- Valutazioni di vecchie bottiglie (richiedi una valutazione delle tue Bottiglie di valore)
- A richiesta visita in luogo con verifica stato conservazione, inventario e indicazione di prezzi.
- Fornitura indirizzi – contatti per eventuale vendita.
- Il mercato dell’antiquariato eroico.
- Notizie e consigli tecnici per un ottimale conservazione.
- Problemi di stappatura, decantage e servizio.
- Stato evolutivo del vino: considerazioni e limiti.
- Articoli tecnici in tema.
- ….Vecchie bottiglie raccontano……
- Consigli per eventuali investimenti in materia
LA CONSERVAZIONE DEL VINO IN BOTTIGLIA
Mistero e fascino
Quando ho la fortuna di assaggiare una vecchia bottiglia di un vino pregiato di mia conoscenza, la memoria del tempo non si ferma mai: inizia del vigneto ad alta vocazione, celebre da anni e prosegue con il millesimo, potrebbe essere uno storico, quanto mai adatto a un lunghissimo invecchiamento, magari un 1964 che non evolveva mai, o un 1947, il migliore del sec XX.
Per un attimo rifletto sul vitigno: nebbiolo, cabernet, sirah, sangiovese. Poi i ricordi si sovrappongono e si confondono: la vinificazione e la lunga conservazione nelle apposite cantine, in grandi botti di rovere di Slavonia e sempre nelle migliori condizioni, quasi a “coccolare” il nostro vino.
Attese, difficoltà, assaggi ripetuti, poi arriva il momento importante, il vino va in bottiglia, si scelgono vetro e sughero e si costruisce la catasta. Bottiglie rigorosamente coricate e abbandonate per anni, perché tutto cresca, si trasformi e il nostro vino diventi regale.
Infine a spedizione e l’esposizione in qualche enoteca. La vecchia bottiglia con il suo prestigio, con l’enorme bagaglio di qualità, umanità, professionalità, tradizioni, ci attende. All’assaggio quasi sempre riserva sorprese incredibili, non facili da raccontare. I grandi vini rossi del mondo sono tutti o quasi invecchiati, meglio sarebbe dire affinati, a lungo in bottiglia: è un settore in cui, nel quotidiano impegno di molti enologi, conta molto piu’ la pratica della grammatica: l’esperienza, le tradizioni, il naso dei cantinieri.
D’altronde sul tema” Invecchiamento in bottiglia” è stato scritto quasi nulla. Se cerchi nella letteratura scientifica trovi ben poco, sembra che tutto si fermi all’invecchiamento in botte.
Sfoglia i sacri testi, clicca sui siti piu’rilevanti, da Oicce a Vinidea, naviga mezz’ora su Oenologie.u-Bordeaux2.fr/. Nulla, paradossalmente qualche notizia l’ho trovata sul Carpentieri, un testo di enologia del 1948 (sic). Eppure è un tema interessante e coinvolgente. Cerchiamo di approfondire il fenomeno nei particolari.
Cosa avviene in bottiglia?
Cosa succede durante l’affinamento in bottiglia? Il fatto più rilevante consiste nella formazione (o evoluzione) di composti dai nomi particolari: norisoprenoidi – damascenone – vitispirani.
Sono le note olfattive che caratterizzano i profumi terziari, già presenti durante al permanenza del vino nel legno, ma che in bottiglia crescono di intensità e di eleganza; al naso l’assaggiatore percepisce sentori speziali, animali, eterei, balsamici, legnosi. I descrittori sono: vaniglia, rosa appassita, cuoio, catrame, tabacco, cannella, violetta, canfora ed il classico “goudron”.
La conservazione del vino è contemporaneamente fenomeno di ossidazione e di riduzione, quest’ultimo è maggiormente presente, di fatto il potenziale redox raggiunge valori minimi in bottiglia dopo alcuni mesi, garantendo la formazione di quei composti chimici che si sviluppano a redox molto bassi, in assenza o quasi di ossigeno, in stato di forte riduzione insomma.
Pertanto per avere la massima espressione qualitativa, soprattutto a livello olfattivo, dopo il legno è necessaria una permanenza del vino in bottiglia, per almeno uno – due anni.
Per prima cosa si assiste ad una condensazione dei polifenoli che porta a fenomeni di polimerizzazione delle catene delle proantocianidine – leggi tannini – con reazioni complesse che coinvolgono anche metalli, antociani e colloidi. Questi fenomeni determinano modifiche nel colore e nel gusto del vino. Si evidenziano con il tempo nuance che vanno dal granato al granato aranciato, con calo delle dominanze rosse e crescita di quelle gialle. Di fatto il colore si attenua (in certi casi sensibilmente) con calo dell’intensità colorante.
Al gusto si assiste a fenomeni rilevanti, grazie alla formazione di catene molecolari abbastanza lunghe da parte dei polifenoli. Dette macromolecole donano al vino maggior morbidezza e armonia, causa il fatto che non sono molte reattive con le proteine, quindi non danno secchezza nella cavità orale reagendo con la saliva.
Secondo recenti scoperte il fatto di possedere poca reattività con le proteine, dipende soprattutto da come sono sistemati gli atomi lungo la grande catena molecolare.
Infine si forma, in misura piu’ o meno ampia, un deposito in fondo alla bottiglia formato da composti tanno-antocianici, colloidi e sali minerali. La formazione del deposito nel tempo dipende da molteplici fattori: prioritariamente polimerizzazioni-insolulizzazioni dei polifenoli, correlate a ossigeno, metalli (ferro in particolare), solforosa libera, proteine, acidi organici, colloidi e altro.
In certi casi si forma la cosiddetta “camicia “sulla parete interna della bottiglia. In vero il fenomeno riesco ad osservarlo sempre meno in questi ultimi anni. Si tratta composti tanno- antocianici attratti dal vetro che viene interamente o quasi ricoperto, non si forma in sostanza la cosiddetta “spina di pesce “classica del metodo per gli spumanti classici e i Champagne.
Per cui il fenomeno non è gravitazionale ma elettrostatico, di fatto depositi naturali e “ camicia” in bottiglia sono fenomeni molto complessi e in parte ancora da studiare.
E aggiungo, spesso intervengono ossidazioni indesiderate con formazione di flobafeni (evoluzione delle proantocianidine) dal gusto amaro e ben poco gradevole. Altre volte compaiono profumi di medio livello, associati a colori di bassa intensità: la classica “bistecca bruciata”o “grillè” è un segnale che nel processo di maturazione del vino in bottiglia non tutto è andato alla perfezione.
