltà. Perché?
Sono le microparticelle intrappolate nel vetro (in genere cellulosa o microcristalli) che dapprima attirano le bollicine e poi le liberano lentamente, lentamente.
Ecco perché un bicchiere pulito con un vecchio asciugamano di cotone libera molte bollicine rispetto ad un cristallo asciugato con un moderno panno in microfibra.
Il diametro delle bollicine aumenta con la risalita e altrettanto la distanza tra esse.
Pertanto contrariamente a quanto si è creduto, la classica coppa si può utilizzare: le bollicine saranno sempre minute essendo scarso il percorso di risalita; le classiche flutes alte e strette non sono certo l’ideale.
La qualità delle bollicine è correlata alla pressione dello spumante.
Non a caso i produttori si orientano, da alcuni anni, a prodotti con minor pressione (i cosiddetti cremant o satin). Per paradosso avendo una pressione in bar media garantiscono miglior perlage. Questo vale anche per gli Champagne vecchi.
Il bicchiere ideale per uno spumante: sia per ammirare le bollicine sia per un’ottimale percezione sensoriale dovrebbe essere secondo gli ultimi studi una flute larga e non molto alta.
Si creerebbe un movimento rotatorio di bollicine, quasi una turbolenza che facilita la risalita dei principi aromatici dello spumante stesso.
La stretta apertura della flute concentra detti aromi facilitando la percezione olfattiva.
Si è scoperto che le cosiddette frustine che risalgono verso l’alto a zig – zag, in realtà sono microbollicine che si uniscono a gruppi.
L’ultima scoperta riguarda lo spazio di testa del bicchiere, ovvero la parte in cui non c’è vino. Qui le bollicine scoppiano e contemporaneamente proiettano in continuazione spruzzi in alto.
Riprese fotografiche ingrandite sono di grande effetto estetico. Quasi un’eruzione vulcanica, ovviamente ricca di aromi che vengono sparati in alto e ben percepiti dal naso.
Altri misteri ci sarebbero su quest’affascinante mondo, che è molto più complesso di quanto sembri in apparenza.
E’ inutile fare i tuttologi delle bollicine: questo è un metodo classico! Questo è uno Champagne millesimato! No! Questo è fatto in autoclave, metodo rapido! Le gaffes sono all’ordine del giorno.
E per finire torniamo al nostro spumante aperto nel cosmo. Senza gravità e senza atmosfera le bollicine sarebbero del tutto invisibili. Niente magia del perlage tra le stelle, peccato!