Molti colleghi enologi aggiungono che tutti i complessi fenomeni riguardo all’evoluzione del vino sono correlati a fattori poliedrici e oltretutto non facili da gestire: quantità di ossigeno, stato fisico dei polifenoli, processo di cantina, in particolare per l’imbottigliamento e la scelta del tipo di chiusura, condizioni dei locali di conservazione del vino imbottigliato.
Il fattore più importante è l’ossigeno, occorre valutare con attenzione:
– Quello presente in bottiglia al momento della tappatura.
– Quello che entra in bottiglia successivamente e per tutto il periodo di maturazione, a causa del sughero o altra chiusura.
L’aria contenuta nel tappo, causa compressione in fase tappatura, finisce nel vino; in seguito può passare ossigeno, seppur in misura molto trascurabile, per permeazione del sughero e per penetrazione tra tappo e vetro, soprattutto quando il sughero inevitabilmente perde un po’ di elasticità, ma si tratta in genere di quantità minimali.
Ma quanto ossigeno serve al vino (prendiamo un Barolo di ottima annata) durante il lungo affinamento in bottiglia. Sul tema i pareri sono opposti: nulla, pochissimo, poco.
Basta quello contenuto nel vino o nello spazio di testa, oppure sono necessarie microssidazioni legate ad una chiusura più o meno permeabile all’ossigeno?
Si parla sempre di quantità minime, siamo a libello di ppb.
Precisiamo che oggi i pericoli di livelli elevati in ossigeno nel vino in bottiglia sono meno concreti che nel passato: sistemi di movimentazione razionali, eliminazione dell’aria dal vetro, utilizzo di gas inerte in ogni fase garantiscono quanto sopra.
Il valore dell’ossigeno nel vino non dovrebbe aumentare molto in fase di imbottigliamento, spesso rimane stabile o con aumenti minimi dell’ordine di 50- 70- ppb.
Ma spesso per errori di processo il valore dell’ossigeno in bottiglia aumenta fortemente- anche 10 volterispetto a quello preimbottigliamento.
Le cause possono dipendere da tubazioni o pompe (es. piccoli gocciolamenti, guarnizioni e attacchi non adatti), da ingressi d’aria nel serbatoio anulare o in bottiglia. In casi estremi il livello di ossigeno dopo l’imbottigliamento può arrivare a superare i 5 ppm.
Idealmente si andrà in bottiglia con il valore dell’ossigeno inferiore a 500 ppm, già 1, 2 – 1,5 ppm sono pericolosi ai fini dei caratteri organolettici di un vino in fase di conservazione in bottiglia.
Nella realtà di cantina, comunque per diversi motivi, l’ ossigeno, seppur in misura diversa, passa in bottiglia, il vero problema allora è quello di misurarlo razionalmente.
Non è facile, occorrono costosi e adeguati strumenti che dovranno essere usati da un buon analista.
I materiali: tappi – bottiglie – altro
Bottiglie
Che tipo di vetro sceglieremo per conservare il vino in bottiglia? E’ il colore l’elemento più importante: colore scuro (es. foglia morta), bello sul piano estetico e valido sul piano tecnico, perché protegge meglio il vino; ma oggi con i trattamenti antiuva applicati dalle vetrerie a tutte le bottiglie il problema è minore.
Che volume scegliere? Tutti sono d’accordo nel preferire i grandi formati per minor passaggio ossigeno, in moltissime occasioni ho potuto paragonare il Barolo in bottiglia da 750 cc a confronto con quello contenuto in magnum da 1,5 lt: quest’ultimo è per me il formato ideale ed è compatibile con le linee di imbottigliamento. Forse la cosa piu’ bella che ho lasciato dopo 36 anni di lavoro nelle cantine di Fontanafredda è una raccolta completa di Barolo in “aleramo “ – formato da 3,7 litri – con tutte le annate storiche (dal ‘64 al ‘99).
Eccellente il quarto di brenta ovvero 12,5 litri, ma si opera tutto in manuale. In realtà è un formato promozionale.
Tappi
Che tappo usiamo? Sughero senza dubbio: per un vino che resterà a lungo in bottiglia sceglieremo il vecchio, caro, tappo in sughero, che resta la miglior chiusura.
E‘ oltretutto un connubio che dura da almeno quattro secoli. Il tappo avrà però dei caratteri particolari, non tanto per l’altezza, basta un normale 45 mm ai fini della tenuta, ma dovrà avere un ottimo ritorno elastico, porosità nella norma e, importantissimo, una buona densità.
Escludiamo i tappi sintetici: oggi è fuor dubbio l’industria del settore offre prodotti decisamente migliori, rispetto a pochi anni fa; ma un problema di fondo è irrisolto. Di fatto il limite di utilizzo dei tappi in plastica che va correlato ai vini da consumarsi nel breve -medio periodo causa la maggior penetrazione dell’ossigeno e conseguente diminuzione della solforosa libera dopo 8-12 mesi dall’imbottigliamento (in realtà il passaggio di ossigeno è tra il tappo e la parete di vetro).
Oggi sono disponibili tappi sintetici a componenti diversificate per un controllo del passaggio di ossigeno in funzione della tipologia del vino imbottigliato. Cautela mi pare la parola d’obbligo.
Forti perplessità riguardo il tappo a vite: alcuni autori, in vero, evidenziano che l’evoluzione del vino con detta chiusura è migliore anche nel lungo periodo per limitatissima permeazione ossigeno rispetto ad altre chiusure (0,0005 mgr./lt. giorno –Godden e coll.); il vero problema è il rischio di un eventuale profumo di ridotto.
Altro
Si tratta di capsule, etichette e imballaggi.
In una bottiglia conservata a lungo e in ambienti diversi, occorrono materiali adatti e resistenti nel tempo.
Vediamo qualche problema pratico.
Capsule: i colori non debbono sbiadire e il materiale deve resistere ad attriti e urti. I contrassegni docg o altri consortili andranno ben fissati con colle viniliche, onde evitare che si stacchino.
Etichette e controetichette saranno trattate antigraffio con sostanze apposite, per evitare abrasioni o danni nel trasporto; la carta e i colori saranno di materiali idonei a durare nel tempo.
Le scatole andranno tassativamente in carta esterna kraft, resiste ad umidità e agli impilamenti, meglio se l’ondulatura è doppia e la carta interna test o liner.
Ma un grande vino da conservazione trova al sua culla nella cassette in legno.
Da molti anni si ammirano i miti del vino nel tempo, con il logo impresso sulla parete delle scatole.
Spesso fanno bella mostra nei ristoranti o enoteche.
Il legno non andrà trattato assolutamente con clorofenoli ignifughi, il rischio del tertracoloroanisolo (teca) è sempre in agguato.
Trovarsi delle preziose bottiglie curate per anni, magari pagate carissime, aperte con molta cura, che presentano all’assaggio un sapore riconducibile a tappo è veramente una beffa.
Il discorso vale anche per i palets, da anni sono in commercio palets in plastica, lavabili, leggeri, ma resistenti e riciclabili.
Accessori – Contenitori – Stoccaggio
Un vino da conservare in bottiglia, in genere si conserva senza etichetta per anni, il confezionamento avverrà in seguito anche in base alle richieste di mercato e/o valutazioni della cantina di vario genere.
Si possono immagazzinare le bottiglie in vari modi.
Si possono fare pignoni (chiamati anche cataste), ma oggi raramente se ne trovano nelle cantine, vuoi per la difficoltà di trovare manodopera specializzata, vuoi per i costi elevati. In passato ne ho visti alcuni veramente belli. Erano perfettamente allineati, compatti e in certi casi privi di appoggi laterali. La stabilità era garantita dal listelli e dai cunei in legno messi ad arte. Appunto
…un arte che si è quasi persa del tutto. Ecco due belle testimonianze:
….. Si tira la lignola sulla terra, si posa la prima fila di bottiglie, poco alla volta in doppia fila. È importante iniziare bene il primo corso, deve essere perfetto, poi si sale, sino ad un’altezza di venti bottiglie; ai lati si mettono subito le stecche di rovere verticali d’appoggio. Sopra il corso di quarantuno bottiglie si mettono i listelli: se ne usano di quattro tipi: il corto, il lungo, il lungolungo e quello di ancoraggio alla stecca. I listelli vanno sfasati su ogni corso. Fatto il primo muro, si batte con un asse per spianare le bottiglie, si continua con un altro muro e così via per ottanta metri.
In tutto ci sono trecentosessantamila bottiglie. Il pignone non appoggia da nessuna parte, si può girare intorno, dappertutto, sta su da solo”. (Cinzano 1930 – G.Gallese.).
…….Poi facevamo i pignoni di bottiglie nude. Non era facile, ecco come si procedeva: era importante iniziare bene il primo corso, deve essere perfetto, poi si sale, sino ad un’altezza di quindici bottiglie mettendole a doppia fila una sull’altra e incastrando bene i colli. Il pignone appoggia alle due estremità su pile o muri e per renderlo più stabile si usano listelli di castagno o pioppo per evitare che le bottiglie si muovano. Il pignone doveva essere allineato nei due versi orizzontale e verticale e soprattutto le bottiglie dovevano essere perfettamente orizzontali.
Un pignone di Barolo puo’ contenere anche 10000 bottiglie”…. (Fontanafredda 1960 – P. Cristino).
Altre volte la catasta era in vecchie cantine buie o appena illuminate, tra mattoni e volte antiche.
La muffa invadeva tutto, il soffitto, le parete, il vetro e l’aria che respiravi.
Le vecchie bottiglie sovente erano trattate come tesori in ambiente quanto mai caratteristico, quasi
scenico..che poi le muffe tramite il loro metabolismo garantissero sufficiente umidità per il tappo
… forse è poesia, ma serviva anche quella.
Oggi si usano in genere gabbioni metallici in ferro zincato che contegno circa 550 bottiglie, disposte orizzontalmente a strati. Sono sovrapponibili e pallettizzabili. Per lunghi periodi conviene avvolgerli in strato di politene sottile onde evitare polvere sul vetro. Apposite cartelli o lavagnette fisse conterranno nome del vino, millesimo, data imbottigliamento, numero lotto e altro per la rintracciabilità.
Nei gabbioni le bottiglie si possono sistemare in piedi -con interfaldi – oppure coricate.
Ma da alcuni anni sono in uso altri moderni sistemi: Il Viplac è stato presentato al Simei 2004, si tratta di un nuovo contenitore formato da fogli di plastica termoformati in cui si alloggia la bottiglia.
Di limitato ingombro quanto non si usa (problema dei contenitori metallici), contiene su un pallet sino a 720 bottiglie.E’sovrapponibile sino a tre strati. E’ prodotto dalla ditta Eredi Camini.
“Pallet box” si chiama un contenitore in legno sovrapponibile, smontabile, pieghevole, brevettato. L’elemento principale del pallet-box è il collar pieghevole, costruito con tavole in legno di abete dotate di cerniere in acciaio zincato. L’azienda produttrice garantisce un legno assolutamente non sottoposto ad alcun trattamento chimico, in particolare vernici con clorofenoli: è dunque legno massello a cui si riduce il tenore di umidità tramite essiccazione in forno.
Le misure standard – cm 120 x 80 x 100 – possono ospitare 500 bottiglie ben protette dalla polvere e dalla luce e con un isolamento termico derivante dallo spessore del legno di cm.2. Il pallet-box è adatto, opportunamente reggetato, anche per trasporti e per bottiglie con formati particolari puo’ essere prodotto in misure diverse. E prodotto dalla ditta Campia di Baldiccheri d’Asti (At) e da anni è diffuso in moltissime cantine.
Il processo
L’enologo, il cantiniere cosa possono fare per favorire al massimo l’evoluzione ottimale del vino dopo l’ imbottigliamento.
Si agisce su due fattori durante il processo in cantina.
- Preparazione idonea del vino.
- Imbottigliamento quanto mai razionale.
Occorre innanzitutto valutare la potenzialità del vino.
Ovviamente la vocazione del vitigno, il terreno, le tecniche nel vigneto e in cantina, in particolare l’ estrazione dalle parti solide sede di vinificazione –macerazione sono rilevanti.
Un buon corredo fenolico, unitamente ad un’ ottima struttura garantiscono un buon risultato al fine della conservazione.
Per questi motivi non ha senso, a mio avviso, conservare a lungo in bottiglia un vino proveniente da millesimi discreti o pessimi, uve botritizzate o maturate in modo irregolare o con malattie in genere daranno risultati molto modesti.
In genere un vino alla svinatura avrà:
- Alcool = 13,5- 14 gradi.
- Polifenoli totali = oltre 2,5 gr. x lt.
- Antociani totali = oltre 500 mg. x lt.
- Quadro acido, pH, estratto adeguati.
Ma non sono solo i vini rossi adatti alla conservazione in bottiglia, alcuni vini bianchi evolvono in modo ottimale.
Chablis e altri bianchi delle Borgogna sono conosciuti da tempo, in Italia il Verdicchio di Matelica e di Jesi sono considerati i bianchi di maggior invecchiamento, anche oltre 10 anni, ma il campo è vasto. Per esperienza personale cito Chardonnay Piemonte, bianchi del Collio Goriziano e Soave classico.
In genere la conduzione del vigneto e il passaggio in barriques nuove condizionano positivamente la successiva evoluzione di un bianco in bottiglia.
E’ prioritaria la massima protezione ossiduriduttiva dei vini che saranno soggetti a lunga conservazione in vetro. Per cui le operazioni di travaso, filtrazione finale e stoccaggio in serbatoi tiraggio dovranno garantire quanto sopra.
Per i vini bianchi la solforosa libera sarà superiore a 10 ppm, le catechine inferiori a 2 ppm le acetaldeidi è opportuno siano intorno ai 40 – 50 ppm o valori più bassi. Cautela sull’uso di acido ascorbico, sui rossi difficilmente si usa, sui bianchi è a rischio.
Ovviamente si deve tenere conto di tutti gli altri componenti del vino che incidono sull’ossidoriduzione (metalli, acidi uronici, ph).
Le aggiunte finali possono comprendere anche acido citrico e gomma arabica che hanno lo scopo di impedire parzialmente o ritardare in vari modi precipitazioni in bottiglia.
La riempitrice deve rispettare al massimo il vino, soprattutto non dovrà ossidare il prodotto, pertanto la scelta andrà su un’isobarica con azoto. Il livello di riempimento è importante in funzione del cuscinetto d’aria che si lascia nel collo della bottiglia e che condiziona in futuro al
conservazione del vino. In Francia si imbottiglia talora “ a la boule”, non a livello riempimento – 7 cm – come in Italia, ma a 5,3 cm, ovvero solo una piccola bollicina d’aria.
Il flusso del vino proveniente dai serbatoi – polmoni alla riempitrice dovrà essere il più regolare possibile e senza turbolenze. (adozione di pompe volumetriche e inverter a flusso variabile, tubazioni adeguate e valvole modulari).
Riguardo il tappatore utilizzeremo un impianto con buona potenzialità (1000 bott /ora per testata) e dotato di prevacuazione.
Si dovrà comprimere il tappo razionalmente, solo deformazioni temporanee delle fibre sughero e non la loro rottura.
Cercheremo di eliminare in fase di tappatura tutte le cause che possono dare colosità, c’è il rischio concreto di gravi ossidazioni al vino.
Gravissime le pizzicature sul tappo, ma sono molteplici le cause del fenomeno, rimando a Vigne e
Vini N.4 / 2002 (speciale su “Il tappo dall’A alla Z”).
Un altro problema riguardo il tappo sono i residui di sostanze ossidanti sui tappi, in pratica i noti perossidi. Sono pericolosi in quanto si tratta di composti che reagiscono velocemente con le sostanze del vino. Il valore massimo accettato è di 0,1 ppm per tappo. Inoltre l’analisi dei perossidi deve essere tassativamente correlata a quella dei tiosolfati che dovranno risultare a livello zero. Il rischio di trovarsi a zero di solforosa libera dopo un mese è tutt’altro che teorico.
Terminata la tappatura, le bottiglie vanno poste in contenitori adatti, ma per prima cosa dovremo decidere se coricare subito o lasciare le bottiglie in piedi per un breve periodo.
E’ noto che una bottiglia appena tappata e subito coricata è tendenzialmente pericolosa, causa infiltrazioni vino tra vetro e sughero per tappo non ancora adattato completamente al vetro.
Si calcola in quindici minuti un ritorno elastico del tappo al 90 % e in 36 ore al 100%. Per le piccole aziende non è un problema. Si lascia in piedi 24 ore poi si corica, mentre sulle grandi
linee- oltre 5000 pezzi/ ora – è impossibile. Esistono soluzioni: polmoni di accumulo sulle linee di imbottigliamento, onde lasciare in piedi la bottiglia per almeno 5 minuti.
Ma la soluzione migliore, anche se costosa, pertanto adatta alle grandi cantine, consiste nell’ avere contenitori appositamente sagomati, ove la bottiglia prima è sistemata verticalmente e in seguito orizzontalmente, a seguito capovolgimento – con appositi carrelli – di tutto il contenitore.
In 36 ore il tappo completa totalmente il ritorno elastico e aderisce perfettamente al vetro. All’ultimo Simei la ditta Ape Impianti ha presentato un sistema semiautomatico per cestonare e decestonare bottiglie. Dapprima vengono allineate sul nastro, quindi prelevate da un braccio meccanico che le sistema a strati verticali nei cestoni. Occorre assistenza di una persona, anche per mettere interfaldo tra i vari strati. Il risparmio in manodopera è considerevole.
Per rimettere le bottiglie sui nastri per il confezionamento, l’impianto procede in equal modo ovviamente invertendo i movimenti. Logico che l’intero palet con bottiglie verticali dopo 48-72 ore vada capovolto di 180 gradi per posizionare le bottiglie orizzontalmente.
Per finire la regola più importante, l’ho imparata i primi giorni di lavoro a Fontanafredda:
imbottigliare il vino quando è ancora giovane, vale per tutti i vini, in particolare per Barolo e Barbaresco, meglio se il vino trova posto in grandi formati ovvero 3- 6, anche 12,5 litri.
I locali: varie funzioni
Il locale adatto a conservare in letargo le nostre bottiglie è di fondamentale importanza. Qualsiasi progetto terrà conto fondamentalmente di due parametri: la temperatura e l’umidità. Il vino in bottiglia infatti deve essere conservato ad una temperatura compresa tra i 12° e i 15°C e con un tasso di umidità relativa che si aggiri intorno al 75% (oggi si tende verso 80 %).
Ovviamente sono dati generici, occorre valutare bene la tipologia di vino prodotta, una cantina che abbia milioni di bottiglie di spumante metodo classico, condiziona i locali a temperature inferiori rispetto a chi conserva del Brunello di Montalcino.
In genere la bassa temperatura facilita la precipitazione di materia colorante dei vini rossi, nonché la solubilizzazione dell’ossigeno, le alte temperature sono favorevoli ad un evoluzione precoce e a modifiche più rapide del colore soprattutto nei bianchi. Oltre i 25 gradi il danno è notevole.
Inoltre l’escursione termica tra inverno ed estate è bene sia compresa tra due gradi (oggi con gli impianti di condizionamento non è un problema).
Andrà anche predisposto un adeguato ricambio di aria, se non altro per motivi di igiene generale.
Inoltre il buio, l’assenza di rumori e di vibrazioni (in particolare compressori, passaggi di mezzi pesanti) contribuiscono ad una migliore conservazione delle bottiglie. Polvere e luce sono ovviamente dannose. Noto da anni è il “gout de lumiere”, ovvero un leggeri sentori di ridotto che possono assumere certi vini bianchi se tenuti a lungo accanto a lampade superiori a 75 watt, peggio se al neon. Si useranno lampade schermate.
Dovranno inoltre essere assenti odori penetranti, pertanto nelle cantina di stoccaggio entrano solo bottiglie, non altri materiali.
Saranno sempre tenute coricate per mantenere elastico il tappo.
Oggi spesso ammiriamo bellissime cantine ove i proprietari, con un certo orgoglio mostrano a tutti quantità notevoli di bottiglie in affinamento. Mentre parlano, evidenziano la bellezza delle struttura, spesso celebri architetti hanno progettato nei particolari l’edificio e le sue strutture.
L’incontro tra enologia e architettura è uno dei fenomeni più importanti di questi ultimi anni.
Ormai c’è la gara alla cantina migliore: unisce polifunzionalità, ottimizzazione dei processi, sicurezza per il personale e rispetto dell’ambiente, risparmio energetico, integrazione al territorio e valorizzazione del paesaggio, itinerari e strutture poliedriche per i visitatori e magari la sala di degustazione in alto con una bellissima visione dei vigneti circostanti tante altre cose.
Vengono in mente tante cantine sorte in questi anni in ogni parte del mondo: il mito resta la bellissima cantina di Robert Mondavi in California, l’ingresso bianco ricorda un edificio sacro correlato ai primi missionari francescani che diffusero la vite in quella sconosciuta regione.
Citiamo a titolo di esempio, la cantina della cooperativa di Mezzocorona in Trentino a forte “ancoraggio estetico –storico“ con il territorio circostante, la nuova cantina di Angelo Gaia in Toscana, proseguimento fluido delle colline vitate che la circondano, nella zona del Barolo le bellissime cantine di Renato Ratti, Luciamo Sandrone e Giacomo Ascheri danno un ulteriore valore aggiunto a questo grande vino.
La nuova cantina degli Antinori nel Chianti valorizza valorizza ampiamente spazi sotterranei e movimentazione gravitazionale, mentre J. Hofstatter in Trentino è riuscito ad armonizzare le esigenze della nuova cantina con i problemi di un centro storico.
Spesso l’utilizzo di materiali moderni è consistente: acciaio, titanio, basalto, ma anche funi di metallo, cordame, piante o prato per le coperture. Per un attimo si resta perplessi, poi prevalgono considerazioni tecniche ed estetiche, il consenso diventa totale.
Le pietre sono adatte per i muri, in quanto permettono una migliore regolazione dell’umidità, oltre ad a essere molto belle; lo stesso vale per anche i pavimenti con strati sovrapposti di ciotoli, ghiaia e mattoni.
Cautela con il legno a mio avviso, è bellissimo, caldo, tradizionale, ci sono tanti motivi per usarlo ( ottimo materiale antivibrante esempio).
Ma occorre la sicurezza che non sia assolutamente trattato con vernici ignifughe a base di cloro fenoli. Ne abbiamo già parlato.
Per progettare all’intermo della stabilimento enologico dei locali per la conservazione delle bottiglie occorre considerare bene spazi e logistica.
Il locale sarà di almeno quattro metri di altezza, meglio se orientato a nord, le altre dimensioni si valuteranno in base alle annate messe in conservazione, al loro tempo di permanenza e alle modalità di stoccaggio utilizzate; comunque il 5% delle bottiglie prodotte nei millesimi di pregio è un valore minimo da prendere in considerazione, alcuni architetti programmano anche il 30 % (riferimento ai grandi rossi di pregio).
Il posizionamento dei pilastri di sostegno dovrà ben correlarsi con le dimensioni dei contenitori in inox o plastica o legno. Sarebbe bene predisporre anche spazi apposti per i grandi formati. La logistica precederà facilità nell’accesso al locale sotterraneo, montacarichi sufficienti, razionali trasporti interni e illuminazione adeguata.
Infine tecnologie razionali per ricambio aria, condizionamento umidità e temperatura.
L’ igiene del locale è fondamentale per l’alto valore del vino stoccato: insetti, muffe, batteri e polvere danneggiano vetro e tappi, un’ adeguata derattizzazione è obbligatoria per legge.
Non sempre chi produce vini atti alla conservazione ha delle riserve di vecchie bottiglie, non sempre è radicata la volontà di affinare i grandi rossi in bottiglia.
I motivi? Carenza di spazi in cantina, immobilizzo di capitale, rinuncia a vendite sicure per un futuro che presenta qualche rischio. ”Quando un’azienda produttrice di Barolo ha un capitale fermo pari a sette volte il fatturato annuale è tutto detto”, precisa un noto produttore.
Altre volte prevale invece una ferma mentalità imprenditoriale con l’obiettivo di conservare una quantità considerevole di vecchie bottiglie.
Tra i barolisti emerge da sempre la cantina Giacomo Borgogno in Barolo.
Racconta Giorgio Boschis, contitolare. “Recentemente abbiano ristrutturato vecchie vasche in cemento, l’idea è di farne stanzette per stoccare bottiglie di Barolo in affinamento, rifacendo i vecchi pignoni con i listelli in legno. Abbiamo sempre affinato grandi riserve di Barolo, penso sia stata un intuizione di Cesare Borgogno negli anni trenta. In genere il 25 % di Barolo delle annata buone non si vende e si mette in affinamento. Abbiamo tuttora 20000 bottiglie di Barolo 82 e 15000 di 1997, per citare due annate importanti. Aggiungo che il mercato,relativo alle annate storiche del Barolo, risponde sempre, anche in momenti di calo di vendita delle annate correnti”.
Mentre nell’ enoteca delle storiche cantine della Marchesi di Barolo a Barolo si possono ammirare tutte le annate del Re dei vini, a partire dal 1900 sino ai giorni nostri. Una raccolta unica, se non vado errato, sicuramente di valore inestimabile.
Spesso annate prestigiose di vini celebri diventano momenti unici e particolari per promozione e immagine, una riserva personale a disposizione del produttore per avvenimenti veramente speciali.
Vita da scaffale: un problema risolto
La conservazione del vino non finisce certo quando esce dalla cantina.
Prosegue nel trasporto e nel passato i problemi erano seri.
Al Brennero la temperatura era sotto i cinque gradi sui binari della ferrovia, “si sono verificate nel Barbera precipitazioni di cremore” cosi un fax di un importatore.
Sui container fermi sulle banchine del porto di Long Island (Usa) la temperatura all’interno era oltre 40 gradi.
Lo spumante era stato nuovamente pastorizzato, ma era anche maderizzato.
Oggi si fa più attenzione, guai se il trasporto compromette l’evoluzione in bottiglia, grazie ai container termocondizionati si sono risolti molti problemi.
Ma la conservazione del vino finisce all’ apertura e al servizio, per cui la cantina di stoccaggio dell’enoteca o del ristorante assume forte rilevanza.
Come deve essere? Ovviamente valgono le regole generali sopradescritte, ma alcuni dettagli vanno valutati con attenzione.
Le temperature è opportuno siano differenziate a seconda dei vini. Idealmente: 12-13 gradi per i bianchi e spumanti e 16 gradi per i rossi, ovviamente con minima escursione termica.
L’umidità relativa, se le etichette sono protette da velina o ben plastificate, può arrivare anche al 80 %.
Umidità e temperatura alcune volte sono monitorate con oscillalografi.
I materiali usati possono essere diversi, legno, plastica, cemento, pietra, la cautela con il legno è d’obbligo, spesso l’inox garantisce igiene e assenza totale di contaminazioni.
Le bottiglie preziose e di alto valore si conservano i teche chiuse con lucchetto o con vetri antisfondamento.
Spesso le teche si affittano a ristoratori o appassionati, è un fenomeno in crescita.
Siccome le bottiglie sono confezionate e poste orizzontalmente, occorre fare attenzione a non sovrapporne troppe, onde evitare abrasioni o danni confezione.
Spesso e’ necessaria la cosiddetta “Cave de jour”, un mobiletto ove si portano le bottiglie servite appunto nel giorno.
Sono eleganti mobiletti – frigo di forma e capacità diverse, ove la bottiglia è tenuta sempre verticale, raggiunge e conserva la temperatura di servizio.
Alcuni hanno anche il controllo dell’umidità relativa.
I vari piani o scomparti della “cave di jour”, se necessario raggiungono temperature diverse a seconda tipologia vino, spesso in automatico grazie ad una tastiera e un software.
Sono offerti a prezzi, materiali e caratteristiche tecniche diversificati.
Stappatura –Decantage –Servizio
Iniziamo dalla stappatura
Quanto dura un tappo nel tempo e a contatto con il vino? E’ opportuno cambiarlo oppure no?
La durata di un sughero è in funzione di molti fattori : tipo di vino , modalità conservazione, tappatura , collo bottiglia.
Comunque l’alcol e gli acidi del vino con il tempo impregnano il tappo , facendolo invecchiare.
Mediamente dopo 20 anni un tappo è vecchio .
Si può sostituire , ma è un’operazione complessa.
Difficoltà stappatura , arieggiamento seppur limitato del vino , ricolmatura delle bottiglie basse .
Certamente è un’operazione di immagine
Se decidiamo di lasciare il vecchio tappo come potremmo toglierlo?
Non è facile aprire un Barolo del 1958 ,magari un grande formato senza combinare guai .
Con tappi vecchi e impregnati omai senza un minimo di ritorno , una piccola pressione provoca la caduta del tappo nel vino, oppure alzando il levatappi si sbriciola il tutto .
Se si usa un levatappi lamellare? Non è facile inserire lamelle tra sughero e vetro , inoltre se il tappo e’ vecchio rischia comunque di cadere .
Consiglio un normale levatappi con la spirale adatta e- tassativo- doppia battuta sul decapsulatore.
Non fare pressione sul tappo in entrata, estrarre adagio, adagio aiutandosi con le mani ovvero trattenendo il tappo mentre esce.
Se va storto e il tappo entra si estrae con apposito attrezzo dal vino che non subirà assolutamente danni .
Il sistema in uso nella zona in Portogallo ovvero le pinze roventi che staccano il collo con il tappo in vecchissime bottiglie di Porto è bene leggero, è molto interessante, ma per favore non applicatelo mai . E’ solo per esperti…. anzi espertissimi.
Da alcuni anni esistono aggeggi ad ago bucato che immettono un gas nel collo bottiglia facilitando l’estrazione del tappo vecchio . Personalmente li sconsiglio .
Se il tappo cade nel vino ? Nulla di irreparabile.
Sono in vendita appositi rostri per tirarlo su ; a volte utilizzo -e va benissimo -un vecchio ferro da maglia rubato a mia zia e ovviamente piegato – lontano da lei -a uncino.
Oppure un cordino con un bel nodo in cima.
Temperatura e decantage
Servire a 18 gradi , per poterlo assaggiate a 20 gradi , la temperatura ideale per questi vini ,ricchi comunque di un buon corredo fenolico.
Occorre portarlo in temperatura lasciando la bottiglia in piedi uno, due giorni nel locale di servizio .
In tal modo decanta anche l’eventuale deposito .
Se non fosse possibile uno straccio caldo di lana è adattissimo.
Sconsiglio il decantage a meno che il deposito ostacoli il servizio .
Dopo tanti anni di invecchiamento la minima ossigenazione può essere negativa .
Certi millesimi di vecchissimi Champagne –conservato ovviamente sur lie – possono essere
eccezionali , ma hanno pochi minuti di vita .
L’assaggio
Nessun dubbio , useremo balons grandi per arieggiare , sviluppare le grandi potenzialità del vino.
Osservate il colore le sfumature, le nuance , la viscosità, cercate quei profumi particolari che solo una vecchia bottiglia può darvi : intensi , persistenti ,
caratteristici nelle loro note speziali o animali
Apprezzate un sapore unico e indescrivibile .
E pensate e meditate al tempo e agli uomini che hanno contribuito a creare questo gioiello che ora avete la fortuna di bere.
La banca del vino di Pollenzo ( Cn) – una realtà
Il 1 maggio 2004 è nata a Pollenzo la Banca del Vino al fine di raccogliere e valorizzare i grandi vini d’Italia. Si tratta di un patrimonio culturale di altissimo profilo, correlato ad una memoria storica del vino italiano che non può essere assolutamente dispersa.
Oggi le cantine custodiscono circa 70.000 bottiglie in affinamento e ogni anno 300 produttori da tutta Italia tengono in serbo nelle antiche cantine reali 180 bottiglie. Il periodo di maturazione
minimo è di tre anni, ma sarà dato loro il tempo evolvere in modo ottimale. La vendita avverrà con molta gradualità.
Ma Banca del Vino vuole dire anche museo visitabile e vetrina della miglior produzione del made in Italy, nonché centro culturale attivo per la divulgazione della conoscenza del vino. Tutto questo è parte costitutiva di un progetto più grande denominato Agenzia di Pollenzo.
Le varie strutture: Guido Ristorante, Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, Albergo dell’Agenzia e Banca del Vino, pur con finalità diverse di fatto condividono gli stessi obiettivi.
Esperienze in tema
UNA VECCHIA BOTTIGLIERIA –UN PATRIARCA
Anni fa ho potuto visitare la cantina di una vecchia bottiglieria in Torino.
Oggi sull’insegna spicca “ Il Vinaio di Aldo Vada”, è in via Cibrario , una delle più importanti enoteche della città .
E di vecchia data , mi pare degli anni trenta.
Allora le enoteche si chiamavano bottiglierie .
E’ stato impressionante vedere un numero cosi’ elevato di vecchie bottiglie , veri gioielli di
antiquariato enoico , raccolte in tanti anni e con tanta passione e qualche sacrificio economico.
Bottiglie rare , rarissime , formati speciali , grandi volumi sino al massimo dei 12,5 litri , il mitico quarto di brenta , che solo con la stima e l’amicizia del produttore riesci ad avere .
Un quarto di brenta di Monfortino 1955, 1958, 1961 , annate eccezionali del re dei vini , chi le possiede mai ?
Un elenco impressionante: Vignolo Lutati 1887- 1900, Mirafiore 1916, Calissano 1934 , i miti del vecchio nobile Barolo continuano c’è un Giuseppe Rinaldi 1964 , un Pio Cesare del 1961.
Altri Barbaresco vecchi ,altre Barbera bottiglie raccolte con fatica , non vendute, spesso conservate nel negozio , sugli scaffali o magari in mostra nelle vetrine per ammirarle , per prenderle in mano e con orgoglio ,mostrarle all’amico al cliente arrivato dalla Svizzera .
Bottiglie vecchie , scure pesanti , soffiate , grandi nella baga , profonde nel fondo , etichette sbiadite nei colori , un po’rovinate ai bordi , più sottili per la lunga usura .
Bottiglie stupende per quel che raccontano in prima persona : scorre l’enologia del Piemonte con tutto il mondo del vino , con i suoi successi e con le sconfitte .
Ci sono tutti :grandi e piccoli imprenditori , personaggi mitici , produttori appassionati e piccoli viticoltori e infine i nomi ormai scritti sui libri dalla storia del vino piemontese : Beccaro di Acqui , Marengo di Alba , Fissore di Bra .
Ma anche un rarissimo Barolo di Gaia degli anni 50 ,un Moscato Champagne di Bosca dei primi del novecento , un Caluso passito di Orsolani nella classica bottiglia renana .
Un Mouton Rothschil del 1916, è il dono di un avvocato .
Quale origine ?
Spesso vecchie bottiglie sono acquistate dagli enotecari , dagli appassionati per tesaurizzarle , per antiquariato .
Talora si trovano per caso , in dimesse cantine nascoste da qualche parte , in vecchie abitazioni magari murate .
Era una vecchia abitudine dei cantinieri nascondere vecchie bottiglie , fare sparire millesimi prestigiosi , per renderli preziosi al ritrovamento , forse un modo di lasciare qualcosa agli altri.
A Fontanafredda nascondemmo, nel 1971, 24 bottiglie di Barolo 64 , in
un’ intercapedine di un muro .
Nella loro cassa in legno quasi a loro protezione.
In due posti diversi , lo sanno solo un enologo e un cantiniere , non lo diranno a nessuno .
Le scopriranno? , il muro prima o poi verrà abbattuto o forse mai.
Altre aziende raccolgono le annate storiche , hanno un archivio che mostrano con orgoglio ai visitatori.
Sempre a Fontanafredda esiste una bella collezione di Aleramo da litri 3,75 di Barolo delle migliori annate .
La chiusura è con ceralacca per predisporre con maggiore efficacia un ambiente riducente.
FINESTRE
Il Barolo del parroco di Barolo
Le cascine parrocchiali ? Proprietà ecclesiali , la cui origine e costituzione si perde nei secoli .
Sono un’ istituzione che ha resistito a tutto : Ai bandi napoleonici e alle leggi Siccardi , ai concordati e alle guerre.
Erano sempre nelle migliori esposizioni e giaciture della giurisdizione parrocchiale , per questo motivo , nei secoli hanno fornito la cantine dei religiosi di eccellente vino.Che di norma non veniva usato per celebrare la messa , bensì bevuto .
Il parroco di Barolo il canonico Costanzo Merlo non faceva ovviamente eccezione.
Molti sono gli aneddoti sulla sua fama di grande conoscitore del Vino Barolo.
Si racconta che avesse in cantina una collezione delle migliori annate e sapesse riconoscerle una per una .
Ricordo una volta a Fontanafredda : invitato tra le autorità , segnalò subito e per primo ai camerieri un banale scambio nel servizio dei vini .
Al giovane enologo quel sacerdote dalla statura imponente ma bonario e gaudente ispirò subito simpatia .
Per gli ospiti speciali aveva una sorpresa : il miglior Barolo in assoluto.
Lo offriva con molta solennità
Come lo otteneva?
Me lo raccontò lui stesso in una estate di molti anni fa, ero in compagnia del direttore di Fontanafredda.
Quando apriva una bottiglia di Barolo non la terminava , ne avanzava un poco , 6-8 cm in fondo.
Ritappava la bottiglia che veniva gelosamente conservata dalla perpetua smezzata in un armadio 1- 2 settimane anche di più .
Veniva prelevata con tutte le precauzioni per non alzare il deposito per l’ospite considerato da l parroco importante .
La perpetua versava il poco Barolo avanzato adagio ..adagio in piccoli bicchieri .
Ed era eccezionale , un vero liquore
Mi chiesi cosa era successo nella bottiglia smezzata ?
Un vino all’aria di norma si ossida , svanisce , può alterasi , ammalarsi .
Non ho mai avuto risposte , il Barolo è cosi .
“E’ un vino misterioso “ aggiunse il direttore di Fontanafredda .
Come imbottigliare ?
Che accorgimenti può adottare un qualsiasi appassionato per imbottigliare il vino del millesimo particolare ? Di quel cru
eccellente avuto con molta fatica dal produttore anico?
E’ possibile farsi con un prezzo ragionevole una cantina di bottiglie da fare invidia ?
Certamente
Giuste conoscenze nel settore , un po’ di soldi e un dogma
Uno solo, l’ho imparato i primi giorni di lavoro a Fontanafredda: Imbottigliare giovane ,vale per tutti i vini, in particolare per Barolo e Barbaresco ,meglio se il vino trova posto in grandi formati ovvero 3-6 anche12,5 litri
Sul piano tecnico non mancano i problemi .
La riempitrice deve rispettare al massimo il vino , la scelta andrà su un’isobarica con azoto e prevacuazione prima della tappatura .
IL tappo di eccellente qualità garantirà la perfetta tenuta , anche se sul ruolo della colosità nei confronti dei profumi ,i pareri sono difformi .
Conservate la bottiglia orizzontale e nelle giuste condizioni di temperatura ed umidità.
La piccola cantina coricherà la bottiglia alcune ore dopo l’imbottigliamento , per un perfetto adattamento del tappo al vetro .
Per chi sceglie i grandi formati si può seguire la regola dei vecchi barolisti.
Il quarto di brenta tenuto in piedi e sommerso nella sabbia.
Solo il collo resta fuori .
Nessun sbalzo termico , nessun effetto della luce , niente vibrazioni dentro la sabbia .
Bottiglie vecchie – Volano le quotazioni
L’etichetta è semplice , una parola e una data : Cannubi 1752.
Ma racchiude un’immensità di cose.
E’ la bottiglia più preziosa di Barolo che esista ; si trova in un’ abitazione privata di Bra in provincia di Cuneo .
Oltre due secoli , quei vigneti , quella collina , erano già importanti, erano gia vocati, se il vinificatore si prese la briga di scrivere sull’etichetta solo un nome :Cannubi . in quei tempi Barolo era solo un paese .
Quanto può valere una bottiglia del genere ?
Non ha prezzo e probabilmente la famiglia Manzone di Bra , proprietaria dello storico cimelio , non pensa proprio di venderla .
Per passione, per investimento, per semplice hobby il fenomeno dei vini da collezione è in ascesa , in tutti i i sensi Daltronde uno dei vini più cari del mondo- che proviene dalla zona di Bordeaux – Pomerol e si chiama Chateau Petrus – per il millesimo novanta è ormai introvabile , a meno di non sborsare oltre 1000 euro, a bottiglia si intende.
Non di meno per il più famoso vino italiano, un lotto di sei bottiglie di Sassicaia 1985 che -come riportava un settimanale di Milano- in un’importante asta a Los Angeles è stata battuto a 1.350.000 lire a bottiglia , un vero record.
Restando in Piemonte, alla medesima asta, un magnum di Sori Tildin , annata 1989, di Angelo Gaia è arrivato alla quotazione di ben 621.000 lire.
Cristie’s la famosa casa d’aste , oggi facilmente colloca vecchie bottiglie della nostra migliore produzione, mentre l’edizione europea di Wall Street Journal invita i lettori ad investire nell’acquisto di alcuni vini italiani .
Questa è la novità, sino a due anni fa i vini italiani entravano con difficoltà nel giro dei collezionisti , delle grandi aste ,l’interesse era limitato ai soliti Sassicaia, Ornellaia ,Sori Tildin e San Lorenzo di Gaia e pochi altri .
Oggi molti vini italiani sono proposti alle aste , sempre più numerose , ottima occasione per gli amatori, per i collezionisti, per scambi o per realizzare sul vino , ormai diventato anche oggetto di investimento .
In futuro il vino di pregio si potrà acquistare direttamente in banca , volendo anche stando comodamente a casa e per via telematica .
Oggi molte aziende vendono il loro vini di pregio” en primeurs” , rilasciando agli acquirenti appositi certificati per il ritiro del vini, al termine del periodo di invecchiamento obbligatorio per legge, come previsto dalle clausole contrattuali .
In questo contesto, l’intervento delle banche è indispensabile per dare valenza ai certificati che di fatto potranno essere trattati come qualsiasi altro prodotto finanziario .Facilmente intuibili l’estensione e l’interesse di altri istituti di credito e l’attivazione di vari siti Internet .
Al recente salone del vino di Torino un apposito convegno : “Vino e Finanza” ha sviluppato questo aspetto .
Quali le sacre regole per orientarsi in un acquisto?
Un vino-investimento deve possedere quattro requisiti fondamentali : QUALITA’, LONGEVITA’
,IMMAGINE , RARITA’ .
Non è facile possedere tutti quattro i requisiti , limitiamo la nostra osservazione ai vini del
Piemonte : in evidenza il Barbaresco di Angelo Gaia con i crus Sori Tildin- Sori San Lorenzo e Costa Russi , vanno forte anche il Barolo con il Monfortino di Giacomo Conterno , il Gran Bussia di Aldo Conterno ed Ornato di Pio Cesare .
Ma c’è anche un certo interesse sia per alcuni ” storici” del Barolo, in particolare Bartolo Mascarello e Francesco Rinaldi , sia per i cosiddetti “innovativi” ,ovvero Sandrone, Altare
,Clerico, Voerzio . Uscendo dai classici Barolo e Barbaresco occorre segnalare un certo interesse per il Bricco dell’Uccellone del compianto Giacomo Bologna .
Alcune problematiche
Il settore dell’antiquariato enoico che guadagni garantirà agli appassionati ? Una bottiglia di Barolo di alto pregio quanto verrà rivalutata ?
Un altra domanda è d’obbligo : si troveranno gli acquirenti ?
Gli addetti sono ottimisti, in particolare all’estero ove la bottiglia storica di un vino di pregio ha un preciso significato culturale :”nuovi collezionisti si affacciano sulla scena internazionale , in particolare le zone asiatiche ,le ultime aste sono tutte in aumento; la richiesta e’ forte , in particolare , per Barolo e Barbaresco.”
Abbiamo sentito a ruota libera alcuni noti personaggi:
Per LUCIANO SANDRONE le richieste per le grandi annate di Barolo, sono in crescita . “Nella nuova cantina ha creato pochi anni fa un apposito infernotto ove dimentico un certo numero di bottiglie per metterle a disposizione , nel tempo , ai veri intenditori “.
Il locale è adatto , garantisce condizioni particolari di temperatura ed umidità.
Il suo Barolo annata novanta , è ormai introvabile ed è a quotazioni altissime . ( oltre 400.000 vecchie lire a bottiglia )
Per ANGELO GAIA occorre distinguere tra l’Italia ove il fenomeno della collezione è ancora modesto e l’estero ove nel passato si è costruita un’ adeguata cultura .
Ottimi acquirenti sono svizzeri, americani e giapponesi.
Occorre per l ‘acquirente italiano un ‘ adeguata preparazione
Per scegliere la giusta bottiglia da collezione “ occorre avere conoscenza dei produttori e delle annate , occorre un palato attento alle sfumature , occorre una cantina adeguata , occorre pazienza .
Coltivare sogni di speculazione , senza preparazione alcuna può condurre a grosse delusioni”.
Per ANGELO SOLCI le aste più importanti sui vini storici si tengono a Londra , in effetti
importanti vini italiani trovano posto nei cataloghi di Cristie’s. Il Il fenomeno crescerà perché
fisiologico : “ se cresce la qualità e l’immagine dei vini italiani, il passaggio alla categoria dei vini di antiquariato , soprattutto per le grandi annate è facile , quasi scontato “ .
A GIAN BOVIO ristoratore al Belvedere di La Morra –Cn – succede che clienti americani o inglesi alcune volte siano interessatissimi alle vecchie bottiglie che conserva in cantina , si trovano molte etichette italiane ed estere soprattutto francesi .
Richiesti Monfortino di Giacomo Conterno , Pio Cesare , Gaia .
“Per il futuro sta elaborando una carta dei vini relativa alle bottiglie storiche della mia cantina,
accanto al prezzo si aggiungeranno indicazioni fondamentali.” Verrà allegata alla carta normale
dei vini..